Il mendicante è colui che chiede l’elemosina. L’immaginario collettivo sulla figura del mendicante risente ancora oggi di un’idea che si è formata nel Medioevo, quando la pratica della questua era lecita, soprattutto per le persone disabili, considerate all’epoca “non idonee” al lavoro. Il tema della povertà è centrale anche per la Chiesa, tanto che si sviluppano gli ordini dei mendicanti. Il sostegno dei marginali attraverso la carità è alla base del cristianesimo. Ma già inizia, mille anni fa, la distinzione fra mendicanti socialmente accettati versus ingannatori o “mendicanti professionisti”. È un pò l’idea che ritroviamo anche nell’articolo che riportiamo fra gli esempi, dove appare l’espressione “mendicanti molesti”. Nel testo completo si legge infatti che “l’indicazione degli agenti è di perseguire solo accattoni molesti che incidono nella sfera personale della persona. Gli uomini del comando di via Goito intervengono di fronte a mendicanti prepotenti, che sbattono i pugni sui cofani delle auto pretendendo la moneta; che insistono per lavare i parabrezza; che intralciano il traffico…La possibilità di multare questo tipo di atteggiamento è disciplinato dall'articolo 5 del regolamento di polizia municipale (che vieta «l'elemosina con petulanza, esponendo cartelli, ostentando menomazioni fisiche o con l'impiego di minori e/o animali»).
Già nel medioevo c’era poi la categoria dei “poveri vergognosi”, per i quali il corpo menomato diventava un “attributo professionale”, ricorda Matteo Schianchi nella sua Storia della disabilità. L’effetto era quello che si prova anche oggi: pietà e spavento insieme. L’idoneità a fare il mendicante derivava anzitutto dall’infermità fisica, e quindi metterla in rilievo serviva a legittimare questa attività e a suscitare la compassione in modo più efficace. <<L’invadenza nel chiedere l’elemosina va di pari passo con l’invadenza dell’aspetto fisico – scrive Schianchi - Alcune ordinanze di Firenze, nel Trecento, vietano ai ciechi di mendicare e permettono loro di stabilirsi in città solo se possono guadagnarsi da vivere. A Venezia, sempre nel Trecento, ai mendicanti è vietato vagabondare per la città; a Genova, nel Quattrocento, vengono espulsi”. A partire dal Settecento, l’accattonaggio comincia a configurarsi come reato. [1]
Oggi nei campi Rom esiste ancora l’uso dei minori in attività di acquisizione del reddito per la famiglia. Un esempio è chiedere l’elemosina. Ma esistono differenze: c’è chi lo fa per necessità materiali estreme e vive come una vergogna l’impiego dei bambini, ma ci sono anche i casi in cui lo sfruttamento può essere fermato solo dall’intervento della polizia. La scuola da sola non basta. E’ solo quando i genitori trovano un lavoro più stabile che certi comportamenti si interrompono. [2] Esiste comunque una differenza fra child work e child labor, che indicano rispettivamente la partecipazione in situazione di povertà dei bambini e dei ragazzi al lavoro spesso familiare e le gravi forme di sfruttamento di bambini con superlavoro e sotto salario.
La parola accattóne, letteralmente "chi vive accattando, chiedendo l’elemosina" (Treccani) è un sostantivo che deriva dal verbo accattare. Questo verbo trae origine dal latino medievale, dalla parola accaptare, composta di ad- e captare, intensivo di capĕre «prendere». Il significato italiano di "accattare" è, sempre secondo il vocabolario Treccani, "Cercar di ottenere in dono o in prestito, per lo più chiedendo con insistenza o con servilismo". Con significato più generico (ma quasi sempre spregiativo), "andare in cerca, procurarsi in qualche modo". Altri significati sono: chiedere in elemosina, mendicare, anche per la questua, per uno scopo di religione o di carità; prelevare denaro dai cittadini imponendo prestiti forzosi. Alcuni sinonimi di "accattone" sono: mendicante, mendico, questuante. Per estensione: persona sciatta e trascurata, barbone, mendicante, miserabile, pezzente, straccione.
E' evidente quindi la forte connotazione negativa del termine 'accattone'.
Il pezzènte è un sostantivo di origine meridionale che è participio presente del verbo pezzire, cioè mendicare. Pezzente vuol dire appunto: mendicante, accattone, persona che vive di elemosina. Secondo Treccani, "con senso più generico, in frasi di tono spregiativo, persona molto povera, che vive in condizioni di estrema miseria".
[1]Schianchi M., Storia della disabilità. Dal castigo degli dèi alla crisi del welfare, Carocci, Roma 2012
[2]Cefisi L., Bambini Ladri. Tutta la verità sulla vita dei piccoli rom tra degrado e indifferenza, Newton Compton, Roma 2011
Il mendicante è spesso visto come “abusivo”, parola che si ritrova spesso nel contesto delle notizie sull’immigrazione, sui Rom e sui senza dimora. Secondo il censimento sulle persone senza dimora, la maggior parte vive al nord (58,5%) e quasi il 60% è straniero. Ma quando si parla di stranieri, si scivola spesso nel tema della sicurezza. Con questo termine ci si riferisce alle misure decise dalla politica per venire incontro non tanto a un bisogno di sicurezza dimostrato e dimostrabile, quanto alla semplice percezione di insicurezza da parte dei cittadini. Marcello Maneri parla di un’insistenza tematica che riconduce “a un nocciolo rigido di tratti negativi insiemi ampi e spesso molto diversificati di soggetti (il “vu cumprà”, il “lavavetri”, l’”extracomunitario”, il “clandestino”, il “fondamentalista islamico”, i “nomadi”, la “baby gang”)”. Un arsenale di termini che gridano all’invasione e raffigurano gli italiani come assediati da un esercito di stranieri che vivono nell’illegalità.
Negli anni si sono moltiplicate le ordinanze municipali contro l’abusivismo. Il giornalista Lorenzo Guadagnucci parla di “guerra ai poveri”, ad esempio per le ordinanze contro i lavavetri a Firenze nel 2007, con una “caccia ai lavavetri” da parte della polizia municipale. Nell’operazione “incroci puliti” furono multati anche i venditori di giornali che non stazionavano sul marciapiede e si avvicinavano alle auto sulla carreggiata. L’ultima frontiera dell’ossessione per la sicurezza è il bivacco, parola è molto usata negli articoli di cronaca che sottolineano problemi di ‘degrado’ urbano. Spesso i ‘bivacchi’ sono vissuti come attentati al ‘pubblico decoro’. In realtà molte ordinanze ‘antibivacco’ dei sindaci delle principali città italiane che, da nord a sud, hanno preso di mira perfino la possibilità di sedersi sulle panchine, erano pensate per colpire gli immigrati. Lo scrittore Antonello Mangano chiama “guerra delle panchine” la corsa di tantissimi comuni del Nord a proibire con ordinanze sempre più stringenti bivacchi e usi “impropri” delle panchine pubbliche. “A Voghera si è deciso che non ci si può sedere in più di tre persone – scrive – A Vicenza devi avere almeno 70 anni se vuoi sederti, se no stai in piedi. A Sanremo devi avere tra 0 e 12 anni oppure più di sessanta. A Lecco diventano più piccole. A Verona il sindaco della lega Tosi ha acquistato panchine con bracciolo divisore, per evitare che clocharde migranti possano sdraiarsi”. “Bivaccare” è spesso associato nei discorsi dei politici e nell’immaginario mediatico ad altri fenomeni considerati “degradanti” per la città, come l’accattonaggio, i venditori ambulanti e la prostituzione. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno a luglio 2012, è arrivato a chiedere “leggi nazionali su bivacco e prostituzione”, coniandone anche una nuova tipologia. " il bivacco molesto”. Cosa significa esattamente bivaccare ? I provvedimenti delle amministrazioni comunali intendono questo termine in modo molto estensivo. Ecco dunque l’assurdo che, dall’oggi al domani, sedersi sui gradini di una chiesa o mangiare una pizzetta per strada costituisce un comportamento illecito. “Secondo la polizia municipale consumare una bevanda sul parapetto dell’anfiteatro significa bivaccare- si legge in un'altra nota dell’Aduc leccese - Dei turisti furono multati perché nello stesso modo mangiavano un gelato. Personalmente abbiamo potuto constatare che la pratica del bivacco è in voga anche presso alcuni assessori e consiglieri comunali”. Insomma, tutti abbiamo “bivaccato” almeno un po’ nella vita.
Infine c’è un ultimo tipo di comportamento, forse più illecito degli altri: il bivacco mafioso. Che può essere così descritto, in base a un’ordinanza dell'ex sindaco di Bari Michele Emiliano: “sostare in modo prolungato in atteggiamento di sfida, presidio o di vedetta da parte di soggetti con precedenti penali, assoggettati a misure di prevenzione e comunque in stabile, comprovato collegamento con soggetti appartenenti alle suddette categorie di persone”.
Paolo Pezzana, presidente Fio.PSD (Federazione italiana organismi per le persone senza dimora) distingue nella mendicità la dimensione statica e quella dinamica. "Il primo caso è quello della persona senza dimora che dorme sul cartone e lascia il bicchiere vicino per le elemosine. Questa è una forma di "adattamento negativo"-spiega- Invece chi chiede direttamente l'elemosina attua una forma attiva di mendicità, quasi una forma di lavoro".
Per quanto riguarda l'uso del termine accattone, esso è stato reso celebre dal film capolavoro di Pier Paolo Pasolini del 1961 che porta questo titolo e racconta la storia di un giovane delle borgate romane, un nullafacente, negli anni della modernizzazione dell'Italia. Accattone è il soprannome di Vittorio, un ragazzo che vive nel quartiere del Pigneto a Roma e si fa mantenere da una prostituta, Maddalena. Il film d'esordio di Pasolini regista è la trasposizione dei suoi romanzi precedenti. Per comprendere il particolare valore che questa parola assume nella poetica pasoliniana, riportiamo un breve stralcio di una recensione firmata da Matteo Berghenti:
Lo stile di vita dei personaggi di Accattone è il "sopravvivere" giorno per giorno, non c'è alcun futuro che possa cambiarne le sorti o migliorarne la condizione, tanto che ogni buona occasione di riscatto viene prontamente annullata da una specie di istinto di "autoconservazione" che porta Accattone a rinunciare al lavoro e a prostituire Stella, una ragazza di cui si sta innamorando e con cui avrebbe forse potuto costruire un futuro. Lo strettissimo vincolo con la realtà costituito dagli attori per la maggior parte appartenenti ai luoghi e alle vicende del film, ribadisce con forza il concetto che essi non sono "rappresentabili" da nessun altro che da essi stessi in quanto soggetti incontaminati, puri, privi delle sovrastrutture imposte dalla società. Proprio per questo motivo Pasolini ha uno sguardo pieno di passione per chi rappresenta, forse in maniera paradossale e utopistica, l'unica speranza per la nascita e l'affermazione di una società nuova, tanto che nel film non si esprimono giudizi di condanna morale per chi ruba o per chi fa il magnaccia. Come dice lo stesso Pasolini si tratta di difetti di uomini che obbediscono ad una scala di valori "altra" rispetto a quella borghese, cioè "se stessi" in modo assoluto. [1]
Il giornalista Lorenzo Guadagnucci, nel suo libro Lavavetri, sviscera il caso dell'ordinanza contro i lavavetri a Firenze dell'agosto 2007, sul quale riportiamo un articolo nella sezione degli esempi. L'ordinanza "vieta fino al 30 ottobre 2007 su tutto il territorio comunale l'esercizio del mestiere girovago di lavavetri sia sulla carreggiata sia fuori di essa". L'inosservanza "è punita ai sensi dell'articolo 650 del codice penale con il sequestro delle attrezzature". I trasgressori rischiano l'arresto fino a tre mesi. "In sostanza, lavare i vetri per strada diventa reato penale - scrive Guadagnucci - In realtà la sanzione penale, secondo l'interpretazione della giunta comunale, scatta per l'inosservanza della "ordinanza contigibile e urgente" e non per il fatto di avere lavato i vetri". [2] Guadagnucci spiega che nei giorni seguenti la procura della Repubblica contesterà il riferimento al codice penale perchè "l'esercizio abusivo di mestiere girovago" è stato depenalizzato nel 1981 e di conseguenza non può essere perseguito penalmente, è punibile solo con un'ammenda.
"Potremmo dire che il lavaggio dei vetri agli incroci è una versione aggiornata, ossia adeguata alle regole dell'economia di mercato, dell'antica richiesta di elemosina - continua il giornalista - In Italia i primi lavavetri furono polacchi all'inizio degli anni Novanta". [3] Dopo la bocciatura della procura, viene emanata una seconda ordinanza, l'11 settembre 2007, in cui non si parla più di mestiere girovago esercitato illegalmente. Guadagnucci sintetizza così la filosofia delle ordinanze antilavavetri: "da un lato si vuole rispondere alle insofferenze della cittadinanza, dall'altra si afferma il principio che non è lecito vivere ai margini della legge e della società dei benestanti, in quella zona grigia che comprende da secoli la carità, la mendicità, l'arte di arrangiarsi, e che ai tempi nostri alarga i suoi confini verso l'area del lavoro precario e intermittente (specie quando si tratta di immigrati)" [4]
Per comprendere le dinamiche attuali e l'immagine sociale dei mendicanti, bisogna tenere in considerazione la storia della mendicità che ha visto alternarsi da parte delle autorità assistenza e repressione, a seconda delle epoche. La questione della mendicità e della carità è collegata a complesse dinamiche culturali, etiche, religiose, politiche che hanno strettamente a che vedere con le diverse forme di organizzazione sociale. Ad esempio, nel Medioevo, in un’epoca in cui gli ordini dei mendicanti sono particolarmente in auge, in tutte le città europee si diffondono “uniformi da mendicanti” (vestiti veri e propri o contrassegni applicati agli abiti) imposte per ragioni amministrative. Matteo Schianchi spiega che sono "nati per attestare il diritto a fare la questua, servono ad annunciare da lontano, a rendere riconoscibili i mendicanti, liberano gli amministratori dalla necessità di fare verifiche sul loro conto e sulla liceità del loro operato, servono ad escludere, dunque a mettere all’indice, coloro che non ne hanno diritto, permettono di rendere visibile l’atto del fare la carità, sono segni di distinzione e sono «inevitabilmente destinati a diventare segni d’infamia»" [5]
Nel Medioevo, sono soprattutto le strade, le piazze delle città, le chiese ad essere i luoghi del mendicare. Tra i principali destinatari dell’elemosina e della carità ci sono "gli inabili" a seguito di menomazioni fisiche o sensoriali e di malattie, che si appostano nei pressi di chiese e case di persone ricche e utilizzano modalità diverse per attirarare l’attenzione. "La semplice esposizione della propria misera condizione, pianto, grida, canti, strumenti, campanelli, fino agli inganni per apparire più menomati o più poveri di quanto non lo si sia in realtà" scrive Schianchi. Questi mendicanti sono socialmente accettati all'epoca, perchè non potrebbero fare altro né vivere in altro modo. Anzi, dice Schianchi, "i mendicanti rappresentano la categoria meglio tollerata della società: ad essi è riconosciuto un posto nella divisione del lavoro o, per meglio dire, nella ripartizione delle funzioni sociali. […] Quali che siano le sfumature dottrinali, l’elemosina è sempre ritenuta un atto lodevole, che offre ai fedeli una possibilità di espiare i propri peccati e la speranza di una ricompensa ultraterrena. I mendicanti sono quindi necessari, e la loro inabilità al lavoro, conseguenza di un’inabilità permanente, di una malattia o della malasorte che li ha privati dei mezzi di sussistenza adatti alla loro condizione sociale, sembra rappresentare la loro qualifica professionale. La consapevolezza, da parte dei mendicanti, di avere un posto nella società, è altresì attestata dal fatto che essi danno vita a propri organismi di carattere corporativo. Resta però il fatto che, anche se l’esercizio professionale della mendicità poteva dimostrarsi redditizio, esso priva l’uomo della propria dignità, obbligato a vestirsi di stracci e a «darsi» un aspetto ributtante o addiruttura inumano: erano mezzi per destare compassione, ma anche segni evidenti del degrado sociale. Nella propria coscienza, come in quella dell’opinione pubblica, i mendicanti appartenevano dunque ai bassifondi della società". [6]
Secondo l'autore di "Storia della disabilità", "questa utilità sociale e culturale di poveri e mendicanti non è stata formulata a posteriori dagli storici, ma era ben chiara anche a quell’epoca". In epoca moderna l'atteggiamento verso i mendicanti cambia completamente. Basti considerare la circolare ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica Sicurezza, 18 aprile 1896 n. 12971 che dice:
Oggetto di particolare interessamento devono essere i mendicanti, colpiti da infermità o deformità, che mentre impediscono l’applicazione a lavori proficui, destano nei passanti sentimenti di ribrezzo e offrono facile argomento a biasimi e a censure, molte volte ingiustificate, verso le Autorità di Pubblica Sicurezza. Molti di questi mendicanti di questa categoria simulano infermità che non hanno; altri se ne giovano per non darsi ad un mestiere o per non crearsi una fonte di guadagno. Occorre pertanto che le Autorità procedano con grande oculatezza e circospezione; denuncino al giudice coloro, che simulano malattie o ne approfittano per indignare il pubblico; provvedano per inviare gli altri negli Ospedali o nei Ricoveri, a spese di coloro che sono tenuti al mantenimento ed alla cura, prendendo gli accordi necessari colle Direzioni Ospitaliere e colle Presidenze degli altri luoghi pii. Si deve comunque vietare l’esposizione di morbi o deformità ributtanti, almeno nei luoghi più frequentati.
[1] Berghenti M., Accattone, http://www.pasolini.net/
[2] Guadagnucci L., Lavavetri, Terre di Mezzo editore, Milano 2009, pag.29
[3] Ibidem pag.31
[4] Ibidem pag.37
[5] Schianchi M., Storia della disabilità. Dal castigo degli dèi alla crisi del welfare, Carocci, Roma 2012 pp. 100-101
[6] Ibidem, cit. Geremek, 1992, p. 137
Basilica del santo
Chiedono l’elemosina ai fedeli
tre rumeni sanzionati
Mendicanti fastidiosi nelle vicinanze della Basilica del Santo: tre rumeni sono stati multati dai vigili urbani.
Le sanzioni sono state staccate ieri mattina nel corso dei servizi di controllo.
(Padova, sito internet di un quotidiano locale, 11 gennaio 2013)
Polizia locale. Giro di vite anti-accattoni
Sono sempre più numerosi gli extracomunitari che si improvvisano parcheggiatori abusivi davanti ai supermarket o nei park di via De Gaspari a ridosso del centro.
(quotidiano locale, 22 febbraio 2012)
Dagli esempi precedenti vediamo come 'mendicanti' e 'accattoni' associati all'immigrazione con termini come 'rumeni' ed 'extracomunitari', vengono inquadrati nell'ottica della sicurezza.
Cofferati contro i lavavetri "Irregolari, spesso aggressivi"
Il sindaco di Bologna dà ragione al centrodestra sulla invasione di questuanti ai semafori per strada, e annuncia maggiori controlli
(quotidiano nazionale, 11 ottobre 2005)
BOLOGNA - Troppi lavavetri ai semafori, al punto che il sindaco di Bologna Sergio Cofferati ha deciso di avviare controlli per contrastare il fenomeno. Un giro di vite annunciato nel corso dell'ultima seduta del Consiglio comunale rispondendo a una domanda di un consigliere di Forza Italia che lamentava l'eccessiva presenza dei lavavetri, alcuni dei quali "molto aggressivi" nei confronti di chi non intende accettare il "servizio" offerto. "Si tratta, ovviamente - ha risposto Cofferati - di persone che agiscono senza nessuna autorizzazione dato che non sono previste in nessun ordinamento attività di questa natura e credo sia giusto rafforzare i controlli affinché non ce ne siano in futuro. E soprattutto - ha concluso - che non ci siano azioni aggressive mirate anche a creare ostacolo o fastidio agli automobilisti".[...]
Firenze dichiara guerra ai lavavetri
fino a tre mesi di arresto
Da oggi via ai controlli, multe da 200 euro. L'assessore ds: ma non chiamateci leghisti Rifondazione polemica con la giunta di centrosinistra. Il sindaco di Verona: se funziona l'applicheremo
(edizione online di un quotidiano nazionale, 28 agosto 2007)
FIRENZE - Mai più lavavetri. La giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Leonardo Domenici dichiara guerra a chi fa la posta ai semafori armato di spugna. Per effetto di un'ordinanza "urgente", da stamani chiunque venga colto sul fatto ai semafori del capoluogo toscano finisce davanti al giudice e rischia, oltre al sequestro degli attrezzi, una pena che può arrivare fino a tre mesi d'arresto o una multa da 206 euro. Da stamani le 10 pattuglie di vigili urbani in circolazione saranno invitate ad applicare il divieto. E la caccia ai circa 50 lavavetri contati fin qui a Firenze, quasi tutti romeni, nonostante la critiche piovute da Arci e Rifondazione comunista, comincia subito. L'ordinanza, firmata dall'ex senatore dei Ds e attuale assessore alla sicurezza Graziano Cioni, classifica il lavavetri come "mestiere girovago" e, visto che il Comune non ha rilasciato alcuna autorizzazione, riconosce come abusivo chiunque chieda soldi in cambio del lavaggio del vetro. "Intralcio alla circolazione, nocumento all'igiene delle strade ma soprattutto episodi di molestie e il pericolo di conflitto sociale", si legge tra le motivazioni riportate nell'ordinanza fiorentina. "Negli ultimi tempi c'è stata un'impennata di segnalazioni e reclami da parte dei cittadini, perché i lavavetri sono diventati aggressivi, non chiedono permesso: ti mettono direttamente la spugna sul parabrezza e a volte nascono discussioni e alterchi, che nel caso di donne sole in auto possono diventare pericolosi", spiega l'assessore Cioni. E per questo si è deciso di mettere uno stop, di tirare una riga: vigili ma anche le forze dell'ordine sono chiamate da oggi al 30 ottobre prossimo ("poi vedremo come rendere permanente il divieto") a denunciare i lavavetri in base all'articolo 650 del codice penale (inosservanza dell'ordine dell'autorità) e a sequestrare secchi d'acqua e spugne. [...]
ULTIM’ORA: aggressioni dei lavavetri in viale Carlo III, scatta il blitz dei carabinieri
(sito internet locale, 15 maggio 2014)
CASERTA. Dopo gli ultimi episodi di aggressioni a donne e ragazze su viale Carlo III, da parte dei lavavetri extracomunitari, è scattato pochi minuti fa un blitz dei carabinieri. In via Bronzetti, al civico 125, stanno intervenendo in questo momento i militari dell’Arma del comando di Marcianise e i vigili urbani di S.Nicola in cui vivono delle famiglie di origini extracomunitarie. I carabinieri inoltre, pare sospettino anche la presenza di armi e droga all’interno sia dell’abitazione, che di un furgone bianco, senza targa, consegnato pochi giorni fa.