Per i titolari di protezione sussidiaria e umanitaria valgono le regole deontologiche che esistono per rifugiati e richiedenti asilo: negli articoli e nei servizi giornalistici non devono essere identificati, le loro generalità e i volti non possono essere diffusi. Queste definizioni tecniche sono poco frequenti sui media ma vanno conosciute e utilizzate dagli operatori dei media, per dare un’informazione accurata e precisa. È importante non confondere i termini e rispettare le distinzioni: beneficiario di protezione umanitaria, rifugiato, migrante irregolare, non sono sinonimi. Spesso il mancato uso di queste locuzioni è la spia del fatto che si preferiscono parole più corte come ‘migrante’ o ‘immigrato’, o parole sensazionalistiche senza corrispondenza giuridica (clandestino), fornendo una comunicazione fuorviante, superficiale e scorretta. Come vediamo dalla scheda dati, non conoscere e non usare i termini protezione sussidiaria/umanitaria significa non rappresentare la fetta più ampia della questione dell’asilo in Italia e in Europa.
Frasi fatte
Mito: Chi ha la protezione internazionale è arrivato sui barconi e quindi è clandestino
Chi subisce una persecuzione e ha diritto allo status di rifugiato e chi scappa da violenze e conflitti, per fare richiesta di protezione internazionale deve prima arrivare fisicamente nel territorio italiano, ma non ha un modo legale per farlo. Per questo solitamente queste persone, spesso intere famiglie in fuga, si rivolgono ai trafficanti di uomini per salvarsi. L’unico modo legale per evitare tutto ciò è il reinsediamento (o resettlement) dai campi profughi. Ma un Paese come l’Italia ha pochissimi casi di reinsediamento, politica molto più frequente negli Stati del Nord Europa.
Il diritto d’asilo (vedi), previsto dall’articolo 10 comma 3 della nostra Costituzione, deve essere sempre garantito allo straniero che si trovi in qualsiasi modo presente sul territorio dello Stato, così consentendo di derogare ad ogni altra norma vigente che limiti l’ingresso e il soggiorno dello straniero. Perciò la legge italiana prevede la non punibilità per i reati di ingresso o di soggiorno irregolari (art. 10 bis Testo Unico Immigrazione), che non possono essere contestati allo straniero che fa ingresso irregolarmente sul territorio dello Stato e presenta la domanda di protezione internazionale. In tali casi, infatti, la condotta dello straniero è lecita sin dall’inizio, ovvero sin dal momento del suo ingresso sul territorio finalizzato appunto alla presentazione di una domanda di protezione internazionale.
Mito: rifugiati e richiedenti protezione scappano dal loro Paese perché sono criminali e l’Italia li accoglie
In realtà la normativa prevede tra le cause di esclusione dalla protezione internazionale il fatto che il richiedente: a) abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità; b) abbia commesso, nel territorio nazionale o all’estero, un reato grave; c) si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi della Nazioni unite; d) costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato o per l’ordine e la sicurezza pubblica. Come previsto per le ipotesi di esclusione dallo status di rifugiato, le ipotesi di esclusione dalla protezione sussidiaria non riguardano solo gli autori materiali dei gravi atti previsti, ma anche coloro i quali “istigano o altrimenti concorrono alla commissione” di tali atti.
Esaminiamo il caso dell’ex ambasciata somala di via dei Villini a Roma, occupata da circa 150 somali rifugiati o beneficiari di protezione sussidiaria, che vivevano senza luce né acqua, ammassati e in condizioni igieniche disastrose. La vicenda fu portata all’attenzione pubblica da un’attivista ed ex attrice somala, Shukri Said, dell’associazione ‘Migrare’, che a dicembre 2010 organizzò anche un’affollata conferenza stampa all’interno della struttura, facendo conoscere a giornalisti italiani e stranieri la realtà disumana in cui erano costretti a stare dei beneficiari di protezione internazionale. Denuncia ribadita anche dall’Ong Medu che prestava le cure sanitarie ai somali. In quanto titolari dello status di protezione sussidiaria, al pari dei rifugiati, hanno diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria. Hanno diritto di godere del medesimo trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di lavoro subordinato, lavoro autonomo, per l’iscrizione agli albi professionali, per la formazione professionale e per il tirocinio sul luogo di lavoro. Hanno diritto ad accedere agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. È evidente che i rifugiati e i beneficiari di protezione internazionale si trovano in una situazione più difficile delle altre persone. Perciò una direttiva europea approvata nel 2011 prevede l’obbligo per gli Stati di adoperarsi per attuare politiche dirette a prevenire le discriminazioni nei loro e garantirgli pari opportunità. Tutto questo non è avvenuto nel cuore di Roma. Da mesi, le associazioni umanitarie chiedevano un intervento del Comune per garantire i diritti dei rifugiati somali e denunciavano il degrado e l’abbandono dell’ex ambasciata, quando, alla fine di febbraio del 2011 si è verificato uno stupro di una giovane italo-croata ventenne all’interno della struttura, ad opera di due degli occupanti. Questo ha portato allo sgombero e il palazzo pericolante è stato murato. I rifugiati somali si sono trovati di nuovo in mezzo alla strada. Dopo una protesta durata molti giorni e arrivata fino alla Piazza del Campidoglio, hanno avuto dal Comune delle misure temporanee di accoglienza, alle quali avevano diritto.
Ripercorriamo la vicenda con alcuni articoli.
Somali, la vita degradante dei rifugiati In quel che resta della loro ambasciata
LA DENUNCIA
L'inferno dei rifugiati dell'ex sede diplomatica di via dei Villini a Roma. Ora sono aumentati, dopo un primo sgombero della polizia. Chiedono il rispetto dei loro diritti e di poter lasciare l'Italia. La denuncia dell'associazione Migrare: "Che fine hanno fatto i 13,5 milioni del triennio 2008-2010 per l'asilo politico?"
(edizione online di quotidiano nazionale, 16 dicembre 2010)
ROMA - Come a Rosarno, nel cuore della capitale, nei pressi di Porta Pia, tra sedi diplomatiche e residenze principesche, c'è un dormitorio-lager. È l'ex ambasciata somala di via dei Villini 9, dove sono tornati a vivere i rifugiati somali che erano stati sgomberati il mese scorso dalla polizia. Ovunque ci sono materassi lerci, raccattati dai cassonetti e letti fatti con i cartoni, sistemati nei garage, in cortile o ai piani superiori della vecchia ambasciata abbandonata e fatiscente. Per dormire si fanno i turni, visto che non c'è posto per tutti. Senza acqua potabile, luce, né riscaldamento. Senza porte e finestre che riparino dal gelo. All'interno, ci sono 140 persone tra i 20 e i 50 anni e forse anche tre minorenni, che sarebbero stati schedati nei controlli di polizia come adulti.
Andata e ritorno dal Nord Europa. Sono aumentati di numero, visto che c'è chi è tornato in questi giorni dal Nord Europa. I somali sono infatti titolari di protezione umanitaria e di asilo politico, che gli sono stati riconosciuti in Italia. Molti di loro, non riuscendo a sopravvivere nel nostro paese, vanno all'estero e ricevono assistenza ma poi sono costretti a ritornare indietro perché sono stati identificati per la prima volta in Italia secondo le regole internazionali. A Roma vivono in un tugurio tra gli stenti, senza assistenza igienico-sanitaria, tra i topi e con il rischio di malattie ed epidemie. Una condizione lesiva di ogni diritto umano. […]
Le inadempienze italiane. Stremati come sono, i rifugiati somali lanciano un appello. "Non vogliamo vivere come animali, ma come uomini - dice il portavoce Youssuf - molti di noi sono istruiti e tutti con lo status di rifugiati. Sulla protezione dei diritti umani, l'Italia ha garantito per noi davanti all'Unione Europea ed è inadempiente. Non vogliamo restare qui, vogliamo un nullaosta per andare a chiedere agli altri paesi quello che ci spetta. L'Italia se ne assuma la responsabilità davanti al mondo intero".
Interviene anche Shukri Said, ex attrice di origini somale e fondatrice dell'osservatorio Migrare.eu che ha visitato per prima i rifugiati con una delegazione dei Medici per i diritti umani "Che fine hanno fatto al ministero dell'Interno i fondi europei per i rifugiati (13,5 milioni nel triennio 2008-2010) e quelli integrativi statali del fondo nazionale per l'asilo? - denuncia - al ministro Maroni e al sindaco Alemanno chiedo di trovare una soluzione all'orrore delle condizioni dei profughi somali a Roma". Shukri Said accompagnerà in visita all'ex ambasciata nel pomeriggio una delegazione di parlamentari composta da Giuseppe Giulietti, Jean Leonard Touadì e Rita Bernardini.
CONDIZIONI DI DEGRADO EX AMBASCIATA SOMALA A ROMA
(Comunicato stampa dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, 30 dicembre 2010)
ROMA - A seguito di una visita ricognitiva effettuata ieri mercoledì 29 dicembre 2010 presso l’ex ambasciata somala di via dei Villini a Roma, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime profonda preoccupazione per le condizioni di degrado riscontrate all’interno dell’edificio che considera totalmente inadeguate e al di sotto di ogni minimo standard accettabile.
Un numero variabile di cittadini somali - che si attesta in media intorno ai 120/140 - e alla stragrande maggioranza dei quali lo Stato italiano ha riconosciuto una forma di protezione internazionale, vive in condizioni igieniche disastrose, senza acqua potabile, senza riscaldamento, senza elettricità, in uno stato di insalubrità che li espone a forti vulnerabilità, al rischio di malattie oltre che a problemi di natura psicologica.
In queste condizioni il valore della protezione che è stata loro riconosciuta rischia di svalutarsi. L’UNHCR è in contatto con le autorità competenti – Comune di Roma (Assessorato alle Politiche Sociali) e Prefettura – alle quali chiede la creazione di un apposito tavolo finalizzato a trovare urgentemente una soluzione sostenibile che restituisca ai rifugiati somali la loro dignità e l’accesso a condizioni di vita accettabili.
Poi l’episodio dello stupro. Proponiamo alcuni stralci di un lunghissimo articolo
Tre fermi per lo stupro nell'ex ambasciata Alemanno: "Espellere tutti gli occupanti"
VIOLENZA
Una diciottenne è stata violentata un villino di via Nomentana, da tempo rifugio di decine di somali che vivono ammassati senza luce né acqua. E' il terzo caso in due settimane. Il sindaco: "Sono dei delinquenti, sono persone che hanno reati sulle spalle". Ma i rifugiati dello stabile dicono: "Quei tre li abbiamo denunciati noi". Il Pd: "Mercoledì fiaccolata in Campidoglio". Storace: "Alemanno più che delle Olimpiadi si occupi della sicurezza". Colosseo acceso contro la violenza
(sito internet di un quotidiano nazionale, 25 febbraio 2011)
[…]
Dopo lo stupro, la ragazza intorno a mezzanotte è riuscita a scappare dalla casa e raggiungere, in lacrime e senza scarpe né pantaloni, la vicinissima e ben più frequentata via Nomentana dove ha chiesto soccorso ai passanti. A chiamare polizia e 118 è stata una signora sudamericana che lavora in uno dei villini della zona, fermata a sua volta da due giovani turisti tedeschi: i primi incontrati dalla ragazza ma non in grado di comprendere e parlare italiano. […]
Per oltre due ore polizia e vigili del fuoco, che hanno transennato l'ex ambasciata, hanno perquisito e ispezionato il villino. E ai loro occhi si è materializzato lo spettacolo allucinante da tempo noto e denunciato da cronache e associazioni umanitarie: in pieno centro di Roma oltre un centinaio di somali senza fissa dimora vivono al gelo, al buio e senza le minime condizioni igienico-sanitarie. L'ispezione si è conclusa con l'arrivo di due pullman della polizia da almeno 80 posti ciascuno sui quali sono stati fatti salire tutti i somali trovati all'interno dell'ex ambasciata di cui è stato disposto lo sgombero immediato. […]
"Abbiamo denunciato noi il fatto - racconta un altro - Uno di noi ha chiamato la polizia e abbiamo trattenuto due sospetti. L'altro è fuggito". Zacaria, uno dei rifugiati che abitava nell'edificio, ha raccontato di "non aver visto nulla,ma di essere stato presente quando è successo il fatto". "Siamo stati noi a denunciare lo stupro - ha confermato - e abbiamo trattenuto due persone mentre l'altro è fuggito, non conosco il suo nome ma potrei riconoscerlo". […]
Il Campidoglio. L'edificio, ha ricordato il delegato alla sicurezza del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, Giorgio Ciardi "era stato sgomberato il 12 novembre 2010 e riconsegnato all'ambasciatore di Somalia". In quell'occasione furono allontanati circa 120 immigrati somali, rifugiati o richiedenti asilo. "L'ambasciatore di Somalia - ha spiegato Ciardi - si è impegnato con il sindaco a rimettere il personale diplomatico all'interno della sede di via dei Villini che verrà riconsegnata tra lunedì e martedì e all'esterno dell'edificio ci sarà un presidio delle forze dell'ordine".
Lo sgombero avvenne durante una operazione antidroga: infatti, due pusher avevano trovato rifugio all'interno della struttura. "Da allora, comunque, la residenza è rimasta vuota dando, così, la possibilità ai vecchi occupanti di riprenderne possesso", ha precisato Ciardi.
"Lo stabile va immediatamente sgomberato e i settanta rifugiati politici somali che lo occupano vanno espulsi". Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al termine dei vertice in prefettura. L'edificio , secondo Alemanno, "va chiuso: o l'ambasciata, che non ne ha più il possesso, è in grado di controllarlo o va murato", ha aggiunto al termine di una riunione con il prefetto Giuseppe Pecoraro, il questore Francesco Tagliente il comandante provinciale dei carabinieri Maurizio Mezzavilla, l'ambasciatore somalo e un rappresentante della Farnesina.
"Extraterritorialità - ha aggiunto Alemanno - non significa permettere che possano avvenire dei reati in quella realtà, non può essere la foglia di fico dietro la quale nascondersi". Il sindaco ha sottolineato come "l'ambasciatore della Somalia e le persone presenti hanno detto che sono dei delinquenti. Hanno la qualifica dei rifugiati ma, secondo loro, sono persone che hanno reati sulle spalle. Le persone che volevano integrarsi, lavorare e studiare si sono tutte collocate. Quelli erano lì a compiere solo dei reati".
Ma al sindaco risponde l'Arci: "Da mesi abbiamo sollevato la difficilissima situazione di via dei Villini, gli occupanti, tutti di nazionalità somala, sono stati fermati ed identificati dalla Questura di Roma lo scorso dicembre, e sono rientrati nella palazzina fatiscente perchè il Comune di Roma non ha saputo individuare una soluzione degna a questo problema. E non va dimenticato che sono stati gli stessi occupanti ad aver prima di tutti fermato i responsabili dello stupro di ieri sera". "Dicendo di voler procedere all'espulsione di persone riconosciute come rifugiati politici" prosegue l'Arci, "Alemanno dimostra l'ennesima volta di non conoscere gli accordi internazionali e le basi elementari dell'accoglienza di chi ha necessità di essere assistito e tutelato".
[…]
Dopo lo stupro, il sindaco di Roma proclama che tutti i rifugiati somali devono essere espulsi, anche se il reato era stato commesso soltanto da due di loro. Ma i rifugiati che non hanno commesso crimini non possono essere espulsi (per legge), come ricorda l’Arci. La dichiarazione del sindaco della Capitale è dunque frutto di non conoscenza della normativa sul diritto di asilo oppure è solo propaganda. Le sue parole lanciano il grave messaggio che tutti i rifugiati dell’ex ambasciata sono delinquenti. Purtroppo, quella di dormire in alloggi di fortuna e in stabili occupati è una realtà di molti rifugiati ai quali non viene garantito il diritto all’alloggio, anche se questo è sancito a livello italiano ed europeo. Il problema è la scarsità di posti nel sistema italiano di seconda accoglienza, lo Sprar, che è insufficiente rispetto alle richieste. Secondo l’Ong Medu, che lavora a Roma e a Firenze prestando assistenza sanitaria ai rifugiati che dormono per la strada, è tutto il sistema d’asilo che non funziona e in Italia produce ‘nuovi homeless’.[1] Quindi, nel caso delle dichiarazioni rilasciate dal sindaco e dell’immagine dei rifugiati veicolata all’opinione pubblica, i somali sono doppiamente discriminati: perché non hanno l’accoglienza e l’aiuto all’integrazione cui avrebbero diritto e perché viene detto che questa condizione dipende da loro stessi che ‘non volevano integrarsi’, non dai deficit dello Stato e del Comune di Roma, in questo caso.
Un articolo di un’altra testata di qualche giorno dopo racconta una verità parzialmente diversa.
“Lì dentro ho trovato l’inferno, ma quel ragazzo mi ha difeso”
La ragazza ha scagionato il somalo che era con lei: scarcerato
(quotidiano nazionale, 28 febbraio 2011)
Ecco alcuni stralci:
“Ero ubriaca – ha detto la giovane, l’aria sempre un po’ svanita, la parlata a scatti – e in via dei Villini (vicino a Porta Pia, ndr.) ci sono andata con il somalo che avevo conosciuto alla Stazione Termini. Lui non mi ha fatto niente di male e niente che non volessi. Ma all’improvviso sono saltati fuori gli altri due”. Le parole e l’onestà della vittima dell’ennesima violenza sessuale che scuote a Roma – la seconda accertata in Centro nel giro di pochi giorni – hanno modificato il quadro dell’indagine sulla ntte di via dei Villini. Uno dei tre somali che erano stati fermati subito dopo la denuncia dlelo stupro è stato rilasciato dalla Questura. Si tratta del giovane che Nicoletta, problemi psichici e di alcol che la stanno minando nonostante l’età, aveva incontrato a Termini dopo essere scappata di casa al culmine di una lite con i genitori. […] Gli altri due immigrati invece sono in carcere a Regina Coeli accusati di violenza sessuale e lesioni. Erano mescolati in mezzo a una settantina di somali, tutti con la patente da “rifugiati politici”, nell’ex ambasciata in abbandono vicino alla centralissima Porta Pia. Sono stati i loro stessi connazionali, quando la vittima ha cominciato a urlare disperata, a bloccarli consegnandoli poco dopo nelle mani della polizia. “Stavo dormendo al terzo piano della palazzina – racconta uno di loro – quando ho sentito le urla di una ragazza che chiedeva aiuto. Sono stato io a telefonare al 113”. […]
L’immigrato che aveva conosciuto la romana a Termini ieri mattina era in piazza Indipendenza insieme ad alcuni connazionali per rivendicare quello che in fondo è vero: “Tra noi – ha detto – c’è pure brava gente. Non bisogna incolpare tutti. Ho raccontato tutto alla polizia e loro, anche grazie alla ragazza, hanno capito che dicevo la verità. Così mi hanno fatto andare via”. Via dei Villini, due giorni dopo quella notte, pare la tranquilla strada di sempre. Ma basta varcare la soglia dell’ex ambasciata per scoprire una Roma – l’altra Roma – che può perfidamente ingannare chiunque. Fuori la bellezza di un palazzo liberty, dentro i cumuli di stracci, i topi, i materassi che puzzano di alcol e di urina. Ci vivevano in settanta, qua dentro, e c’è voluto uno stupro per fare sbaraccare tutto. […]
L’articolo, che sembra ironizzare o quanto meno mettere in cattiva luce la patente da “rifugiati politici” degli occupanti dell’ex ambasciata, riconosce quello che in fondo è vero: Non bisogna incolpare tutti. E, raccontando i nuovi sviluppi giudiziari della vicenda attraverso l’intervista alla vittima dello stupro, arriva alla conclusione che c’è voluto uno stupro per fare sbaraccare tutto.
Alla stessa conclusione arriva anche l’autore di un servizio televisivo della durata di 7 minuti, andato in onda in una trasmissione di infotainment di prima serata su una rete tv nazionale. Ma, al contrario dell’articolo citato in precedenza, questo servizio televisivo, partendo dalla vicenda dello stupro ricostruisce molto bene le condizioni di vita dei rifugiati e fa vedere con immagini la situazione all’interno dell’ambasciata. La troupe infatti si era recata in precedenza a girare il servizio, rimontato e andato poi in onda dopo lo stupro. Nel racconto viene dato grande spazio alla voce dei rifugiati e sottolineati quali sono i loro diritti legali. Infine, l’autore del servizio riesce anche a mettere alle strette il sindaco di Roma sulla questione centrale che coinvolge le responsabilità delle autorità nella vicenda di via dei Villini: “si doveva aspettare uno stupro per risolvere la situazione?”. Nel complesso si tratta di un buon lavoro, in cui però i volti dei rifugiati non sono stati oscurati come richiede la deontologia per tutelarli (anche quando hanno dato il consenso all’intervista a viso aperto).
All’inizio c’è uno stand up dell’autore del servizio davanti all’ambasciata. Il racconto parte dallo stupro e sottolinea che i rifugiati vivevano da anni nell’edificio senza alcuna assistenza. Presentiamo qui di seguito alcuni tratti del parlato del giornalista, che nel servizio era accompagnato da immagini corrispondenti all’interno dell’ex ambasciata.
I rifugiati somali a Roma
(rete televisiva nazionale, 3 marzo 2011)
Dopo lo stupro alcuni degli occupanti hanno chiamato la polizia e denunciato i presunti colpevoli, due loro connazionali che ora sono stati arrestati. Nel frattempo, l’ambasciata è stata sgomberata da tutti i rifugiati che la occupavano.[…] L’autore del servizio racconta di avere visitato lo stabile qualche giorno prima, accompagnato da uno dei rifugiati. La telecamera mostra l’interno, alternato a delle interviste fatte agli occupanti.
L’ambasciata è stata abbandonata 20 anni fa, quando in Somalia è scoppiata una guerra civile che continua ancora oggi. Da allora, molti profughi in fuga dalla guerra si sono rifugiati qui dentro. Quelli che un tenpo erano gli edifici di un’elegante sede diplomatica sono diventati gli alloggi per decine di disperati, accampatiin ogni angolo dell’edificio in condizioni igieniche davvero incredibili….quasi tutti i somali che vivono qui hanno i documenti regolari perché godono di un programma di protezione per chi viene da Paesi in guerra, ma questo non basta a rendergli la vita migliore e a volte ci si arrangia anche rovistando nell’immondizia…e le condizioni in cui cucinano il cibo non sono da meno…e come se non bastasse in questa palazzina nel cuore di Roma manca l’acqua e si dorme ammassati a turni di sei ore sotto soffitti sfondati a due passi da liquami maleodoranti…e pensare che chi è arrivato qui ha investito tutto quello che aveva.
Tu in Somalia che lavoro facevi? “il giornalista, c’è guerra, tanti giornalisti morire in Mogadiscio”… Avete provato a cercare un lavoro? “Se andiamo in un’agenzia per lavoro, si mettono a ridere”…Viste le condizioni in cui vivono in Italia molti rifugiati con cui abbiamo parlato vorrebbero trasferirsi in altri paesi che garantiscono più aiuti ma non possono farlo perché la legge internazionale li obbliga a risiedere nel primo Paese in cui vengono fermati e identificati con le impronte digitali…
Chi ha commesso questo stupro è una bestia e deve rispondere di quello che ha fatto.Ma da anni tutti sapevano che la situazione qui dentro era insostenibile e solo adesso il comune si è preoccupato di trovargli una sistemazione.
A questo punto del servizio, si vede arrivare il sindaco di Roma. Mentre scende dall’automobile, il giornalista lo insegue con il microfono per fargli alcune opportune domande.
Sindaco lei e il comune di Roma sapevate perfettamente da anni in che condizioni vivevano questi rifugiati, doveva avvenire uno stupro prima che lei si interessasse di loro?
Risposta del sindaco:” No doveva avvenire l’autorizzazione della Farnesina all’ambasciata somala, come tutte le ambasciate sono esterne alla giurisdizione comunale e statale”
Il giornalista incalza:E quindi li lasciamo così, in quelle condizioni?Sono rifugiati!
Conclusione del servizio: Il sindaco sta parlando del fatto che non poteva sgomberare l’edificio perché era un’ambasciata ma noi parlavamo d’altro, cioè trovare una sistemazione dignitosa a delle persone che ne hanno diritto perché sono dei rifugiati e purtroppo c’è voluto uno stupro perchè ci si occupasse di loro.
[1] Medici per i diritti umani, Città senza dimora. Indagine sulle strade dell’esclusione, Infinito edizioni, Roma 2012