Il termine transessuale viene coniato nel 1949 dal dottor David Cauldwell, ma diventa di uso comune dopo la pubblicazione del libro The transsexual phenomenon (Il fenomeno transessuale) di Harry Benjamin, edito nel 1966.
Le persone transessuali sentono di appartenere al genere opposto a quello a cui le assegnerebbero i loro caratteri sessuali (vedi Identità di genere) e in molti casi decidono di modificare la conformazione dei propri genitali attraverso l’iter di riassegnazione chirurgica del sesso. In Italia questo iter è regolato dalla legge 164 che esiste dal 1982.
Per segnalare la non coincidenza tra sesso biologico e identità di genere si parla di disforia di genere, diagnosticata dal DSM IV[1] come “disturbo dell'identità di genere” (DIG), una classificazione respinta oggi da molti esponenti del movimento transessuale che si battono per la depatologizzazione della transessualità
Female to Male (FtM) sono le donne biologiche che transitano verso l’identità maschile, Male to Female (MtF) gli uomini che compiono il percorso opposto, verso l’identità femminile.
Ma non tutte le persone che vivono una discordanza tra sesso e genere sono interessate a effettuare la transizione sottoponendosi ad interventi chirurgici per modificare il proprio corpo. Si parla infatti di transgender per comprendere sotto un più ampio termine ombrello tutte quelle persone che non riescono a riconoscersi o ad identificarsi nei modelli di identità e ruolo di genere attribuiti al proprio sesso.
[1] Manuale di Classificazione dei Disturbi Mentali, redatto dall'Associazione Americana degli Psichiatri.
Sulla transessualità esiste un’ignoranza diffusa che – spesso commista a pregiudizi – genera errori e confusioni nel discorso mediatico. La prima questione riguarda la distinzione tra identità di genere e orientamento sessuale. Talvolta si ha l’impressione che la persona transessuale sia considerata una sorta di “super-omosessuale”, tanto omosessuale da voler assomigliare al genere diverso da proprio. Ovviamente non è così. L’omosessualità segnala l’attrazione per persone dello stesso sesso ma non la convinzione di appartenere al genere opposto né l'intenzione di intervenire per modificare i propri caratteri ed attributi sessuali. Una persona transessuale o transgender, al contrario, può essere tanto eterosessuale quanto omosessuale o bisessuale. Il sentimento di appartenenza a un genere è altra cosa dall'orientamento sessuale.
Da questa confusione nasce anche quella tra transessuali, travestiti, drag queen… Il travestitismo fa riferimento ad una condizione psicologica molta diversa e riguarda il piacere nell’uso, solitamente da parte di persone di sesso maschile, di abiti del sesso opposto, a prescindere dall’orientamento sessuale. Drag queen è l’uomo che si veste da donna, accentuandone le caratteristiche, con finalità artistiche o ludiche (esiste anche il corrispettivo femminile drag king, la donna che si veste da uomo)
Ma l’errore più diffuso nel giornalismo riguarda l’attribuzione del genere grammaticale al soggetto transessuale. Le persone che sui giornali sentiamo continuamente chiamare i trans in realtà sono le trans. Tra l’altro, quelle di cui si parla di solito hanno tutta l’apparenza di soggetti femminili: le foto spesso ritraggono lunghi capelli, tacchi alti e minigonne. Dovrebbe venire spontaneo attribuire il femminile, e invece le contraddizioni, anche grammaticali, abbondano.
Per la transessualità vale il principio dell’identità. Se la persona di cui si parla transita dal maschile al femminile, non importa in che fase della transizione si trovi, né se si sta sottoponendo all’iter della riassegnazione chirurgica del sesso, se lei sente di essere una donna va trattata come tale. Lo stesso vale per la transizione female to male.
Come principio, quindi, è corretto utilizzare pronomi, articoli, aggettivi coerenti con l’apparenza della persona e con la sua espressione di genere. Quando questo risulta difficile al/alla giornalista, la soluzione è denominare la persona nel modo in cui preferisce essere appellata. E infine, sarebbe bene ricordare sempre che appunto di persone stiamo parlando: piuttosto che il/la trans o il/la transessuale, parliamo di persona transessuale.
Secondo stime dell'associazione Free Woman della Caritas diocesana di Ancona (2010), in Italia vivono 40.000 transessuali e il 25% di loro vive prostituendosi. Il 60% delle persone transessuali/transgender che si prostituisce è di origine sudamericana: Brasile, Colombia, Perù, Argentina, Ecuador. Il 30% è italiano, il 10% di origine asiatica.
Ecco un caso di passaggio dal femminile al maschile (o viceversa) nella stessa frase:
Luxuria alle nozze, gaffe del vescovo
Gli avevano detto no. Perché transessuale. E invece [...] Vladimir Luxuria si è presa la sua rivincita. Il trans più famoso d’Italia potrà fare infatti da testimone al matrimonio di sua cugina.
(quotidiano nazionale, 11 agosto 2007)
Qui invece vediamo l'uso in funzione di sinonimi di transessuale (declinato al maschile) e travestito:
Overdose dopo il coca party
Torino, in coma Lapo Elkann
Il dramma nella casa abitata da un transessuale che ha dato l'allarme. Non ha ripreso conoscenza per tutta la giornata nonostante numerose iniezioni di narcan
[...] Nel pomeriggio trapela che la telefonata al 118 è stata fatta da Lino B., 50 anni, originario di Bari, più noto come Patrizia, uno dei più vecchi travestiti della città, titolare dell'appartamento.
(quotidiano nazionale, 11 ottobre 2005)
Vedi anche Prostituzione transessuale.