Prostituzione trans(essuale)
Quello descritto come prostituzione transessuale, o più spesso prostituzione trans, è il settore del mercato del sesso italiano in cui operano persone che hanno effettuato o stanno effettuando un adeguamento dei caratteri sessuali verso il genere opposto al proprio: si tratta normalmente di “MtF” – Male to Female – persone di sesso biologico maschile che sentono di essere donne e intervengono di conseguenza sul proprio corpo.
In anni recenti, le cronache e le inchieste se ne sono occupate con una particolare attenzione, specialmente in concomitanza con lo scoppio di scandali sessuali che hanno coinvolto politici e altre personalità pubbliche, il più celebre dei quali è quello che ha coinvolto l’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo, nell’autunno del 2009. Pochi sono stati però i tentativi di esplorare e descrivere in modo non superficiale questo settore del mercato del sesso, come più in generale la vita delle persone transessuali in Italia.
La scarsa conoscenza del fenomeno si riflette nel linguaggio giornalistico, che nella narrazione di fatti di cronaca che coinvolgono persone transessuali commette alcuni errori ricorrenti.
Il primo e il più diffuso riguarda il genere dell’articolo: un transessuale o una transessuale? Un trans o una trans? La scelta cade con più frequenza sul maschile: es. Fermate due prostitute e un trans, oppure Aggredito un transessuale brasiliano… Questo, a dispetto del fatto che a lavorare nel mercato del sesso siano persone che – anche se non hanno completato l’operazione di riattribuzione chirurgica del sesso – manifestano caratteri fisici, abbigliamento e atteggiamenti visibilmente femminili. Ne derivano spesso anche situazioni di discordanza tra il genere di articoli, nomi e aggettivi all’interno dei testi. Vale quindi anche qui, come più in generale nell’uso del termine transessuale, il principio: si declina al femminile se si tratta di “Male to Female”, al maschile se si tratta di “Female to Male”.
Il secondo problema è quello della confusione e sovrapposizione tra i termini transessuale, travestito (vedi Transessuale), viado. Viado è un termine di origine brasiliana che viene frequentemente impiegato nelle cronache in riferimento alle persone transessuali che esercitano la prostituzione sulle strade. Nella lingua madre, nasce come contrazione di transviado, che significa "deviato", "pervertito" e contiene quindi una connotazione fortemente dispregiativa. Connotazione che ha mantenuto anche nell’uso italiano, nonostante la perdita del riferimento diretto alla forma originaria.
Il terzo problema che si può menzionare è quello che riguarda la tendenza a sovrapporre in toto il fenomeno della prostituzione transessuale con quello della transessualità: ovvero, la tendenza dell’informazione, anche a causa dell’invisibilità dell’identità transessuale nel discorso pubblico, a fare della sex worker transessuale l’unica immagine disponibile, da cui deriva il luogo comune per cui tutte le transessuali si prostituiscono. Si tratta invece di una parte minoritaria delle persone transessuali che vivono in Italia.
“Se la gente percepisce le trans come parte (e solo come parte) del mondo della prostituzione, la colpa è delle insulse categorizzazioni degli organi di informazione”, è il J’accuse di Francesca Eugenia Busdraghi, presidente di Azione Trans[1]. Che continua: “quando si parla di persone transessuali, si cerca sempre il torbido e le si dipinge come fenomeni da baraccone, volgari ed ignoranti. Ebbene, per una volta parliamone correttamente: c’è anche chi, come la scrivente, si mette il tailleur e va a lavorare in ufficio e ha la sua piccola fetta di ordinarietà e il suo sacrosanto diritto alla rispettabilità sociale, come essere umano e come donna (che sia operata o meno). Ci si dovrebbe semmai interrogare su quanta difficoltà queste persone abbiano a trovare un lavoro e con quanti sacrifici vivano una vita onesta e pari a quella di qualsiasi altro cittadino”.
Esiste anche il luogo comune per cui la scelta della prostituzione nasce per le trans dal bisogno di confermare o affermare la propria femminilità, ma le costrizioni che subiscono molte di loro e il difficile inserimento in altri settori del mercato del lavoro rendono questa rappresentazione molto parziale e discutibile.
[1]Le trans non fanno le prostitute per natura e sognano vite più normali, pubblicato sul blog “Libertiamo”, 27 ottobre 2009.
La prostituzione transessuale è fenomeno complesso. In genere è rappresentata come una pratica che avviene soprattutto sulle strade della città – che sono i luoghi di massima visibilità – e che coinvolge prevalentemente persone che provengono dal Sud America, in particolare dal Brasile. In realtà, viene esercitata sia all’aperto sia al chiuso, e da persone di tutte le nazionalità.
Secondo le stime dell’associazione Free Woman[1], in Italia vivono 40.000 transessuali, e 10.000 vivono prostituendosi. Sarebbero quindi circa il 20% del totale delle persone che lavorano nel mercato del sesso. Di queste, il 60% è di origine sudamericana: Brasile, Colombia, perù, Argentina, Ecuador. Molte sono anche le italiane.
Un tempo ritenuta totalmente libera, la prostituzione transessuale immigrata si è invece rivelata, grazie agli studi sul campo e al lavoro del terzo settore[2], sottoposta a varie e variamente gravi forme di tratta e sfruttamento: raggiri e inganni alla partenza, con promesse di carriere nel mondo dello spettacolo; debiti con le sfruttatrici (chiamate “cafetine” in gergo brasiliano) che oscillano tra i 14.000 e i 20.000 euro; anni di vita e lavoro in condizioni miserevoli, sostenendo spese ingenti, dal prezzo del marciapiede agli ormoni e agli interventi di modellamento del corpo: protesi al seno, fianchi, glutei, depilazione definitiva ecc.
I costi di questi interventi – spesso effettuati al di fuori dei circuiti ufficiali della medicina estetica – sono tali da rendere il lavoro sessuale una scelta obbligata. E, inversamente, il lavoro sessuale rende necessario un continuo intervento sul corpo per compiacere la clientela.
Molti sono inoltre gli episodi di violenza che colpiscono le persone transessuali che lavorano nel mercato del sesso, principalmente per mano dai clienti, come documentano le testimonianza raccolte da Laura Spizzichino[3].
Le immigrate, anche volendo liberarsi dalla morsa del debito e dello sfruttamento, si scontrano con la grande difficoltà di trovare un altro lavoro in Italia, difficoltà che affrontano del resto tutti i transessuali, dati i grandi pregiudizi che circondano la transessualità. Alle persone transessuali immigrate vittime di tratta e sfruttamento si estendono ovviamente gli strumenti di protezione previsti dalla normativa italiana: articolo 18 del Testo Unico sullì’immigrazione.
[1] G. Carrisi, La fabbrica delle prostitute, Newton Compton, Roma 2011.
[2] Cfr.: Ala Milano Onlus, La prostituzione Transessuale: analisi di un intervento, Uni – Service Editore, Trento 2008; Icmdp, Study on the assessement of the extent of different types of trafficking in human being in EU countries, Icmdp, april 2010.
[3] L. Spizzichino, La prostituzione. Il fenomeno e l'intervento psicologico, Carocci, Roma 2010..
Prostituzione/lavoro sessuale di persone transessuali/transgender
È consigliato l’uso di persone transessuali o persone transgender quando si descrive il fenomeno in termini generali. Quando si racconta la storia di una/un sex worker transessuale è invece bene partire dal modo in cui lei/lui preferisce definirsi, per rispetto delle differenze che esistono nei modi in cui gli individui affermano e comunicano la propria identità di genere.
L’identità di genere resta invece spesso irrisolta, nella trattazione degli scandali collegati alla prostituzione transessuale, producendo effetti grotteschi. Un esempio:
“Marrazzo stipendiava un trans”
Gli inquirenti: testimonianze sconvolgenti. Due a settimana gli appuntamenti sessuali
(quotidiano nazionale, 25 ottobre 2009)
Trans è declinato al maschile (un). Le testimonianze sono dette sconvolgenti, dato il grande clamore che suscita il ricorso ai servizi sessuali di persone transessuali, superiore a quello che deriva dalla frequentazione di donne che esercitano la prostituzione. Leggendo oltre nell’articolo, si scopre che il trans si chiama Brenda, e comincia l’oscillazione tra maschile e femminile: Brenda è stata prelevata dal Ros… per essere sentita:
Uno dei trans di via Gradoli, Brenda, secondo le testimonianze di altri trans, raccontava che voleva vendere un video nel quale Marrazzo era ripreso con due trans. E ieri Brenda è stata prelevata dal Ros nel suo appartamento di via Due Ponti, per essere sentita: «Non ho mai avuto rapporti con Marrazzo, si è visto da queste parti ma io non so niente».
Altri articoli presentano problemi di discordanza ancora più eclatanti, nonché ulteriori elementi di confusione. Protagonista è ancora una volta Brenda, trovata morta a poche settimane dallo scoppio del “caso Marrazzo” e il pezzo compare sul sito di un altro quotidiano nazionale:
L'autopsia conferma: il trans Brenda è morto per asfissia da ossido di carbonio
Il viado ucciso da esalazioni da fumo per un rogo nel suo seminterrato. Sul suo corpo nessuna lesione
L'autopsia compiuta sul cadavere di Brenda, il transessuale coinvolto nella vicenda del video-ricatto all'ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, trovata morta venerdì nel suo appartamento a Roma, ha confermato che il decesso è avvenuto per asfissia da ossido di carbonio sprigionatosi nell'incendio divampato nella sua abitazione. […]
(quotidiano nazionale, 9 novembre 2009)
Il trans Brenda è morto. Ma poche righe dopo il transessuale è trovata morta. In più, nel sommario, Brenda è chiamata viado, termine carico di connotazione dispregiativa, che pone anche la sua morte sotto una luce sinistra, suggerendo l’idea che sia un destino quasi ineluttabile per chi appartiene a un mondo descritto insistentemente come torbido. Torbido è d’altronde uno degli aggettivi più frequentemente impiegato per descrivere vicende o gli ambienti collegati alla prostituzione transessuale.