Clandestino
Questa parola si è diffusa nell’uso comune dopo essere apparsa in maniera quasi ossessiva sui giornali e nelle dichiarazioni dei politici per indicare lo straniero che entra o soggiorna in un Paese in violazione delle leggi di immigrazione. Non corrisponde ad alcuna condizione giuridica. In Italia il termine clandestino fa riferimento soprattutto agli overstayers, ossia a tutti quegli stranieri che, entrati nel Paese regolarmente, restano dopo la scadenza del visto o dell'autorizzazione al soggiorno, anche se, in tal caso, il termine esatto è migranteirregolare. Clandestino non ha equivalente a livello internazionale. Negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone si parla, più correttamente, di undocumentedperson (persona senza documenti).
In origine clandestino era un aggettivo, poi si è diffuso anche come sostantivo. Deriva dal latino “clam” (di nascosto), cui si aggiunge “dies” (giorno). Letteralmente: “che sta nascosto al giorno, che odia la luce del sole, occulto”. Il significato nella lingua italiana è riferito a qualcosa che ha carattere di segretezza in quanto difforme dalla legge o dalle norme sociali e quindi perseguibile per via giudiziaria o soggetto a condanna morale. I sinonimi sono “nascosto, segreto”. L’aggettivo si riferisce a qualcosa che avviene di nascosto dall’autorità, in segreto, di soppiatto, a qualcosa di vietato: matrimonio clandestino o relazione clandestina,giornale clandestino, bisca clandestina.
Per la legge il clandestino non esiste. La parola non è presente nel testo della legge Bossi-Fini, né nel testo unico sull’immigrazione che all’articolo 10 bis disciplina il cosiddetto “reato di clandestinità”, ma non usa mai questo termine, definendolo invece: “Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”.Né tantomeno il reato di clandestinità è menzionato nel pacchetto sicurezza che lo ha introdotto, la legge 15 luglio 2009 n. 94.Quindi è un’espressione molto usata dalla politica e dai media pur senza un riferimento giuridico. La “lotta all’immigrazione clandestina” compare invece all’articolo 19 del Trattato di amicizia fra l’Italia e la Libia (Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la grande Giamahiria araba libica popolare socialista). Il trattato non è più in vigore dalla guerra in Libia del 2011.
La Carta di Roma raccomanda ai giornalisti di evitare l’uso di questa parola fortemente negativa. Se anche si volesse designare come clandestino chi è entrato in un paese di nascosto e senza documenti, esiste un abuso del termine quando l’uso è eccessivamente estensivo. Ad esempio, vengono definiti clandestini molti cittadini stranieri che semplicemente non sono in regola con il permesso di soggiorno o perché scaduto (overstayer) oppure perché non appropriato burocraticamente rispetto ai motivi ufficiali della presenza. Ad esempio può trattarsi di una persona che ha il visto per studio o per turismo mentre in effetti lavora. In questi casi è corretto parlare di un migrante in condizione di irregolarità, non di clandestinità. Inoltre dal termine clandestino andrebbe espunta qualunque implicita connotazione negativa.
Ciò è particolarmente importante perché sui clandestini (veri e falsi) si è abbattuta una retorica securitaria. In particolare il pacchetto sicurezza ha rafforzato l’equazione clandestino uguale criminale, fuorilegge e delinquente, introducendo per la prima volta nell’ordinamento il reato penale di immigrazione illegale punibile con il carcere (alla criminalizzazione dei migranti irregolari si richiamano gli ultimi due titoli riportati all’inizio). Secondo questo testo, tra l’altro, i “clandestini” dovevano essere rinchiusi in galera e non potevano nemmeno sposarsi. Entrambe queste misure sono state bocciate dai giudici. Il reato di clandestinità è stato bocciato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza El Dridi del 2011, perché in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri (emigrare non può essere considerato un crimine da punire con il carcere). La norma che voleva impedire i “matrimoni di comodo” è invece decaduta per effetto di una sentenza della Corte Costituzionale (n. 245 del 20 luglio 2011) che l’ha ritenuta incostituzionale perché il diritto al matrimonio spetta anche a chi non è cittadino italiano, “ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”.
“Venticinque anni fa del clandestinoera prevalentemente messo in evidenza il tratto semantico dell’invisibilità. Gli immigrati c’erano ma si vedevano poco – scrive il linguista Federico Falloppa nel saggio Razzisti a Parole – Oggi invece i migranti clandestini sono visibilissimi, tanto da essere evocati con espressioni iperboliche da rovinarci il sonno: con i loro sbarchi, le loro ondate, le loro invasioni”.
Gli sbarchi sono nell’immaginario collettivo l’emblema delle migrazioni irregolari. Ma in realtà i cosiddetti sbarchi sono nel 90% dei casi operazioni Sar (Search and Rescue) di soccorso in mare di migranti naufraghi. Nel 2011 il racconto dell’evento mediatico degli “sbarchi” sull’isola di Lampedusa ha fatto ricorso a toni allarmistici e a un lessico epocale ricco di metafore naturali e belliche, secondo una ricerca Msf/Osservatorio di Pavia. Del lessico epocale hanno fatto parte espressioni come esodo biblico e tsunami umano. Sono esagerazioni, accompagnate frequentemente nei titoli dagli immancabili clandestini. A Lampedusa esodo biblico di clandestini. Frattini vola a Tunisi per discutere dell'emergenza titola il sito internet di un quotidiano nazionale, il 14 febbraio 2011. Quell'ondata infinita: già 18mila clandestini sbarcati a Lampedusa (sito internet di un quotidiano nazionale, 28 marzo 2011). È fuga continua di clandestini Il premier: «Uno tsunami umano» (sito internet di un quotidiano nazionale, 2 aprile 2011). Il risultato è stato quello di fare apparire dei profughi (e infatti otterranno il permesso di soggiorno umanitario) come una minaccia da temere. Il primo articolo all’inizio contiene informazioni palesemente false e fuorvianti e viola la Carta di Roma. Alla data di pubblicazione, il governo italiano aveva già accordato il permesso umanitario di sei mesi ai tunisini sbarcati fino al 5 aprile, i quali non potevano più essere considerati irregolari ma beneficiari di protezioneinternazionale. Men che mai si può dire che fossero clandestini, visto che gli arrivi dalle operazioni di soccorso in mare sono state trasmesse in mondovisione. Il budget previsto per i richiedenti asilo dell’emergenza Nord Africa ovviamente non è finito in tasca ai migranti, ma agli italiani che hanno gestito l’accoglienza. Si fa addirittura credere all’opinione pubblica che essere “clandestini” conviene. Mentre, al contrario, chi varca irregolarmente la frontiera fuggendo da guerre e persecuzioni lo fa perché non ha altra scelta e sa di andare incontro a ogni genere di pericolo, compreso il rischio di perdere la vita in mare.
Legata alla guerra in Libia del 2011 c’è stata una vera crisi migratoria: 790 mila lavoratori migranti hanno attraversato il confine libico, dirigendosi in massa verso gli stati africani confinanti, Egitto e Tunisia. Appena il 3,9% ha interessato le coste di Malta e dell’Italia. Se si sommano gli arrivi dei tunisini, nel 2011 sono arrivate circa 60 mila persone. Visti gli sconvolgimenti della primavera araba, la cifra è superiore alla media (nel 2008, gli arrivi a Lampedusa erano stati 31 mila), ma non l’annunciata e temuta apocalisse con “milioni” di persone pronte a riversarsi sulle nostre coste. L’espressione “tsunami umano” usata il primo aprile 2011 dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha avuto un forte impatto emotivo, considerato che neanche un mese prima tutti avevano visto in televisione le immagini del vero tsunami che aveva colpito il Giappone. I salvataggi vennero quindi associati a una sciagura nell’immaginario collettivo. L’espressione è figlia della “metafora naturale” con cui da tempo si descrivono le migrazioni come ondate. Potenti, distruttive, imprevedibili.
La parola clandestino non può essere usata come sinonimo di immigrato. Al contrario della credenza comune che vede la maggioranza dei migranti come clandestini, i regolari (oltre 5 milioni) sono dieci volte di più degli irregolari (500mila). Nel 2006 almeno il 63% degli stranieri è entrato in Italia legalmente, cioè dagli aeroporti. Gli immigrati che entrano irregolarmente in Italia sono una netta minoranza (il 36% della presenza immigrata irregolare secondo gli ultimi dati disponibili resi noti dal Viminale e riferiti al 2006), al cui interno è a sua volta minoritaria la quota di coloro che giungono via mare (il 13%). Secondo le stime del ministero dell’Interno, il 64% degli irregolari sono overstayers, scivolano nell’irregolarità in seguito alla scadenza del visto o del permesso di soggiorno.
Secondo il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), circa il 90% delle persone che richiedono protezione internazionale sono entrate in Europa in modo irregolare perché non hanno alternative. In base alla Convenzione di Ginevra il richiedente asilo non è un migrante irregolare anche se arriva senza documenti o in maniera irregolare. Quindi non è corretto definire approssimativamente clandestini i migranti che entrano in Italia in un container, nascosti dentro un tir, o sulle imbarcazioni di fortuna.
Clandestini si nasce o si diventa? È una domanda che è lecito porsi davanti alla notizia apparsa su uno dei principali quotidiani italiani che titola: “Due naufragi nel Mediterraneo. E' strage di clandestini”. In questo caso l’etichetta clandestini si riferisce a degli esseri umani che non hanno mai messo piede in Italia, perché purtroppo sono annegati in acque internazionali o marocchine. Sono morti prima di toccare non solo le coste, ma anche solo le acque italiane. Dunque non sono mai entrati in Europa da clandestini. Anche se questo articolo di cronaca risale al 2002, si tratta di una titolazione assai frequente negli ultimi anni.
Nel 2006 almeno il 63% degli stranieri è entrato in Italia legalmente, cioè dagli aeroporti, non clandestinamente. Nel 2007 per uno straniero arrivato a Lampedusa o sulle coste siciliane, il governo italiano ha chiesto l’ingresso di altri dodici stranieri per motivi di lavoro, disponendo l’ingresso di 170mila lavoratori e 80mila stagionali, a fronte di circa 20mila persone sbarcate clandestinamente.[1]
Non esistono cifre certe sulla presenza degli irregolari in Italia. Le stime più accreditate risalenti alla fine del 2010 parlano di circa 443mila stranieri irregolarmente soggiornanti in Italia, meno di uno ogni dieci regolari. Gli immigrati che entrano irregolarmente in Italia sono una netta minoranza (il 36% della presenza immigrata irregolare secondo gli ultimi dati disponibili resi noti dal Viminale e riferiti al 2006), al cui interno è a sua volta minoritaria la quota di coloro che giungono via mare (il 13%). Secondo le stime del ministero dell’Interno, il 64% degli irregolari sono overstayers, scivolano nell’irregolarità in seguito alla scadenza del visto o del permesso di soggiorno[2].
Secondo il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), circa il 90% delle persone che richiedono protezione internazionale sono entrate in Europa in modo irregolare. “Questi migranti non hanno altre alternative che tentare il pericoloso viaggio del mare per ottenere la protezione di cui hanno bisogno: sono rifugiati che scappano da guerre, violenze e persecuzioni – scrive il Cir - Ma le misure di controllo delle frontiere esterne dell’Unione e le politiche nazionali di molti paesi comunitari stanno rendendo impossibile per la maggioranza dei richiedenti asilo di entrare nel territorio dell’Unione in modo legale. Non solo, ma le persone che cercano di raggiungere l’Europa sono soggette a gravi violazioni dei diritti umani, soprattutto nei paesi di transito”[3].
In base alla Convenzione di Ginevra il richiedente asilo non è un migrante irregolare anche se arriva senza documenti o in maniera irregolare. Quindi non è corretto definire approssimativamente clandestini i migranti che entrano in Italia in un container, nascosti dentro un tir, o sulle imbarcazioni di fortuna via mare. In molti casi si tratta di potenziali richiedenti asilo.
[1] Faloppa F., Razzisti a parole (per tacer dei fatti), Editori Laterza, 2011
[2] Lai- momo e Idos, Comunicare l’immigrazione. Guida Pratica per gli operatori dell’informazione, 2012
[3] Rapporto “Exploring avenues for protected entry procedures in Europe”, che esamina il tema delle forme complementari di accesso all'asilo e alla protezione in Europa da Paesi terzi.
Sans papier in Francia, undocumented migrant workers, persone senza documenti, formula suggerita dalle Nazioni unite, ma anche espressioni come migranteirregolare, o senza permesso di soggiorno,certamente non hanno un forte impatto discriminatorio. Anche parole più semplici come migranti, lavoratori migranti evitano i pregiudizi. Il glossario “Migrazione e Asilo” di European Migration Nerwork non contempla la voce clandestino, perché il termine più corretto è migrante irregolare. Emn spiega che la Commissione Europea utilizza solitamente nel contesto giuridico la locuzione: “cittadino di un paese terzo presente o soggiornante irregolarmente”. Nei documenti ufficiali, la Commissione utilizza il termine “irregular migrant” in modo preferenziale rispetto ai sinonimi che si basano sull’aggettivo “illegal”. In lingua inglese, si fa riferimento al Consiglio d’Europa (2006): “illegal” è usato quando ci si riferisce a uno status o a una procedura, mentre “irregular” è riferito alle persone. Oltre oceano questa è anche la battaglia civile portata avanti da Jose Antonio Vargas, giornalista statunitense di origine filippina che a giugno del 2011, in un articolo uscito sul New York Times Magazine e poi pubblicato da Internazionale, confessò di essere un immigrato irregolare e di aver falsificato i suoi documenti. Vargas ha lanciato una campagna contro l’uso della locuzione immigrato illegale. “È una definizione che disumanizza ed emargina le persone”, ha spiegato durante una conferenza sull’informazione online a San Francisco, proponendo di sostituirla con undocumented worker, lavoratore senza documenti.
Il termine profugo è consigliato da Alberto Barbieri dell’Ong Medici per i diritti umani per indicare sia chi ha fatto richiesta d’asilo in Italia o ha già la protezione internazionale (e quindi rientra nel grande gruppo dei rifugiati), sia chi passa dall’Italia ed è diretto verso paesi in cui faranno richiesta d’asilo e la cui richiesta sarà accettata (soprattutto gli afgani), ma che nel momento in cui transita in Italia è in uno stato di invisibilità e di irregolarità perché non è turista e non è ancora richiedente asilo. “È molto generico dal punto di vista giuridico – dice Barbieri – ma dal punto di vista della lingua italiana ha un senso per descrivere la loro condizione umana e delle sofferenze che hanno patito”.
Clandestini si nasce o si diventa? È una domanda che è lecito porsi davanti alla notizia apparsa su uno dei principali quotidiani italiani che titola:
Due naufragi nel Mediterraneo
E' strage di clandestini”
Al largo della Libia affonda peschereccio: 12 morti, 56 dispersi
Sulle coste marocchine vicino al Sahara recuperati 32 corpi
In questo caso l’etichetta ‘clandestini’ si riferisce a degli esseri umani che non hanno mai messo piede in Italia, perché purtroppo sono annegati in acque internazionali o marocchine (nel caso di cui sopra). Sono morti prima di toccare non solo le coste, ma anche solo le acque italiane. Dunque non sono mai entrati in Europa da clandestini. Anche se questo articolo di cronaca risale al primo dicembre 2002, si tratta di una titolazione assai frequente negli ultimi anni.
Il 22 febbraio 2011 è da poco iniziato il flusso di profughi in fuga dopo gli sconvolgimenti sociali causati dalla primavera araba in Tunisia, Egitto e Libia. Sono sbarcati poche migliaia di profughi, ma già un quotidiano nazionale titola:
Clandestini fuori controllo E l'Italia teme l'invasione
Dopo l'intesa con Gheddafi sbarchi ridotti: da 36 mila nel 2008 a 3 mila nel 2010
All’interno dell’articolo si legge che “Gheffadi usava i clandestini come una clava”. Questo l’attacco del pezzo:
Scenari che si confondono con incubi. Che trascinano il presente in una stagione indeterminata di un tempo passato. Alla fine, Silvio Berlusconi era riuscito a imporre al leader Gheddafi l’intesa. A firmare quel controverso accordo che avrebbe risolto uno storico contenzioso, il «risarcimento» per il periodo coloniale italiano, e aperto un futuro di fruttuose relazioni economiche e politiche. E, soprattutto, chiuso il rubinetto dei flussi di clandestini che dalla Libia puntavano dritti a Lampedusa. E adesso all’improvviso tutto precipita. Senza che nessuno avesse lanciato l’allarme, avesse previsto gli scenari che si stanno rivelando drammatici.
La Libia in realtà è un paese di transito per la gran parte dei richiedenti asilo provenienti, ad esempio, dai paesi del Corno d’Africa (Somalia, Etiopia, Eritrea) dove ci sono guerre civili e dittature, che – come denunciato dal Cir – non hanno altro modo di arrivare in Europa e chiedere protezione internazionale se non il viaggio sui barconi nel Mediterraneo. La Libia non ha firmato la convenzione di Ginevra del 1951 sui diritti dei rifugiati e non ha una legislazione in materia di asilo. Nel 2010 le autorità del regime del colonnello Gheddafi hanno ordinato all'Agenzia Onu per i Rifugiati (UNHCR) di chiudere la propria sede a Tripoli e di lasciare il Paese, accusando il rappresentante Onu di avere commesso “attività illecite”. La Libia non ha nel proprio ordinamento un sistema per la richiesta e l'ottenimento dell'asilo politico. Quindi chiamare ‘clandestini’ gli immigrati in fuga dalla guerra in Libia o i potenziali rifugiati di paesi terzi provenienti da Tripoli, risulta scorretto in termini informativi.
Sempre sulla confusione fra potenziali richiedenti asilo/profughi e clandestini, di seguito un altro caso
L’11 marzo 2012 un’agenzia di stampa nazionale scrive:
“Immigrazione: scoperti 21 clandestini in porto Bari, arresto
Tutti afgani, sono stati rimpatriati”.
Si tratta di una doppia operazione di polizia nel porto del capoluogo pugliese. Dal testo apprendiamo che “Il primo gruppo di extracomunitari - 18 uomini di eta' compresa tra i 20 e i 27 anni - e' stato trovato nel rimorchio di un Tir. Altri tre immigrati - una famiglia composta da padre, madre e da un bimbo di tre anni - e' stata trovata su un'auto condotta da un cittadino bulgaro, che e' stato arrestato”. Dettagli che, insieme alla nazionalità dei migranti, tutti afghani fra cui una famiglia con un bambino piccolo, fanno capire che si tratta più che altro di profughi, in fuga dalla guerra in Afghanistan e dunque potenziali richiedenti asilo. Non è poi specificato in quale paese sarebbero stati rimpatriati, visto che difficilmente saranno stati portati a Kabul. Più probabilmente sono stati condotti in Grecia, paese di primo ingresso sulla rotta europea per molti profughi provenienti dai paesi asiatici.
L’Osservatorio antidiscriminazioni di Venezia, riporta in un dossier alcuni titoli di giornali locali che esemplificano l’associazione arbitraria fra il clandestino e il criminale.
Caccia ai covi dei clandestini
quotidiano locale, 14 ottobre 2011)
Controlli anti clandestini. Trovati solo regolari Senza riscontri di presenze di individui clandestini (…) l'obiettivo è stanare eventuali clandestini che possano risultare pericolosi per la comunità, alimentando attività di spaccio o furti.
(quotidiano locale, 4 febbraio 2012)
Il Sant’Elena sotto sequestro. Era un rifugio per senzatetto, clandestini e poco di buono, teatro di una sospetta violenza sessuale la scorsa estate
(quotidiano locale, 10 novembre 2011)
Troppi pregiudicati. Chiuso il “Bar centrale” Poi una serie di gestioni discutibili lo ha fatto conoscere come ritrovo di malviventi e clandestini.
(quotidiano locale 22 gennaio 2012)
La storia recente dell’Italia ha vissuto periodi particolarmente delicati per la convivenza civile fra popolazione e migranti. Uno di questi è stato sicuramente l’arrivo di profughi dal Nord Africa a causa delle rivoluzioni della Primavera araba nel 2011. Il flusso (in realtà per niente enorme) di migranti in fuga dagli sconvolgimenti politici in Tunisia, ricorda ciò che accade esattamente vent’anni prima con gli albanesi. Il crollo del regime ha fatto saltare il ‘tappo’ alla frontiera e una bella fetta di giovani si è riversata sull’Europa del benessere alla ricerca di condizioni di vita migliori, approfittando del varco temporaneo che si è creato durante la fase di vuoto di potere e sulla spinta del desiderio di libertà. In queste fasi, è particolarmente grave l’uso della parola clandestino che rischia di pregiudicare la coesione sociale e incitare all’odio, come nell’esempio che segue.
Incentivi a delinquere. Ai clandestini di Lampedusa 1.500 euro
Gli immigrati tunisini si beccano una diaria da 30 euro a testa e, per stare lontani dalla strada, possono svolgere lavori socialmente utili che vengono retribuiti. Non pagano affitti né bollette: alla fine intascano più loro dei nostri cassaintegrati.
INVESTIMENTO Chi ha investito i suoi averi in un viaggio dalla Tunisia su una carretta del mare, finisce per ammortizzare nel giro di un mese tutta la spesa
(quotidiano nazionale, 24 aprile 2011)
Abbiamo fatto i conti in tasca agli immigrati. Da un calcolo approssimativo e svolto per difetto, risulta che s’intaschino 1.500 euro al mese. Abbondanti ed esentasse, nel senso che non debbono pagare né l’affitto di casa né le utenze di luce e gas, hanno diritto all’assistenza sanitaria e a tutti servizi sociali. Ci pensa il Comune incui sono stati smistati, che elargisce loro una diaria giornaliera di 30 euro e in più deve provvedere a tenerli occupati, per evitare il vagabondaggio e la delinquenza. Allo scopo si fa scattare il meccanismo dei lavori socialmente utili. La retribuzione è scarsa, francamente, e difficilmente supera i 3 euro l’ora. Però, se si ha voglia di darsi da fare, si possono guadagnare quotidianamente 24 euro che, moltiplicati per 26 giorni lavorativi, fanno 624 euro. Se li si somma ai 900 euro spettanti di diritto, il totale è 1.524 euro al mese. Una bella sommetta. Un cassintegrato qualsiasi se la sogna. Mentre invece uno che ha investito i suoi averi in un viaggio dalla Tunisia su una carretta del mare, finisce per ammortizzare nel giro di un mese tutta la spesa affrontata. Ora va molto di moda chiamarli migranti economici, ma per il bilancio dello Stato non lo sono un granché. Tutto l’inghippo si nasconde dietro l’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 aprile scorso, che indica le «misure di protezione temporanea per i cittadini stranieri affluiti dai Paesi nordafricani». Non si dice mica quanti soldi si distribuiscono per l’emergenza. […]
Le informazioni contenute in questo articolo sono false e fuorvianti e il pezzo viola palesemente le regole della Carta di Roma (vedi). Ciò è reso ancora più grave dal fatto che è stato pubblicato nelle prime pagine del quotidiano e quindi è stata data grande enfasi a un’informazione completamente scorretta. Cominciamo dal titolo. Alla data di pubblicazione, il governo italiano aveva già accordato il permesso umanitario di sei mesi ai tunisini sbarcati fino al 5 aprile, i quali non potevano più essere considerati ‘irregolari’ ma beneficiari di protezione internazionale (vedi). Men che mai si può dire che fossero clandestini, visto che gli arrivi dalle operazioni di soccorso in mare sono state trasmesse in mondovisione. Il budget previsto per i richiedenti asilo dell’emergenza Nord Africa ovviamente non è finito in tasca ai migranti, ma agli italiani che hanno gestito l’accoglienza. Per approfondire la questione, leggi la voce emergenza. Si fa addirittura credere all’opinione pubblica che essere “clandestini” conviene. Mentre, al contrario, chi varca irregolarmente la frontiera fuggendo da guerre e persecuzioni lo fa perché non ha altra scelta e sa di andare incontro a ogni genere di pericolo, compreso il rischio di perdere la vita in mare.