Parlare di identità di genere significa presupporre una distinzione ormai classica introdotta dai women's studies: quella tra sesso e genere (vedi Genere). Separando la biologia degli apparati sessuali dal complesso di elementi psicologici, sociali e culturali che determinano l'essere uomo o donna, questa distinzione apre infatti la strada a una concezione autonoma dell’appartenenza di genere, non necessariamente coincidente con la fisionomia degli apparati genitali.
L'identità di genere è quindi il riconoscimento di se stessi come appartenenti al genere maschile o femminile, ciò che permette alla maggior parte delle persone di dire: “Io sono un uomo, io sono una donna”, indipendentemente dal sesso anatomico di nascita.
Nella maggioranza delle persone, il sesso biologico e l'identità di genere coincidono; in altre no. Le persone transessuali sentono di appartenere al genere opposto a quello a cui le assegnerebbero i loro caratteri sessuali. Altre persone non sentono di appartenere in maniera così rigida né all'uno né all'altro genere, e si riconoscono come transgender.
Sono comuni, nell'uso giornalistico, alcune confusioni. La principale è quella tra identità di genere e orientamento sessuale.
Le persone lesbiche e omosessuali, pur provando attrazione per persone dello stesso genere, non hanno il desiderio né la convinzione di appartenere al genere opposto né quindi l'intenzione di intervenire per modificare i propri caratteri ed attributi sessuali. Una persona che vive un disturbo dell'identità di genere può, al contrario, essere tanto eterosessuale quanto omosessuale o bisessuale. Il sentimento di appartenenza a un genere è quindi altra cosa dall'orientamento sessuale.
Altra cosa dal disturbo dell'identità di genere sono anche il travestitismo e ilfeticismo da travestimento (vedi Transessuale).