Non si parla spesso dell’assistenza sanitaria per gli stranieri irregolari, ma il ‘caso’ è salito alla ribalta in occasione del primo pacchetto sicurezza approvato nel 2009. Al centro della battaglia sui cosiddetti ‘medici spia’ c’erano le poche righe che, sempre all’articolo 35 del T.U. immigrazione, garantiscono il divieto di segnalazione: “L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. Si tratta di una norma di grande civiltà che permette ai migranti irregolari di curarsi nelle strutture pubbliche senza dover temere di essere denunciati alla polizia in quanto privi del permesso di soggiorno. Questo garantisce il rispetto del diritto alla salute per tutti gli individui sancito dall’art.32 della Costituzione e ne guadagna la salute pubblica generale perché si evita che ci siano focolai di malattie non curate.
Nel corso della discussione parlamentare sul primo pacchetto sicurezza, nel febbraio 2009 il Senato approva la proposta della Lega Nord di abrogare il divieto di segnalazione. Questo voto, espresso a larga maggioranza, scatena le proteste del mondo sanitario e della società civile. Nasce una campagna di opposizione con lo slogan “Siamo medici e infermieri non siamo spie”. Lo schieramento comprende gli ordini professionali dei medici, degli assistenti sociali, degli psicologi, i collegi degli infermieri e delle ostetriche, alcune società scientifiche e facoltà universitarie, nonché tutte le forze sindacali, le organizzazioni non governative e le organizzazioni laiche e religiose (tra cui la Chiesa cattolica), diverse Regioni (di cui 10 con atti formali) e singole aziende sanitarie[1]. Il 27 aprile 2009 l’articolo del disegno di legge viene stralciato, dopo che anche 101 parlamentari della stessa maggioranza che aveva approvato il testo ne chiedono il ritiro con una famosa lettera. Ancora per mesi regnano la confusione tra i medici e il timore tra gli immigrati. Infatti, l’approvazione finale del pacchetto sicurezza ( legge n. 94 del 15 luglio 2009 recante ‘Disposizioni in materia di sicurezza pubblica’) introduce nell’ordinamento italiano il reato di ingresso e soggiorno illegale, e pertanto obbliga i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio alla denuncia. Dopo altre azioni istituzionali di Regioni e Province e delle associazioni, tra cui la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, Medici Senza Frontiere, l’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale e l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, arriva infine il 27 novembre 2009 la circolare chiarificatrice del prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno. La circolare ricorda che la nuova legge 94 non ha abrogato l’art. 35 e di conseguenza continua a trovare applicazione, per i medici e per il personale che opera presso le strutture sanitarie, il divieto di segnalare alle autorità lo straniero irregolare che richieda prestazioni sanitarie.
[1] Per ripercorrere la vicenda cronologicamente, cfr: www.saluteinternazionale.info, “Noi non segnaliamo. La vittoria degli anticorpi (della ragione e della democrazia)”, 27 gennaio 2010 di Salvatore Geraci e Maurizio Marceca. Si tratta di un blog sostenuto da il Laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica di Roma, promosso e coordinato da Gavino Maciocco (Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di Firenze).
Vediamo qui un primo esempio di come è stata riportata la notizia dell’approvazione al Senato della norma sui ‘medici spia’. L’articolo (di cui proponiamo lunghi stralci) dopo il resoconto delle decisioni dell’aula parlamentare, si limita a mettere in fila le reazioni pro e contro la legge. Non viene fornita una spiegazione al lettore sull’importanza delle cure per chi non ha il permesso di soggiorno e non viene fatta alcuna distinzione fra immigrati irregolari e clandestini (confronta il significato e l’uso dei due termini).
Dal Senato via libera al ddl sulla sicurezza
I medici possono denunciare i clandestini
SÌ ANCHE A TASSA SUL PERMESSO DI SOGGIORNO, RONDE DEI CITTADINI E REGISTRO DEI SENZATETTO
Passa l'emendamento della Lega. Pd all'attacco: «Idea inumana e razzista». I vescovi: nessuna denuncia
(edizione online di un quotidiano nazionale, 5 febbraio 2009)
ROMA - Il Senato ha approvato il disegno di legge sulla sicurezza che ora passa all'esame della Camera. I voti a favore sono stati 154, 114 i contrari. Tra i punti principali la tassa sul permesso di soggiorno (potrà andare dagli 80 ai 200 euro), la schedatura dei senzatetto, la possibilità per i medici di denunciare i clandestini, la legalizzazione delle ronde di cittadini non armate.Mercoledì governo e maggioranza erano stati battuti tre volte. La Lega esulta, l'opposizione attacca parlando di «norme vergogna» e «anti-umanitarie». Per Walter Veltroni «quella dei medici-poliziotti è un'idea inumana e razzista». Rifondazione comunista e la Cgil invitano i medici all'obiezione di coscienza.
EMENDAMENTO LEGHISTA - I medici dunque potranno denunciare gli stranieri irregolari. Il Senato ha approvato l'emendamento presentato dalla Lega, primo firmatario il capogruppoFederico Bricolo, che cancella la norma secondo cui il medico non deve denunciare lo straniero clandestino che si rivolge alle strutture sanitarie pubbliche. Duro attacco dell'opposizione, che aveva chiesto il voto segreto perché l'emendamento, secondo Giovanni Procacci (Pd), «è in palese violazione della Costituzione». Il presidente del Senato Schifani ha respinto la richiesta e si è proceduto con il voto elettronico: i sì sono stati 156, 132 i no, un astenuto.
I VESCOVI: «NESSUNA DENUNCIA» - «Noi continueremo ad aiutare poveri immigrati non regolari». È la posizione della Chiesa, espressa da monsignor Domenico Segalini, vescovo di Palestrina e segretario della commissione Cei (Conferenza episcopale italiana) per le migrazioni. «Le indicazioni che daremo sono quelle del rispetto delle leggi, ma al di sopra di tutto c'è il rispetto della salute. È grave che una persona in pericolo di vita non vada a farsi assistere per paura di essere denunciata. Compito di un medico è quello di assistere chi soffre senza guardare alla religione, al colore della pelle o se è un condannato a morte».
«MEDICI RIDOTTI A DELATORI» - Prima del voto l'opposizione si era appellata al buonsenso per non introdurre una norma che «riduce il medico a fare il delatore», costringendo i clandestini a «non farsi curare per paura». Il senatore Daniele Bosone ha detto che questa norma «straccia il codice deontologico dei medici» e si corre «il concreto rischio di incentivare una medicina parallela che gli illegali utilizzeranno per non trovarsi a essere denunciati se vanno in ospedale o da un medico». […]
SCHIFANI - A difendere l'emendamento è stato il presidente del Senato Renato Schifani rispondendo proprio alle critiche dell'opposizione e motivando così il no alla richiesta di voto segreto: se la norma «violasse o impedisse la possibilità di accedere al servizio sanitario nazionale - ha spiegato -, allora sarebbe un mancato rispetto della persona umana, ma questa norma non impedisce allo straniero di presentarsi presso le strutture del sistema sanitario nazionale». Il leghista Bricolo ha replicato con durezza alle rimostranze del Pd: «Voi siete i razzisti, sempre e comunque dalla parte degli stranieri, prima degli italiani onesti che pagano le tasse. È la nostra legge, e non ci sfiorano le critiche. Da oggi sulla sicurezza si cambia rotta: abbandoniamo il buonismo fallimentare dei governi precedenti, d’ora in poi sarà lotta dura all’immigrazione clandestina e alla criminalità».
IL TESTO UNICO - L'emendamento al ddl sicurezza approvato da Palazzo Madama sopprime il comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, ossia il Testo unico di disciplina dell'immigrazione. L'articolo in questione recita: «L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano». […]
MEDICI CONTRARI - La norma incontra anche la contrarietà degli addetti ai lavori. Il presidente della federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) Amedeo Bianco parla di «norma che va contro l'etica e la deontologia e che si potrebbe rivelare un boomerang sul piano della salute pubblica». Va all'attacco anche il presidente dell'Ordine dei medici di Udine Luigi Conte: «Non diventeremo mai dei delatori. La medicina deve restare libera e indipendente. Saremo vicini e sosterremo tutti i medici che non denunceranno i clandestini». Durissimo il commento di Medici senza Frontiere, secondo cui in questo modo viene minato il diritto alla salute. «Una scelta che sancisce la caduta del principio del segreto professionale per il personale sanitario volto a tutelare il paziente come essere umano, indipendentemente da ogni altra considerazione. Potrebbe provocare una pericolosa marginalizzazione sanitaria di una fetta della popolazione straniera presente sul territorio» dice Kostas Moschochoritis, direttore generale di MSF Italia. L'organizzazione, tra i promotori della campagna «Non siamo spie», ha fatto appello alla Camera perché riveda la norma. E Gino Strada, medico e fondatore di Emergency: «Anche di fronte all'inciviltà sollecitata da una norma stolta prima ancora che perversa, sono certo che i medici italiani agiranno nel rispetto del giuramento di Ippocrate, nel rispetto della Costituzione e della Dichiarazione universale dei diritti umani».
MONDO CATTOLICO - I medici cattolici italiani si dicono contrari all'emendamento: «È una cosa molto grave - dice Vincenzo Saraceni, presidente dell'Associazione medici cattolici italiani - perché un conto è denunciare un criminale, un conto un clandestino. Mi auguro che i medici non ricorrano a questa possibilità. La speranza è che in sede parlamentare ci siano modifiche a una norma ingiusta». […]
L'ARTICOLO "ANTI-CLANDESTINI" - L'articolo 39 del ddl sicurezza - che include anche la norma sui medici - prevede inoltre il carcere fino a quattro anni per i clandestini che restano in Italia nonostante l'espulsione e fissa tra gli 80 e i 200 euro la tassa sul permesso di soggiorno. L'articolo è passato con voto segreto: 154 i sì, 135 no e un astenuto.
Anche qui l’unico termine usato è ‘clandestina’ per definire una madre in attesa di regolarizzazione che ha partorito in un ospedale di Napoli ed è stata denunciata dai medici ancora prima dell’approvazione della legge. Si tratta di un termine scorretto in un caso come questo perché all’interno del reportage è spiegato che la donna ivoriana ha fatto richiesta d’asilo e ricorso ma è stata diniegata per due volte. Non si tratta dunque di una persona che è rimasta ‘nascosta’ alle autorità.
Clandestina denunciata dai medici dopo il parto al Fatebenefratelli
Un fax alla polizia contro una madre clandestina della Costa d'Avorio. Ma la contestata legge non è ancora in vigore
(edizione online locale di un quotidiano nazionale, 31 marzo 2009)
Ora Abou sorride in una culla povera, dentro le case-alveare per immigrati clandestini o regolari di Pianura. È un neonato nero che non sa di avere ventisei giorni di vita e, alle spalle, già un'amara esperienza del mondo. Abou è il volto di un caso politico e sociale. Forse la prima volta in Italia in cui una norma - quella voluta dalla Lega nel pacchetto sicurezza, quella che invita i medici a denunciare i pazienti senza permesso di soggiorno: ma a tal punto controversa da avere spaccato persino i compattissimi deputati del Pdl - è stata applicata prima ancora di diventare tale.
"Un caso illegittimo, gravissimo", denuncia l'avvocato napoletano Liana Nesta. "Delle due l'una - aggiunge il legale - o nell'ospedale napoletano Fatebenefratelli c'è un medico o un assistente sociale più realista del re che ha messo in pratica una legge non ancora approvata dagli organi della Repubblica; oppure qualcuno ha firmato un abuso inspiegabile ai danni di una madre e cittadina". Una storia su cui promettono battaglia anche gli operatori dell'associazione "3 febbraio", da sempre al fianco degli immigrati, anche clandestini, per le battaglie di dignità e rispetto.
La storia di Abou e di sua madre K. è il percorso sofferto di tante vite clandestine, costantemente in bilico tra vita e disperazione, morte e rinascita. K. è vedova di un uomo ucciso, quattro anni fa, dalla guerra civile che dilania la Costa d'Avorio e la sua città di Abidjan. Rifugiatasi in Italia nel 2007, inoltra subito richiesta di asilo politico, che le viene negato due volte: e attualmente pende il ricorso innanzi al Tribunale di Roma contro quella bocciatura.
Intanto, stabilitasi a Napoli, K. si innamora di un falegname di Costa d‘Avorio, resta incinta, si fa curare la gravidanza difficile presso l'ospedale San Paolo, con sé porta sempre alcuni documenti e la fotocopia del passaporto, trattenuto in questura per un'istanza parallela di permesso di soggiorno, non ancora risolta.
Quando - il 5 marzo scorso - K. arriva all'ospedale Fatebenefratelli per partorire il suo bimbo ("al San Paolo non c'era un posto"), dal presidio sanitario scatta un fax verso il commissariato di polizia di Posillipo che chiede "un urgente interessamento per l'identificazione di una signora di Costa d'Avorio". Ovvero: la denuncia. Esattamente ciò che la contestatissima norma - voluta dalla Lega nell'ambito del pacchetto sicurezza, e già approvata al Senato - chiede. Proprio il nodo che ha provocato il dissenso di un centinaio di deputati del Pdl, lo scorso 18 marzo. In testa, la deputata Alessandra Mussolini, che guidava la rivolta con un esempio-limite: "Far morire una donna clandestina di parto perché non può andare in ospedale altrimenti i medici la denunciano? Eh, no. Inaccettabile".
Aggiunge l'avvocato Nesta: "Siamo di fronte a un'iniziativa senza precedenti. Non è mai accaduto che una donna extracomunitaria, che si presenta al pronto soccorso con le doglie, ormai prossima al parto, venga segnalata per l'identificazione" […]
Infine, riportiamo un ultimo articolo in cui a spiegare che la norma voluta dalla Lega Nord è controproducente perché alimenterebbe i rischi per la salute di tutti, non solo dei migranti, è addirittura il prefetto Morcone, in quel momento a capo dell’Immigrazione per il ministero dell’Interno.
Prefetto Morcone: «Inutile la norma sui medici-spia»
(edizione online di un quotidiano nazionale, 22 aprile 2009)
La norma che consente ai medici di denunciare gli immigrati clandestini «non è ritenuta utile ai fini del contrasto all'immigrazione clandestina». La contestata disposizione, contenuta nel disegno di legge sulla sicurezza in discussione alla Camera, è stata giudicata così dal prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento delle Libertà civili e Immigrazione del Viminale, nel corso di un'audizione informale davanti alla commissione Giustizia della Camera.
Il prefetto Morcone, del resto, ha ricordato che nel testo originario del provvedimento governativo quella disposizione non c'era, ma è stata poi introdotta nel dibattito al Senato. Non solo: il capo del Dipartimento Libertà civili ha osservato che la norma sui medici, «al contrario, può indurre ad amplificare percorsi assistenziali sommersi di dubbia professionalità». […]