La dichiarazione di porto non sicuro da parte delle autorità italiane per l’isola di Lampedusa (vedi) è arrivata in seguito all’incendio del Cpsa (vedi) di contrada Imbriacola e ai seguenti scontri fra gli isolani e i migranti tunisini del settembre 2011. Conseguentemente, i migranti salvati in mare dalla guardia costiera e dalla guardia di finanza (vedi la voce Sar) non possono essere sbarcati sull’isola e vengono portati a Linosa (la minore dell’arcipelago delle Pelagie) oppure in Sicilia, a Porto Empedocle, che dista 120 miglia nautiche, pari a circa 7 ore in più di navigazione.
Contro questa decisione si sono espresse le principali organizzazioni umanitarie internazionali che per un decennio hanno soccorso i naufraghi al momento dell’arrivo al molo Favaloro di Lampedusa Oim, Acnur e Save the children hanno diffuso un comunicato stampa in cui affermano: “Tale decisione rischia di indebolire l’intero sistema di soccorso in mare di migranti e richiedenti asilo e al tempo stesso di aumentare la complessità ed il livello di rischio delle operazioni di salvataggio. Non essendo infatti più previsto attraccare a Lampedusa, l’effettiva capacità di soccorrere della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza verrebbe compromessa dalla distanza necessaria per raggiungere un altro porto – es. Porto Empedocle a 120 miglia nautiche”.
Secondo Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, “questa decisione è carica di rischi e mette a repentaglio le vite umane. […] Infatti, nel caso vi siano persone bisognose di cure mediche urgenti, donne incinte e bambini neonati, come spesso accade in questi casi, non essendo più consentito attraccare a Lampedusa, sarà necessario continuare la navigazione. Questo potrebbe mettere a repentaglio la vita dei passeggeri, mentre a Lampedusa c’è un poliambulatorio attrezzato e anche l’elicottero che in casi urgenti trasferisce i malati all’ospedale di Palermo”.[1]
Il delegato Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati) per il Sud Europa, Laurens Jolles, ha ribadito 8 mesi dopo: “A nostro avviso questo provvedimento può non solo pregiudicare le operazioni di soccorso in mare a causa dell’impossibilità di fare sbarcare i migranti soccorsi e doverli trasportare fino in Sicilia ma è anche fortemente discriminatorio perché rivolto esclusivamente ai migranti”. L’Onu ha quindi chiesto la riapertura del porto “ per continuare a mantenere Lampedusa, ma solo come un punto di transito veloce e primo soccorso”. Questa, secondo Jolles, è la naturale vocazione dell’isola. “Lampedusa per la sua posizione geografica- ha detto ancora il delegato Unhcr - continuerà volente o nolente a essere il primo approdo naturale e logico soprattutto per coloro che vengono soccorsi in mare dai corpi dello stato , luogo quindi di primo soccorso e transito. Se in passato ci sono stati dei problemi nel centro di accoglienza, si deve soprattutto alla forzatura che è stata esercitata trasformandolo in un centro di trattenimento di lungo periodo”[2].
[2] Intervento durante il seminario al Senato - Dall’Emergenza Nord Africa ad un Sistema nazionale di accoglienza, Lezioni apprese ad un anno dalla crisi – Commissione Diritti Umani, 10 maggio 2012