Pornografia è la “trattazione o rappresentazione (attraverso scritti, disegni, fotografie, film, spettacoli, ecc.) di soggetti o immagini ritenuti osceni, fatta allo scopo di stimolare eroticamente il lettore o lo spettatore” (Vocabolario Treccani). Essendo connessa all'idea di tabù sessuale, la definizione di ciò che è pornografico è destinata a modificarsi nel tempo, in relazione alla trasformazione dei costumi sessuali, allo spostamento dei confini mobili tra il lecito e l’illecito.
Non deve quindi sorprendere che, nel momento in cui viene coniata, nel 1769, da Rétif de la Bretonne, la parola pornographie esprima esattamente la sua etimologia: pòrne graphía, “scrittura sulla prostituta”. Era allora, e sarebbe stata per ancora molto tempo, la “donna di piacere” l’emblema della donna sessualmente indipendente, quindi “deviante” rispetto alla norma e capace di offrire materiale narrativo per la scrittura pornografica[1]. Troviamo così, agli esordi del romanzo europeo, narrazioni “scandalose” in forma di memorie o epistolari delle avventure amorose ed erotiche di donne di facili costumi: Molly Flanders e Lady Roxana di Daniel Defoe, ma soprattutto Fanny Hill di John Cleland, un autentico precursore della letteratura pornografica nel senso in cui la intendiamo oggi.
Tra il XX e il XXI secolo l'immagine audiovisiva ha in gran parte soppiantato la carta stampata nel campo della pornografia. Dapprima con la diffusione di vhs e dvd, in seguito con la nascita e la proliferazione di siti internet dedicati, il consumo di prodotti pornografici è cresciuto enormemente, estendendosi oltre la fruizione passiva verso l'esperienza attiva del virtual sex. Anche il filone pornografico in letteratura conosce però attualmente una nuova fioritura, con la proliferazione di libri che “richiamano, espliciti, accoppiamenti eterodossi e situazioni immorali e oscene (almeno se paragonate agli usi e alle abitudini che sappiamo essere ritenuti leciti e ammessi nella nostra società”[2].
In Italia la produzione e la fruizione di materiali pornografici che coinvolgano persone maggiorenni sono permesse dalla legge. È invece vietata la pedopornografia, cioè il materiale che ritrae o rappresenta visivamente un minore implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita (vedi Pedofilo).
[1] R. Muchembled, L'orgasmo e l'Occidente. Storia del piacere dal Rinascimento a oggi, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006.
[2] S. Puccini, Nude e crudi. Femminile e maschile nell'Italia di oggi, Donzelli, Roma 2009, p. 131.
Sebbene sia legale, il consumo di materiali pornografici è soggetto a uno stigma sociale particolare, che riguarda più in generale le pratiche connesse all’industria del sesso, dalla prostituzione agli spettacoli erotici, fino al commercio e acquisto di gadget, farmaci, sex toys e, appunto, video e immagini porno.
Talvolta, proprio a causa del tabù che circonda la rappresentazione di atti sessuali espliciti, la pornografia è impropriamente associata all’omosessualità attraverso lo stereotipo che vorrebbe le persone Lgbt dotate di una sessualità sfrenata (vedi Gay). Si possono menzionare i casi suscitati dai filtri anti-pornografia introdotti per la navigazione in Internet da alcuni enti pubblici: come ha denunciato l’associazione radicale Certi Diritti[1], i filtri hanno finito per bloccare anche l’accesso ai siti di informazione Lgbt, rivelando l’associazione istituita dai controllori tra parole chiave come gay o Lgbt e quelle relative al porno online.
[1] Cfr.: Il Comune di Milano blocca i siti gay, 7 febbraio 2012, http://www.lastampa.it; Regione, stop ai siti di news gay. Classificati come pornografici, 17 novembre 2010, http://roma.repubblica.it