Il termine inglese sex worker è entrato nell’uso italiano in seguito alla crescita di consapevolezza rispetto all’azione dei movimenti transnazionali per i diritti di lavoratrici e lavoratori del sesso.
A partire dalla metà degli anni ’70, nei paesi di lingua inglese, l’attivismo delle organizzazioni delle/i sex worker ha imposto la sostituzione di questo termine al vecchio prostitute, vissuto come stigmatizzante. Come recita l’Encyclopedia of Prostitution and Sex Work, “Sex work è stato concepito come un termine non stigmatizzante, privo della caratterizzazione negative dei termini puttana o prostituta. Il punto era veicolare l’idea di una professionalità del lavoro sessuale, contro la svalorizzazione compiuta da gran parte della società”.
Il termine compare quindi oggi in tutti i documenti che affermano i diritti delle lavoratrici e delle lavoratori del sesso, come il Sex Workers in Europe Manifesto e la Dichiarazione dei diritti delle/i sex workers in Europa, firmata a Bruxelles nel 2005 da rappresentanti di organizzazioni di 30 paesi.
In ambito giornalistico viene impiegato per lo più in riferimento alle azioni politiche e dimostrative di questi movimenti, meno frequentemente come sinonimo di prostituta. Questo secondo uso è diffuso prevalentemente in ambienti militanti per i diritti delle donne e delle persone LGBT.
Essendo ormai entrato nel linguaggio dei movimenti e delle organizzazioni internazionali, sex worker è un termine che può essere impiegato anche in italiano come sinonimo di lavoratrice/lavoratore del sesso.