Sono i due accordi che regolano a livello internazionale lo status di rifugiato. Approvata dall’Onu nel 1954, la Convenzione di Ginevra contiene per la prima volta la definizione del termine rifugiato (vedi). Prescrive agli Stati firmatari alcuni standard minimi nel trattamento di coloro che sono stati riconosciuti rifugiati. E’ il principale strumento giuridico per la protezione e l’assistenza dei rifugiati. Definisce anche gli obblighi del rifugiato nei confronti dei governi ospitanti e alcune categorie di persone, per esempio i criminali di guerra, che non possono accedere allo status.
Il riconoscimento avviene da parte delle autorità nazionali ai sensi della Convenzione. In particolare, l’articolo 33 impone agli Stati contraenti di “non espellere o respingere – in qualsiasi modo – un rifugiato versoi confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”[1]. A oggi sono più di 140 gli Stati che hanno aderito alla Convenzione di Ginevra.
L’Articolo 35 della Convenzione del 1951 rende esplicita la relazione e richiede agli stati di cooperare con l’UNHCR sulle questioni relative alla messa in vigore della Convenzione stessa e ad eventuali leggi, regolamenti o decreti che gli stati possono redigere e che possono avere un effetto sui rifugiati.
Il Protocollo di New York del 1967 rimuove le limitazioni temporali e geografiche fissate nel testo originario della Convenzione che consentiva di fare richiesta come rifugiato esclusivamente ai cittadini europei coinvolti in eventi antecedenti il primo gennaio 1951.
Riferimenti normativi:
La Convenzione è stata firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata dall’Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, ratificato con legge 14 febbraio 1970, n. 95.
[1] Medici per i diritti umani, Città senza dimora, Infinito Edizioni, 2012