L’attenzione dei media verso l’arrivo di migranti sull’isola di Lampedusa è stata sempre consistente, ma ha toccato punte massime nel 2011 (anno in cui sono arrivati 50mila migranti) fino a trasmettere anche 5 servizi nell’arco di una stessa edizione dei telegiornali[1]. Secondo i ricercatori dell’Osservatorio di Pavia che hanno realizzato un rapporto per Medici senza frontiere “l’ampia visibilità è stata poco accompagnata da una dimensione esplicativa del fenomeno ed è stata spesso caratterizzata dal primato della comunicazione emotiva su quella informativa-razionale”[2]. Gli elementi principali di questo tipo di racconto televisivo sono stati: la prevalenza della cronaca e del dibattito politico sull’approfondimento, uno sguardo sugli effetti immediati più che sulle cause, un utilizzo di toni allarmistici, un lessico epocale ornato di da metafore naturali e belliche, una certa poetica del patema nel racconto, una dimesione geografica del problema essenzialmente italiana ( a questo proposito leggi anche esodo biblico e crisi migratoria), la mancanza di voce degli operatori che hanno gestito la crisi e dei migranti. Secondo questa analisi, i migranti, che sono all’origine della notizia, hanno avuto un tempo di parola pari al 14%, mentre i politici (locali e nazionali) hanno avuto il 65%.
Lampedusa è ormai un tòpos del racconto dell’immigrazione in Italia, ma nel 2011, in seguito a questi racconti, nell’immaginario collettivo è passata da luogo dell’accoglienza (il cosiddetto ‘modello Lampedusa’) a una sorta di locus horribilis, un inferno dantesco. Questo perché il racconto dell’evento mediatico degli ‘sbarchi’ è avvenuto con crescente pathos narrativo. I giornalisti hanno fatto ricorso a un lessico bellico e a un approccio allarmistico come testimonia la ricerca Msf/Osservatorio di Pavia.
Lampedusa compare spesso associata ai termini:
- invasione (“l’inizio di quella invasione da cui parla da settimane il ministro”, “Lampedusa aspetta che tutto torni come prima, prima dell’invasione)
- occupazione (“Lampedusa ormai interamente occupata dagli immigrati tunisini”);
- tregua (“dopo una tregua durata una decina di giorni, l’isola ripiomba nell’emergenza”, “In meno di 24 ore, dopo 10 giorni di tregua, sono sbarcati in 1700”);
- bomba, polveriera, miccia, esplosione (“bomba immigrati”, “Lampedusa è una bomba e può scoppiare”, “situazione esplosiva”, “questo molo è una polveriera”, “la miccia che fa esplodere la rabbia”);
- evacuazione e liberazione dell’isola (“Entro due giorni l’isola sarà liberata”, “l’evacuazione di Lampedusa, o meglio la liberazione come la chiamano qui, è cominciata”)[3].
Non era la prima volta che sull’isola si vedevano decine di migliaia di migranti, nel 2008, prima dei respingimenti e degli accordi Italia –Libia (vedi), c’erano stati oltre 30mila arrivi. Perché allora la cosiddetta ‘emergenza’ è parsa ingovernabile? A questa domanda, Clelia Bartoli, docente di Diritti Umani dell’Università di Palermo, risponde: “Il problema non dipende dall’accresciuto numero di sbarchi, ma dal fatto che sia saltato il virtuoso sistema di gestione dei migranti approdati, introdotto nel 2006. Il cosiddetto modello Lampedusa, studiato e stimato da esperti internazionali, si basa su due principi: a) i migranti debbono restare sull’isola il meno possibile, massimo 48 ore, ed eventuali procedure per la richiesta d’asilo, per l’identificazione e l’espulsione di devono svolgere presso altri centri del territorio nazionale; b) le operazioni di salvataggio, accoglienza e trasferimento vanno svolte senza alcun intralcio per la vita dell’isola e soprattutto per il turismo”[4].
Un sistema così ‘ben oleato’ da non provocare nessuna emergenza. “Prova ne sia – continua Bartoli – che nonostante Lampedusa abbia continuato ad essere la porta d’Europa per schiere di uomini in fuga ed in cerca, il turismo dal 2006 al 2010 è sempre cresciuto”. Tra l’altro, ricorda la studiosa, mai l’isola è stata così militarizzata come nel 2011, quando 500 militari non sono stati sufficienti a presidiare 20 chilometri quadrati.
Secondo Bartoli e molti altri osservatori, le cause dell’emergenza e delle tensioni sfociate nell’incendio del Cpsa e nei gravi scontri di settembre 2011 fra residenti e immigrati sono state:
- la non tempestività dei trasferimenti dei migranti verso centri di accoglienza sul territorio nazionale
- la trasformazione dei centri di primo soccorso e assistenza (contrada Imbriacola ed ex base Loran) in centri di trattenimento di lungo periodo
- il tentativo di rimpatriate i migranti tunisini direttamente dall’aeroporto di Lampedusa. Questo mix ha scatenato l’esasperazione dei migranti e, conseguentemente, i lampedusani hanno “risposto con rabbia alla rabbia dei migranti”[5].
Fino a quel momento, gli isolani si erano dimostrati, sempre secondo Bartoli, ‘capaci di resistere alle avversità e al degrado, e di accogliere i migranti’. È quella che la ricercatrice chiama anomalia Lampedusa.
L’isola ha vissuto per tutto il 2011 uno stato d’ansia e un senso di abbandono, alimentati dai media con le espressioni iperboliche come ‘tsunami umano’ ed ‘esodo biblico’, e dai leader politici con atteggiamenti poco solidali se non violentemente xenofobi. La docente universitaria prende ad esempio le dichiarazioni di Umberto Bossi (immigrati fora di ball) e di Castelli che ipotizzava di sparare sugli immigrati.
E così finalmente si è avuto l’esito più banale e prevedibile: l’anomala Lampedusa è rientrata nei ranghi e l’isola dell’accoglienza è diveuta lo scenario dello scontro. […]quando finalmente i lampedusani hanno recitato il copione consueto dell’intolleranza, sono stati premiati: con inedita tempestività si è provveduto a svuotare l’isola dagli stranieri.[6]
Anche lo scrittore e saggista Antonello Mangano, ritiene che il racconto mediatico di Lampedusa faccia parte di un ‘copione’ dallasceneggiatura elementare, in cui ci sono forze politiche che gridano all’invasione dall’Africa, l’opinione pubblica che si impaurisce e alcuni partiti che a quel punto dicono di avere fermato l’invasione acquistando consensi elettorali. “ Così da anni, fino all’ultima puntata – scrive Mangano – L’avamposto dei disperati, dove sbarcano le carrette del mare. L`esodo biblico. L`incubo invasione. Nel corso degli anni Lampedusa è diventato un luogo dell’immaginario, anziché un posto reale. Raccontando i recenti arrivi, i media non hanno fatto altro che riproporre il solito vocabolario. Perché a Lampedusa non si racconta quello che succede realmente, ma un soggetto televisivo. Con effetti politici sempre efficaci”[7].
Laurens Jolles, delegato Unhcr per il Sud Europa, a proposito di Lampedusa ha parlato di “una lezione da imparare”. Intervendo davanti alla commissione Diritti Umani del Senato, ha detto: “tutti ricorderemo le immagini drammatiche che abbiamo visto all’inizio dello scorso anno, quando sull’isola c’erano sei o settemila arrivati dal nord africa, è chiaro che questa è stata una situazione estrema che si poteva evitare come avvenuto in passato e come avvenuto dopo attraverso dei trasferimenti veloci. Invece sull’isola si è creato un imbuto e questo ha fatto saltare gli equilibri, una situazione in cui tutti si sono trovati in difficoltà, i migranti costretti a dormire all’aperto senza servizi igienici, gli abitanti di Lampedusa che si sentivano assediati, gli operatori umanitari che non potevano offrire un’adeguata accoglienza e le forze dell’ordine che erano in affanno. Lampedusa per la sua posizione geografica, continuerà volente o nolente a essere il primo approdo naturale e logico soprattutto per coloro che vengono soccorsi in mare dai corpi dello stato, luogo quindi di primo soccorso e transito come nella vocazione dell’isola. Se in passato ci sono stati dei problemi nel centro di accoglienza, si deve soprattutto alla forzatura che è stata esercitata trasformandolo in un centro di trattenimento di lungo periodo”[8].
Le analisi di esperti e osservatori internazionali concordano sulle cause sostanzialmente politiche che hanno fatto letteralmente esplodere l’isola. Tuttavia, il racconto giornalistico, dando poco spazio alle cause reali, concentrandosi sugli effetti e usando un linguaggio ‘bellico’, non ha contribuito a spiegare il fenomeno. In questo caso, le parole usate sono scorrette perché danno un’interpretazione univoca e superficiale dei fatti e contribuiscono a buttare benzina sul fuoco. Le esagerazioni mediatiche hanno amplificato l’immagine di un’isola assediata, causando gravi danni al turismo. Questo ha esasperato gli animi dei residenti, che sono diventati intolleranti ai migranti.
Quindi è pericoloso anche evocare una “nuova Lampedusa” o una “Lampedusa 2” all’interno di cronache che parlano di altre situazioni e contesti, vista l’assoluta specificità dell’isola e la sindrome da assedio che questa parola ormai evoca nei cuori dell’opinione pubblica.
Per la scheda dati guarda: sbarchi, esodo biblico, clandestino, crisi migratoria
[1] Marchese M. e Milazzo G. in Le crisi umanitarie dimenticate dai media 2011” Rapporto di Medici senza frontiere, Marsilio editori, 2012
[4] Bartoli C., Razzisti per Legge. L’Italia che discrimina, Editori Laterza, 2012
[7] Mangano A.,Lampedusa. Il Truman Show italiano, terrelibere.org, 24 febbraio 2011, http://www.terrelibere.org/lampedusa-il-truman-show-italiano
[8] Intervento durante il seminario al Senato - Dall’Emergenza Nord Africa ad un Sistema nazionale di accoglienza, Lezioni apprese ad un anno dalla crisi – Commissione Diritti Umani, 10 maggio 2012
La deputata bresciana Pdl Viviana Beccalossi : 'Io farei evacuare gli italiani da Lampedusa e trasformerei l'intera isola in un grande centro di espulsione'.
(agenzia di stampa, 30 marzo 2011)
IMMIGRAZIONE, LA NUOVA CRISI Ora Lampedusa minaccia la rivolta "Siamo assediati" Sale la tensione, l'isola invasa da migliaia di migranti
(quotidiano nazionale, 15 febbraio 2011)
Nell’articolo si legge che Lampedusa è stata trasformata in un avamposto di disperati e in una ingestibile colonia tunisina.
È significativo che fin dai primissimi giorni del flusso migratorio, l’interrogativo principale riguarda il perché non avvengano velocemente i trasferimenti dei tunisini fuori dall’isola. Qui è subito nell’attacco dell’articolo: E giusto per esser chiari (e sperando che l’interrogativo sia del tutto infondato): c’è qualcuno che magari si sta augurando che quaggiù vada in scena l’Incidente, così da render plausibile il passaggio dall’accoglienza alla solita «linea dura»?
Il reportage continua con un tono allarmistico.
È un interrogativo che appare legittimo, in assenza di spiegazioni convincenti, di fronte a quel che sta succedendo a Lampedusa, un’isola ormai per metà tunisina, con centinaia e centinaia di migranti in giro per le stradine del centro mentre le donne chiudono la porta a doppia mandata e gli uomini minacciano la rivolta. La tensione sta salendo a dismisura e ieri, a metà giornata, il sindaco è stato costretto ad emettere un’ordinanza urgente con la quale ha vietato «per motivi di grave pericolo per l’incolumità dei cittadini» la vendita di alcolici e superalcolici da parte di bar e supermercati. Vengono riportate le opinioni di un residente e di un capitano dei carabinieri, tutte all’insegna dello scontro e dell’invasione. Uno dei titolari del Bar del Porto, Massimo Tuccio, sbraita in siciliano e la traduzione di quel che dice è più o meno questa: «È una vergogna, e solo a noi poteva capitare. I cittadini del Nord mai sarebbero stati lasciati soli, come ci hanno lasciato a noi. Questi marocchini si sono presi tutta l’isola, fanno i padroni e noi abbiamo paura per le donne e i bambini. Sopra via Roma fanno i belli e corteggiano le nostre ragazze. Finisce pure che ne ingravidano qualcuna. Io ho tre figli piccoli e da domani a scuola non li mando più, che ho paura prendano qualche malattia. È troppo pericoloso, polizia non ce ne è e quei turchi possono fare tutto quel che vogliono». Il capitano De Tommaso, comandante della stazione dei carabinieri di Lampedusa, si fa in quattro da giorni, distribuisce come può le poche forze a disposizione e teme, naturalmente teme, l’esplodere di incidenti: «Basta un mezzo ubriaco di là e una testa calda di qua - e a Lampedusa di teste calde ce ne sono tante - e rischiamo una specie di guerra civile. Incrociamo le dita. Tunisini contro siciliani, e nessuno può sapere come andrebbe a finire». […] Lampedusa, insomma, è una polveriera. Qualcuno, se ha tempo, ci pensi. In fondo è pur sempre Italia: anche se Sud, Sud, molto Sud...
È interessante affiancare questo articolo di un’agenzia di stampa del medesimo giorno (15 febbraio 2012) in cui il racconto della stessa isola è completamente diverso.
Lampedusa, Boldrini (Unhcr): “Sugli sbarchi allarmismo eccessivo”
La portavoce dell’Unhcr a Lampedusa, dove i 2 mila tunisini sbarcati e la popolazione sembrano convivere senza problemi. Oggi sono partiti 209 tunisini, di cui 9 donne e minori, trasferiti nei Cara del resto d’Italia. In serata ne partiranno altri 100
LAMPEDUSA – La giornata è trascorsa tranquilla senza tensioni tra gli abitanti dell’isola e i circa 2 mila tunisini sbarcati e ancora non trasferiti che sono liberi di muoversi nel centro abitato. “Ci sono stati media che hanno dato allarmismo eccessivo rispetto alla situazione – afferma Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr, in visita nell’ex Cie, riaperto per gli immigrati -. Stanno rispondendo tutti con molto senso di responsabilità, non si vivono scontri. Bisogna mostrare apprezzamento per i lampedusani e per i tunisini”. Oggi sono partiti 209 tunisini, di cui 9 donne e minori, trasferiti nei Cara del resto d’Italia con ponti aerei e marittimi. Alle 18.30 verranno trasferite altre 100 persone. All’interno del Cie, che in questo momento resta a cancelli aperti, rimarranno 1800 uomini. A questi si aggiungono un altro centinaio di migranti che dormono nell’area della riserva marina e un piccolo gruppo di donne e minori, ospitati in un’altra struttura. Sono i dati ufficiali forniti dalla portavoce dell’Unhcr. “E’ una situazione molto interessante – dice la Boldrini –. Sembra che i lampedusani si stupiscano poco di questo ritorno dei migranti e i tunisini stanno girando per le strade come fossero residenti dell’isola”. Nonostante per il momento non si registrino particolari tensioni, la rappresentante dell’Unhcr e i mediatori, con l’aiuto di un imam, hanno invitato i migranti a uscire il meno possibile per il centro abitato. “Stiamo facendo mediazione per rassicurare i migranti – spiega la Boldrini -. Ho detto loro che, visto che ci tengono ad essere trasferiti, per non perdere il turno sarebbe meglio restare nel Centro”. La Boldrini ha comunque sottolineato che il numero degli ospiti del Cie supera troppo la capienza massima consentita di 850 persone: “Con 2 mila persone è difficile fornire assistenza. Abbiamo chiesto alle autorità che vengano trasportati e intensificati i trasferimenti fuori dall’isola”. Il direttore del Cie, Federico Miragliotta, sottolinea che “la novità dei cancelli aperti ha ridotto la tensione”. Secondo il dirigente, “in questo momento abbiamo una pacifica convivenza con la popolazione locale”. Minori e donne hanno la priorità sugli altri per i trasferimenti, così come avviene per chi soffre di patologie particolari. In questo momento nel Cie di Lampedusa lavorano 90 operatori.
In linea di massima, però le cronache da Lampedusa hanno continuato a gridare all’invasione e alla guerra civile. Ecco altri esempi
Lampedusa, un’isola nella tempesta
Lampedusa, un’isola nella tempesta Finora il mare grosso ha bloccato la maggior parte dei profughi dalla Libia, ma le strutture di accoglienza sono già al limite. Mentre le autorità italiane ed europee continuano a latitare, gli isolano sono sempre più preoccupati.
(edizione online di una testata quotidiana nazionale, 24 febbraio 2011)
Contraddicendo quanto si legge nel sottotitolo e cioè che a causa del maltempo non ci sono arrivi reali, l’articolo si dilunga sulla paura dell’invasione, come in una guerra. Queste alcune delle espressioni usate all’interno del testo:
è proprio come se ci si stesse preparando ad una guerra
E intanto si scruta il mare, in attesa del nemico. Ma poichè il nemico non possono essere questi barconi pieni di uomini in fuga, allora in questa guerra c’è qualcosa che non va. I bambini non vengono quasi più fatti uscire da casa: tutte le porte sono chiuse a doppia mandata e le ragazzine sempre scortate da qualcuno anche per fare cento metri. La pazienza è in via di esaurimento: e i lampedusani pensano alle cifre che sentono snocciolare. Ora da Roma, ora da Bruxelles. Decine di migliaia. Centomila. Forse trecentomila. I numeri oscillano, ma anche i più ottimistici qui significano la tragedia. E per ora è così che va quaggiù, avamposto d’Italia e d’Europa in attesa dell’annunciata invasione maghrebina.
Lampedusa allo stremo. Occupato il municipio. Duemila senza cibo. Tra le ipotesi del governo i respingimenti di massa
Cresce l’allarme per il rischio epidemie, Lampedusa è una bomba pronta ad esplodere
(tg nazionale, 29 marzo 2011)
Lo spettro di una ‘nuova Lampedusa’ è stato spesso evocato, assieme alla sindrome da assedio che quel nome ormai si porta dietro, in ogni località che abbia avuto a che fare con il flusso di migranti, come Ventimiglia e Manduria. È significativo analizzare cosa è successo in Puglia, nel piccolo centro di Manduria, dove è stata installata una grande tendopoli temporanea per trasferire con le navi i migranti dall’isola. È ovvio che una località dell’entroterra pugliese ha poco in comune con un’isola di frontiera a pochi chilometri dall’Africa. L’unica somiglianza è stato il transito dei migranti per qualche mese nel corso del 2011. Ma il panico che si è generato con la sindrome da assedio è stato tale da dare vita a delle ronde della popolazione locale anti-immigrati.
Manduria come Lampedusa, il gioco cinico del governo contro immigrati e Sud
Manduria si avvia a diventare la nuova Lampedusa. Un governo allo sbando, che si muove fra cinismo e impreparazione, sta risolvendo la crisi degli immigrati sommando l’orrore del trattamento inumano verso i profughi con il disprezzo verso i nostri concittadini.
(testata online locale)
Altri titoli di testate locali:
Manduria, 'Lampedusa' di Puglia
Manduria è la nuova Lampedusa
"Un'invasione, liberate la Puglia".
L'EFFETTO LAMPEDUSA
Le ronde anti tunisini ad Oria
Scappano dal centro di Manduria
Ronde contro i tunisini in fuga da Manduria, in provincia di Taranto. Ad Oria, i cittadini si sono improvvisati vigilantes e hanno riportato le persone al campo anche con le automobili. Tre immigrati aggrediti con i bastoni. E' il panico che si diffonde con l'effetto invasione trasmesso dalla Tv per Lampedusa
"Le ronde sono state la reazione spontanea del primo giorno - racconta Claudio Matarrelli, caporedattore di Oria.Info 1 - vedendo i tunisini che scappavano scavalcando facilmente la recinzione, la gente li invitava con insistenza a salire in macchina e li riaccompagnava al campo, ma poi hanno capito che era inutile perché fuggivano di nuovo". È stata la paura di diventare una nuova Lampedusa, l'allarme e il senso di insicurezza che si è diffuso per effetto delle immagini televisive da "invasione" dall'isola. "Se a Lampedusa c'è il saccheggio di un appartamento, qui la preoccupazione arriva amplificata - dice Matarrelli - ci siamo ritrovati dal vedere quelle scene in tv al viverle, ad esempio molta gente che abita in campagna è spaventata dal passaggio dei tunisini nei propri giardini". Un clima pesante. Per Gianluca Nigro, presidente dell'associazione locale Finis Terrae che si occupa di diritto d'asilo e di immigrazione, "a Oria c'è un clima molto pesante, su cui ha influito l'effetto delle tv nazionali su Lampedusa e la ripresa di questo approccio da parte delle tv locali salentine che fanno quotidianamente le dirette da Manduria con taglio più o meno aggressivo". La costruzione mediatica della paura non è la sola responsabile del panico che si è diffuso tra gli abitanti. Contribuisce anche il non sapere quale sarà il destino del campo e la disorganizzazione che regna.
Nel 2014 i migranti non arrivano più a Lampedusa. L'operazione Mare Nostrum della Marina militare italiana, avviata dopo il naufragio del 3 ottobre 2013 con 366 vittime accertate, interviene in alto mare, anche a molte miglia di distanza dall'isola e poi le persone soccorse vengono sbarcate direttamente in Sicilia. Eppure, come vediamo qui in basso, i titoli fanno credere che esista ancora un'emergenza Lampedusa. Tra l'altro questo uso dell'espressione "Emergenza Lampedusa", completamente sganciata dalla realtà dei fatti del 2014, fa comprendere come il nome dell'isola abbia ormai perso il suo significato geografico per indicare un luogo simbolico.
Esodo senza fine verso le coste della Sicilia soccorsi quasi tremila migranti
Video Emergenza Lampedusa / Ultimo sbarco, 264 bambini
(titolo in homepage di una testata nazionale online, 31 maggio 2014)