L’omosessualità è definita dall’Enciclopedia Treccani come la “tendenza a rivolgere l’interesse libidico verso persone del proprio sesso, che può essere presente in forme e gradi diversi, ora latente e inconsapevole, ora manifesta e più o meno inibita o realizzata come pratica erotica”. Omosessuale è quindi chi pratica l’omosessualità. “In passato”, prosegue la definizione, “venivano utilizzati come sinonimi di omosessualità termini – come inversione, pederastia, neofilia, uranismo, pedofilia, sodomia, androginia, transessualismo, travestitismo, ermafroditismo – che designano fenomeni e comportamenti differenti”.
Una distinzione importante, su cui esiste una notevole confusione, è quello tra omosessualità, che è un orientamento sessuale, e transessualità, che riguarda l’identità di genere. Il glossario predisposto dall’Associazione Libellula, che opera in favore delle persone transessuali/transgender, sottolinea questo elemento nel definire l’omosessualità: “La persona omosessuale vive in modo soddisfacente la propria appartenenza al genere maschile o femminile e, anche quando presenta modalità espressive che comunemente vengono attribuite all’altro sesso, la persona non ha alcuna intenzione di intervenire per modificare i propri caratteri e attributi sessuali”.
A dispetto di rappresentazioni antiche e ancora ricorrenti, nessuna definizione di omosessuale e omosessualità contiene al suo interno elementi riferibili a disposizioni patologiche (vedi Malattia).
Per l’omosessualità femminile è usato anche il termine lesbismo (vedi Lesbica), che mette in rilievo la specificità dell’esperienza delle donne attratte da altre donne, anche sotto il profilo delle problematiche sociali che affrontano e delle discriminazioni a cui sono soggette.
La parola omosessuale nasce nella seconda metà dell’Ottocento, come eufemismo, componendo il greco omoios (affine, analogo) con la parola latina sexualis (sessuale)[1]. Colui che la coniò, il militante tedesco di origine ungherese Karol Maria Benkert, intendeva con ciò, introducendo un termine non stigmatizzante, respingere le diciture che sottolineavano (negativamente) la differenza tra omosessuali e resto della popolazione, alimentando la cultura repressiva e le leggi anti-sodomia.
Proprio per la sua “asetticità”, la parola si è affermata sul finire dello stesso secolo nel lessico di medici e psichiatri, diffondendosi in parallelo con il passaggio, descritto da Michel Foucault, dalla sodomia di concezione medievale all’omosessualità moderna: “la sodomia – quella degli antichi diritti civile e canonico – era un tipo particolare di atti vietati; il loro autore ne era soltanto il soggetto giuridico. L’omosessuale del XIX secolo, invece, è diventato un personaggio: un passato, una storia, e un’infanzia, un carattere, una forma di vita; una morfologia anche, con un’anatomia indiscreta e forse una fisiologia misteriosa. Nulla di quel che egli complessivamente è sfugge alla sua sessualità”[2]. L’omosessualità diventa oggetto di un nuovo interesse da parte della scienza medica, della psicoanalisi, del potere politico, dell’opinione pubblica.
In Italia la parola compare nel 1894, in un manuale di psichiatria. Da allora il suo uso è andato diffondendosi e radicandosi, consolidandosi nel linguaggio delle istituzioni e della comunicazione.
Sul finire del Novecento, gli attivisti per la liberazione sessuale hanno adottato il termine gay, affiancato in seguito da lesbica per le donne, preferendo queste diciture a quella di omosessuale, che era – e in parte ancora è – vissuta come una categoria di derivazione medico-psichiatrica, quindi incapace di esprimere la sovversione dei significati, il desiderio di darsi una rappresentazione nuova e non conforme al passato. Gay/lesbiche sono diventati quindi gli/le omosessuali consapevoli; a definirsi omosessuali sono rimasti i meno politicizzati e meno radicali.
Oggi, tuttavia, così come gay si è diffuso come termine perdendo il riferimento specifico alla militanza, così omosessuale è impiegato nel linguaggio quotidiano, giornalistico e istituzionale al di là del riferimento stretto al versante medico e psichiatrico, indicando anche uno stile di vita, un ambito di bisogni, interessi e diritti, e un motivo specifico di discriminazione.
La cronaca tende a sovraesporre la vita privata delle persone omosessuali coinvolte nei casi di cui si parla, inserendo elementi impropri e superflui come appunto il riferimento alle abitudini sessuali (vedi Gay). Accade poi, come nota Aurelio Mancuso di Equality Italia, che si propongano rappresentazioni equivoche di un presunto mondo omosessuale: “se in Italia avviene l’omicidio di una persona omosessuale subito si scrive ‘si indaga nel mondo omosessuale’ o ‘nel torbido mondo omosessuale’, che non significa niente perché non esiste un mondo omosessuale. È una formula che capisco dal punto di vista della vendita dei giornali, ma che è discriminatoria”.
Può accadere anche l’inverso, che l’omosessualità di una persona, specie se famosa, sia rimossa dal discorso, come nel discusso caso di Lucio Dalla. Alla morte del cantante, avvenuta il primo marzo del 2012, il compagno fu da molte fonti giornalistiche celato come tale e definito come “ amico” e “collaboratore”. A volte, quindi, la privacy viene usata per mascherare verità ritenute imbarazzanti, altre volte violata per associare l'omosessualità a fatti o concetti negativi.
[1] G. Dall’Orto, Le parole per dirlo... Storia di undici termini relativi all’omosessualità, in "Sodoma" n. 3, Primavera-estate 1986, pp. 81-95.
[2] M. Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano 1988.
Secondo l’indagine Istat su La popolazione omosessuale nella società italiana (2012), sono circa 1 milione i cittadini che si sono dichiarati omosessuali o bisessuali, il 2,4% della popolazione residente. La maggior parte di questi è di sesso maschile, è giovane e vive nel centro Italia. I dati non sono indicativi della effettiva consistenza della popolazione omosessuale, riferendosi come sottolinea l'Istituto "solo alla parte della popolazione che ha deciso di dichiararsi", ossia che ha fatto coming out.
Molte di più, circa 2 milioni, sono le persone che dicono di aver sperimentato nella propria vita l'innamoramento o i rapporti sessuali o l'attrazione sessuale per persone del proprio sesso.