Per invasione si intende “l’occupazione di un luogo, specialmente avvenuta in modo violento”, esempi ne sono le espressioni: le invasioni barbariche in Italia; respingere l’invasione. Per estensione, indica una “diffusione massiccia e dannosa”, quindi fa pensare all’invasione delle cavallette.
L’ orda è una “comunità di nomadi turco-tartari predatori e cacciatori dell’Europa orientale e dell’Asia” (es: un’orda di tartari), “un gruppo di persone riunite temporaneamente per motivi bellici” (richiama alla mente le temibili orde dei barbari)”, è una “torma di gente facinorosa e violenta”[1]. In “Negri Froci Giudei & Co” Gian Antonio Stella scrive che “Il punto di partenza è: barbari. Quelli che balbettano, farfugliano, non sanno parlare”[2]. Secondo il giornalista del Corriere della Sera, la paura del diverso deriva dall’orrore antico per le orde di invasori. La parola ‘barbari’ nacque nella Grecia Antica dopo la guerra contro i persiani e segnò per sempre la divisione del mondo in ‘noi’ ( in quel caso i greci) e gli ‘altri’ (gli stranieri) sulla base della padronanza della lingua greca. “Definizione – continua Stella – che si adatterà nel tempo: noi ‘civili’, loro ‘incivili’; noi ‘cristiani’, loro ‘miscredenti’; noi ‘buoni’, loro ‘feroci’; noi ‘puliti’, loro ‘puzzolenti’ e così via”.
[1] Gabrielli A., Dizionario della Lingua Italiana, Carlo Signorelli Editore, Milano 1993
[2] Stella G.A., Negri Froci Giudei & Co. L’eterna guerra contro l’altro, Edizione aggiornata Bur Rizzoli, Milano 2011
Invasione e orda sono due termini che, assieme ad altri come “bomba” e “assedio”, richiamano il linguaggio bellico e suggeriscono “l’idea di un’emergenza che minaccia la nostra sicurezza e si addita come responsabile questa o quella categoria di estranei ”[1]. L’antropologa Annamaria Rivera sottolinea come la selezione delle notizie di cronaca porti a deformare e amplificare fatti “anche minimi che possano presentarsi come una catena di casi simili, catena a sua volta tematizzabile come fenomeno, piaga o emergenza”. Spesso l’allarme dell’invasione, collegato solitamente a venditori ambulanti, campi nomadi abusivi, lavavetri e mendicanti, non è sostenuto da alcun dato o cifra statistica. Ma può anche succedere che davanti a numeri elevati si gridi a un’invasione che non c’è. Un esempio è il caso degli sbarchi a Lampedusa, quando sono state salvate in mare circa 50mila persone (in tutto il 2011), di cui la metà erano profughi della guerra in Libia. Sono numeri consistenti, che tuttavia devono essere guardati nella loro corretta dimensione geografica. Gli arrivi a Lampedusa sono stati meno del 4% del totale di 800mila persone che hanno cercato riparo dalle bombe e dalle milizie attraversando i confini libici, ma sono fuggite in massa via terra negli Stati confinanti e non per mare verso l’Europa. “Quanto ai corpi degli stranieri essi sono percepiti come onnipresenti, proliferanti, minacciosi, ed anche per questo sono sempre più oggetto di espropriazione o di marchiatura simbolica: di stigma per dirla con un termine più preciso”[2], spiega ancora Rivera.
L’uso di parole di questo tipo rientra quindi in un approccio allarmistico, che tende a dividere il mondo in un ‘noi’ e un ‘loro’ e a chiedere, implicitamente o esplicitamente, l’intervento di misure di sicurezza o di repressione, spesso spropositate rispetto al problema o alle dimensioni reali del fenomeno. Visto il significato prevalentemente bellico associato a questi termini da tutti i dizionari, ricorrervi per la titolazione e negli articoli, implica dare la connotazione di ‘violenti, aggressivi’ alle categorie oggetto dei reportage e delle notizie (rom, venditori ambulanti, profughi, immigrati irregolari, lavavetri, ecc..) e può portare a campagne mediatiche che creano allarme sociale ingiustificato, nonché diffondere stigma su soggetti marginali come i mendicanti.
Da questo punto di vista, si rischia di uscire dal campo del giornalismo informativo e favorire una sorta di propaganda. “Avere un nemico è importante, ha spiegato Umberto Eco, nella lezione tenuta a Bologna intitolata appunto Costruire il nemico – ricorda il già citato Stella - ‘non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro. Pertanto, quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo”[3].
[1] Rivera A., Il circolo vizioso del razzismo, in Naletto G. (a cura di), Rapporto sul razzismo in Italia, Manifestolibri, 2009
[3] Stella G.A., op. cit.
Invasione di vu cumprà in centro: «Intervenga l’Esercito»
(quotidiano locale, edizione online, 30 maggio 2012)
Per l’uso del termine stigmatizzante vu cumprà guarda la voce corrispondente. È evidente la sproporzione fra il fenomeno dell’abusivismo commerciale e la richiesta di intervento dell’esercito e addirittura di una legge nazionale anti vu cumprà. Le affermazioni sono del sindaco di un capoluogo di Regione, ma arrivano al culmine di un articolo impostato interamente sull’allarme dell’assedio e la minaccia per la sicurezza dei cittadini e la legalità dei commercianti (gli stessi negozianti che però non vogliono i controlli fiscali dei finanzieri).
L’articolo infatti associa la rabbia dei commercianti del centro storico di Potenza per i controlli della Guardia di Finanza sull’emissione di scontrini e fatture (“una vera persecuzione” dicono gli intervistati) con la “deregulation” dei venditori ambulanti che hanno invaso come cavallette via Pretoria e dintorni in occasione della festa di San Gerardo. E molti di loro non sono provvisti di regolare licenza, vendendo, tra l’altro, merce contraffatta. Si legge anche che i negozianti del centro assistono impotenti all’avanzata dei ‘vu cumprà’.
Gli ambulanti vengono chiamati extracomunitari (vedi) e “coloured”, un eufemismo per dire che sono neri, probabilmente di origine africana. La stessa figura retorica è usata- forse inconsapevolmente - anche in un altro passo del testo, quando l’autore dell’articolo chiama “operazione accoglienza” il fatto che fosse stata predisposta dall’amministrazione comunale un’area in un parco, lontana dal centro storico e dalla festa, in cui confinare gli ambulanti stranieri. Ma loro, intervistati dal giornalista, spiegano che tutta la gente si trova in piazza e quindi le uniche possibilità di guadagno sono nel cuore urbano della città, non dove nessuno vedrebbe la loro merce.
Il sindaco Vito Santarsiero ammette il fallimento dell’operazione accoglienza: «La verità - dice - è che sono arrivati a Potenza in un numero esagerato. Il centro storico, strutturalmente, non è adatto a supportare un’invasione del genere. Siamo di fronte a un problema di ordine pubblico che non si può gestire solo con la Polizia locale. E per quanto ci si organizzi nell’ottica di creare situazioni logistiche, qui tutto diventa inutile. È un problema che ci accomuna a tutte le altre piccole e medie città, letteralmente invase in occasione di feste ed eventi. Prima o poi - conclude il sindaco - bisognerà porsi il problema di fare una legge nazionale che eviti tutto questo. Dovrebbe intervenire l’esercito per garantire sicurezza e tranquillità ai cittadini». Tranquillità che ieri sera, intorno alle 20.30, è mancata quando una rissa familiare tra immigrati ha seminato il panico in via Pretoria tra sedie volanti, schiaffi e calci.
L’invasione per antonomasia raccontata dai media dalla fine degli anni Novanta, riguarda il salvataggio in mare di migranti e profughi sulle rotte che dai paesi del Nord Africa arrivano a Lampedusa. [Per quanto riguarda il fenomeno dei flussi migratori via mare, guarda anche le voci Lampedusa, tsunami umano/ondata migratoria, esodo biblico.]
Ecco alcuni esempi dello schema classico (simile a quello dell’articolo qui sopra sugli ambulanti a Potenza) in cui all’allarme dell’invasione segue la dichiarazione di un politico che invoca misure estreme, anche violente.
“C’è una dichiarazione di Roberto Castelli, leghista ex ministro peraltro della giustizia, appena arrivata che vale davvero la pena di leggere. Sentite cosa dice Castelli: dice bisogna respingere gli immigrati ma non possiamo sparargli almeno per ora, questo lo dice al programma di Radio due “Un giorno da pecora”. Le violenze degli immigrati che potrebbero addirittura diventare milioni nel corso del tempo secondo Castelli potrebbero obbligare le autorità a usare le armi”
(tg nazionale, 12 aprile 2011)
Mondo arabo
Il Dilemma Immigrazione
Rivoluzioni & barconi
Lampedusa ora trema
Riprendono gli sbarchi: senza il pugno dei raiss, chi li fermerà?
(quotidiano nazionale, 2 febbraio 2011)
Pur senza usare esplicitamente la parola ‘invasione’, questo articolo fa riferimento allo stesso universo di significati. Dal mare arriva un’orda che pare inarrestabile. Qui si rimpiange perfino il dittatore tunisino Ben Alì perché con la rivoluzione dei gelsomini è stato costretto a fuggire e quindi non sono più in vigore gli accordi bilaterali che permettevano di sigillare le frontiere. Tuttavia, il testo dell’articolo è meno allarmistico del titolo, questo è probabilmente dovuto anche al fatto che siamo ancora all’inizio della fase migratoria conseguente alla primavera araba. Il regime di Ben Alì è caduto da appena due settimane e la rivoluzione egiziana è appena iniziata.
Un ultimo esempio riprende ancora il tema della paventata invasione questa volta associandolo però alla discussione sulla riforma della legge per la cittadinanza.
Immigrazione, Rutelli: "La cittadinanza facile un invito ai clandestini"
Il leader dell’Api "corregge" Fini e Napolitano: "Se i figli degli stranieri diventano italiani alla nascita ci sarà la corsa a partorire a Lampedusa"
(quotidiano nazionale, 22 febbraio 2012)
Per l’uso improprio del termine clandestino leggi la voce corrispondente.
Questo l’attacco del pezzo:
È uno dei cavalli di battaglia di Gianfranco Fini, e anche il presidente Napolitano è recentemente sceso in campo per sostenerla a spada tratta («È una follia negare la cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri»). Ma dal leader dell’Api Francesco Rutelli, che di Fini è alleato nel Terzo Polo, arriva un altolà («Così si trasforma l’Italia nella più grande clinica ostetrica d’Occidente») e un monito a guardare oltre «l’inganno del multiculturalismo e del politically correct».
Sulla base di un’intervista al politico Francesco Rutelli, il testo associa il dibattito sulla modifica della legge per la cittadinanza italiana (che quindi riguarda sostanzialmente chi già si trova in Italia) con il tema sempre caldo degli sbarchi a Lampedusa (vedi), materializzando lo spauracchio di una nuova invasione, ma senza dati certi, statistiche, previsioni fondate. A pagare le conseguenze della paura per l’orda che arriva dal mare, sono gli immigrati che da anni lavorano, vivono, studiano, pagano tasse e contributi in Italia e contribuiscono alla ricchezza nazionale.
Vedi anche cittadinanza.
«Se introduciamo il criterio dello jus soli, ossia l’automatica cittadinanza italiana per chiunque nasca sul nostro territorio, rischiamo di trasformare l’isola di Lampedusa o il porto di Ancona o la stazione di Trieste nelle succursali della più clamorosa clinica ostetrica d’Europa. Diventando cittadini italiani si diventa cittadini Ue: l’Italia si trasformerebbe, per motivi puramente geografici, nella piattaforma per acquisirestrumentalmente il libero accesso a tutta la comunità europea».