Lavoro sessuale è la traduzione del termine inglese sex work, che indica non solo l’attività di prostituzione ma può essere riferita a molteplici attività, a tutte quelle in cui, dietro retribuzione, si usano la sessualità e l’immaginario erotico a scopi ricreativi e di intrattenimento, in spazi reali o virtuali.
Si chiamano perciò lavoratrici e lavoratori sessuali coloro che svolgono professioni connesse al mercato del sesso.
Nell’attivismo delle reti transnazionali per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso, sex work ha sostituito il termine prostitution, vissuto come più stigmatizzante e meno adeguato a descrivere una realtà variegata ed estesa come quella del mercato del sesso. Anche in italiano, lavoro sessuale è una locuzione che si presenta più inclusiva, ed è pertanto privilegiata dal Comitato per i diritti civili delle prostitute.
Il suo ingresso nel linguaggio comune è piuttosto recente. I media italiani utilizzano talvolta questa espressione quando traducono l’inglese sex work o quando descrivono fenomeni connessi al mercato del sesso che si discostano dagli stereotipi della prostituzione di strada. Ne sono un esempio i fenomeni di lavoro sessuale part time di studentesse o casalinghe, o le prestazioni sessuali offerte attraverso il web (virtual sex, video chat erotiche…). Quando insomma le descrizioni si discostano dalla rappresentazione miserevole del lavoro di strada anche il linguaggio va in cerca di termini sostitutivi. Resta tuttavia un uso saltuario e minoritario, soprattutto nei titoli, in cui ricorrono molto più di frequente espressioni come “prostituzione part time”, “prostituzione studentesca”, “prostituzione via web” ecc.
Anche lavoratrice/lavoratore sessuale è una locuzione quasi assente dal linguaggio giornalistico, dove è normalmente sostituita dai termini prostituta, lucciola, passeggiatrice, oppure escort, squillo quando l’oggetto del discorso è il settore più autonomo e redditizio del mercato del sesso.
Al pari di sex worker, è invece il termine privilegiato dalle persone che operano nel mercato del sesso ed è la nostra alternativa consigliata al termine prostituta, che è gravato da uno stigma secolare quindi connotato più negativamente.
L’uso di questa famiglia di termini connessi a lavoro sessuale deve essere promosso in senso anti discriminatorio: non solo, quindi, per indicare i fenomeni che stridono maggiormente con le rappresentazioni comuni della prostituzione, ma anche per riconoscere pari dignità ai soggetti coinvolti, in varie forme, nel mercato del sesso.