Nel 2011 nasce l'associazione della Carta di Roma[1] che promuove i principi della Carta. Sul sito dell’associazione si legge che sono “sempre più frequenti articoli di stampa che contravvengono ai principi della Carta di Roma, per i quali sono iniziate a partire le prime sanzioni da parte di alcuni ordini professionali”. Uno dei primi a muoversi è stato l’Ordine della Sardegna che ha aperto un procedimento disciplinare il 28 settembre 2012 nei confronti di una testata sarda per un pezzo dal titolo “Agli zingari villa con piscina”, nel quale non solo si sostenevano notizie false ma si usavano anche termini offensivi e fuorvianti. Inoltre, l’Ass. Carta di Roma insieme con altre associazioni ha presentato due esposti all’Ordine della Lombardia per “le ripetute e gravi violazioni della Carta” su una serie di articoli apparsi su alcune testate nei quali i Rom venivano dipinti come ladri di bambini o come una minaccia per la sicurezza. “Il rispetto del codice deontologico deve essere un obiettivo principale anche perché sia chiaro che non si tratta di buonismo ma di fare il nostro lavoro di giornalisti fornendo informazioni esatte e non istigando odi immotivati nei confronti di cittadini di origini straniere”, ha detto Valentina Loiero, presidente dell’Associazione Carta di Roma e giornalista del Tg5.
Nel 2012 sono state pubblicate le Linee guida della Carta di Roma, definite come uno “strumento di lavoro e in quanto tali integrabili e migliorabili”. Nel trattare l’immigrazione nella cronaca, viene premesso che “lo spazio dedicato alla cronaca nera è andato via via crescendo, così come il ‘peso’ delle notizie di nera che vedono gli immigratiautori di reato”.Ci sono tre raccomandazioni principali:
- di assegnare lo stesso spazio e rilievo alle notizie di cronaca in cui gli autori e le vittime di reato sono di origine straniera rispetto a quelle in cui autori e vittime di reato sono autoctoni;
- garantire l’anonimato del richiedente asilo, rifugiato, vittima della tratta, migrante coinvolto in fatti di cronaca, anche se di rilevanza penale, che possono recare danno alla sua persona.
- Usare con maggiore responsabilità e consapevolezza rispetto a quanto avviene attualmente la nazionalità per nominare il/la protagonista di un fatto di cronaca. Informazioni quali l’origine, la religione, lo status giuridico immigrato, richiedente asilo, rifugiato, regolare/irregolare ecc. non dovrebbero essere utilizzate se non sono rilevanti e pertinenti per la comprensione della notizia.
Le linee guida si soffermano sugli standard della pratica giornalistica quotidiana mediante esempi come questo: Una volta era consueto scrivere “Rapina in centro. Arrestati due meridionali”. Oggi si tende a scrivere“due romeni, due extracomunitari ecc.”. Bisognerebbe ogni volta chiedersi “Scriverei due italiani? Due settentrionali”?
Si affronta anche la questione dei sinonimi necessari per scrivere gli articoli. Un sinonimo connotato anticipa un giudizio o, nelle migliori delle ipotesi, orienta il giudizio. Esistono molti modi di nominare una persona senza usare termini connotati negativamente e senza selezionare caratteristiche che potrebbero servire da spiegazione pronta: ad esempio “donna/uomo”, “giovane/anziano”, “persona”, la professione, l’età ecc
Le linee guida coprono i diversi aspetti del lavoro giornalistico, dalle interviste, alle fonti, all’uso delle immagini nelle notizie a rischio discriminazione per migranti e minoranze. Sul riportare le frasi dei politici, viene ricordato “che i discorsi delle personalità pubbliche che incitano o fomentano movimenti razzisti o xenofobi e la loro diffusione sono atti particolarmente gravi”. Mentre su dati, sondaggi e statistiche si raccomanda di dare i diversi punti di vista e di approfondire, soprattutto con argomenti a forte impatto politico come i sondaggi sul senso di insicurezza degli italiani. Ecco una delle indicazioni: I dati sulla criminalità della popolazione stranierae italiana non sono però facilmente confrontabili acausa delle diverse caratteristiche socio-demografiche dei due gruppi, dell’esistenza di reati che solo gli stranieri possono commettere (es: la non ottemperanza al decreto di espulsione) e dei diversi percorsi giuridico – penali che spesso caratterizzano le 2 popolazioni.Forse il dato più spesso citato riguarda il numero deipresenti in carcere: questo è il dato più fuorviante perchè è molto più difficile per uno straniero godere di misure alternative alla custodia cautelare.
Un’ampia sezione delle linee guida è dedicata al linguaggio, con un glossario finale sui termini più usati per migranti, rom e sinti. Queste le indicazioni di base sulle parole:
- Si raccomanda “l’adozione di termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore ed al pubblico in generale la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri”.
- Si raccomanda di evitare l’utilizzo di termini stigmatizzanti (quali ad es. clandestino, zingaro,nomade,badante, vu cumprà ecc.).Si raccomanda di evitare informazioni imprecise,sommarie o distorte. Specialmente nelle cosiddette “brevi” ma in generale sui pezzi ripresi dalle agenzie o dai dispacci delle questure e organi pubblici si tende a riportare “fedelmente” notizie non verificabili. Ad esempio l’uso delle locuzioni “presumibilmente” e “forse” associati all’appartenenza nazionale o religiosa andrebbero sempre evitate. “forse albanesi i fautori della sparatoria”, “albanese ucciso, forse regolamento di conti”.
Infine una regola generale per rispondere alla domanda “come chiamarli?” nel trattare in generale notizie che coinvolgono comunità o singole persone appartenenti a minoranze (rom, stranieri di diverse nazionalità, ecc..). E’ necessario ribadire che la provenienza o l’appartenenza culturale vanno specificate solo quando sia strettamente necessario al fine della comprensione della notizia o, evidentemente, quando si intenda raccontarela minoranza in sé, la sua storia, le sue tradizioni- si legge nel documento - In questi casi è corretto rivedere la terminologia, ponendo la stessa attenzione e il medesimo rispetto riservati a tutte le altre persone.
Frasi fatte
Mito:Si chiede ai giornalisti di essere politically correct e buonisti senza badare alla sostanza dei fatti
Risposta contenuta nelle linee guida della Carta di Roma: C’è sempre il dubbio che raccomandazioni e regole lessicali possano allontanare dalla sostanza dei fatti in nome di princìpi “politicamente corretti”. In verità in Italia negli ultimi anni anni è accaduto semmai ilcontrario: ha preso il sopravvento un lessico “politicamente indirizzato”, divenuto regola non scritta della professione. L’esistenza stessa della Carta di Romalo dimostra. Non si tratta quindi di imporre regole e parole studiate a tavolino, ma di riappropriasi del diritto/dovere di raccontare la realtà nel rispetto di tutti, sfuggendo a canoni non scritti - anche lessicali - imposti dall’uso e, questi sì, fortemente costrittivi.
Immigrazione e asilo nei media italiani: una gigantografia in nero
La prima ricerca commissionata dall’osservatorio Carta di Roma su “immigrazione e asilo nei media italiani” all’università La Sapienza di Roma è stata presentata a dicembre 2009.
Campione: L’indagine ha riguardato i sette telegiornali nazionali (le edizioni serali): Tg1, Tg2, Tg3, Tg4, Tg5, Studio Aperto, TgLa7
Sei quotidiani scelti sulla base dei criteri di diffusione e del differente orientamento politico-culturale, più un free press: Corriere della Sera, La Repubblica, L’Unità, il Giornale, Avvenire, Metro.
Il corpus: in totale sono stati selezionati, schedati e analizzati 1084 servizi di telegiornale e 1540 articoli di quotidiano
Tempo di rilevazione: Un periodo campione (una settimana) nei primi sei mesi del 2008.
La ricerca conferma, aggravandoli, i risultati delle rilevazioni simili svolte a partire dagli anni Ottanta. L’immagine dell’immigrazione fornita dai mezzi d’informazione sembra congelata, rimasta immobile per trent’anni. “Appare sempre ancorata a modalità, notizie e stili narrativi e a tic e stereotipi esasperatamente uguali” scrivono i ricercatori. Le notizie di cronaca nera o giudiziaria sono maggioritarie nella trattazione dei quotidiani raggiungendo quasi il 60% nelle edizioni dei telegiornali, un livello mai rilevato in passato. Profili più preoccupanti vengono dall’analisi delr itratto delle persone di origine straniera che emerge dai news media. Per oltre i tre quarti delle volte (76,2%), persone straniere sono presenti nei telegiornali come autori o vittime di reati. Emerge però una ricorrente diversità di trattamento sulla base della nazionalità dei protagonisti delle notizie.
Ecco un esempio “clamoroso”: le persone straniere compaiono nei news media, quando protagoniste di fatti criminali, con maggiore probabilità di quelle italiane (59,7% contro il 46,3% nei tg, 42,9% vs. 35,7% nella stampa). Un’altra possibile fonte di distorsione è presente nella tipologia di crimini che vengono raffigurati dalla cronaca. Se in generale si assiste a una sovrarappresentazione di alcuni reati, come quelli contro la persona, nel periodo di rilevazione gli stranieri compaiono più frequentemente degli italiani quando sono responsabili o vittime di fatti particolarmente brutali come la violenza sessuale (più del triplo: 24,1% contro 7,2%), le lesioni personali (più del doppio: 24,1% contro 10,9%), il sequestro (17,0% vs. 4,4%) o infine il furto (11,3% vs. 8,7%).
Il ritratto delle persone straniere dato dai media è:
spesso un criminale, è maschio (quasi all’80%) e la sua personalità è schiacciata sul solo dettaglio della nazionalità o della provenienza “etnica” (presente spesso nel titolo delle notizie). Quest’ultima caratteristica costituisce anche il legame esplicitamente riferito dalla testata per spiegare gli avvenimenti e collegarli con altri: l’appartenenza a un gruppo etnico o la nazionalità dei protagonisti viene ricondotta al fatto narrato in quasi due casi su dieci (18,6%) e l’immigrazione in poco più di una notizia su dieci (11,5).
Solo paure. Non c’è immigrazione senza sicurezza
Sul totale di migliaia servizi di telegiornale andati in onda nel periodo di rilevazione, solo 26 servizi affrontano l'immigrazione senza legarla, al contempo, a un fatto di cronaca o al tema della sicurezza. In pratica, solo in questi servizi si affrontano tutte le altre possibili dimensioni: economia, confronto culturale, integrazione, solidarietà sociale etc.
Il linguaggio: solo clandestini
La rappresentazione degli immigrati risulta particolarmente schiacciata sulla cronaca nera. Domina su tutto l’etichetta di clandestinità che, prima di ogni altro termine o concetto, definisce l’immigrazione in quanto tale. Rom e Romeni sono rispettivamente la popolazione e la nazionalità più frequentemente citati nei titoli, avvicendandosi ai marocchini, agli albanesi e agli arabi nella speciale classifica delle etnie cui guardare con sospetto. Le parole più frequenti legano eloquentemente la presenza degli immigrati in Italia alla condizione giuridica della clandestinità, la tematizzano con un riferimento estremamente preciso alla sicurezza e alla “minaccia” potenziale costituita dagli stranieri, e più in particolare ai “temibili” romeni. Sono assolutamente minoritarie le parole “neutre” utilizzate cioè per circoscrivere un tema senza implicare un qualche tipo di giudizio di valore. La prima parola come numero di occorrenze, riscontrata per quotidiani e Tg nelle notizie sui migranti è ‘clandestino’. È questa una tendenza che segna un netto cambiamento rispetto al passato. Soltanto tre anni prima, infatti, in una ricerca molto simile per metodi utilizzati e impostazione teorica, “clandestino” appariva, infatti,soltanto al tredicesimo posto. I dati, inoltre, dimostrano che rifugiati e i richiedenti asilo sembrano del tutto scomparsi dai media. Nel corpus dei titoli di quotidiani si ritrovano solo 5 espliciti riferimenti ai rifugiati e nessuno alla condizione dei richiedenti asilo.
Ad esempio, nel racconto degli sbarchi, icona della migrazione, i migranti sono definiti come “richiedenti asilo” in pochissimi casi nei telegiornali e praticamente mai nei quotidiani (un solo caso riscontrato nel periodo campione), eppure nell’anno 2008, del 13% complessivo dei migranti giunti in Italia via mare, quindi attraverso sbarchi e arrivi, ben il 73% era costituito da “richiedenti asilo”, cioè da persone vittime di persecuzioni, guerre o altre situazioni per cui può richiedere, in base alla Convenzione di Ginevra del 1951, la protezione internazionale. Questo tipo di persone non sono affatto riconducibili ai migranti irregolari.
Sul corpus di 1540 notizie raccolte nel 2008, le notizie“non cattive” aventi per tema l’immigrazione o gli immigrati sono solo 85, pari al 5,5% del totale.
Di queste: circa 1/3 sono notizie neutre, perché riportano fatti o commenti concernenti l’immigrazione o aventi per protagonisti immigrati con toni “imparziali”, “non schierati”, spesso presentando posizioni divergenti di esperti e rappresentanti delle istituzioni.
l 2/3 (pari dunque al 3,7% del campione) possono essere definite buone notizie.
Nel 2012 un’altra ricerca arriva a conclusioni simili e conferma che il trend in atto sui media italiani è ancora molto negativo. Lo afferma Minorities Stereotypes on Media (Mister Media), progetto nato dalla collaborazione tra il Centro D’Ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva e il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza, e con il supporto di Open Society Foundations. La ricerca si basa un un monitoraggio effettuato 24 ore su 24 dell’intera offerta radiotelevisiva di informazione - le news, i programmi di approfondimento, attualità e infotainment in un periodo di rilevazione che va dal 1 luglio al 31 dicembre 2010 e dal 1 aprile al 30 giugno 2011, per un totale di 275 giorni. Il totale dei “file” (servizi tg o gr, trasmissioni tv o radio) analizzati è di 7153.
Sono cinque le minoranze a rischio discriminazione sui media italiani monitorate da Mister Media: gli immigrati, rom e sinti, persone lgbt, religioni minoritarie ed ex tossicodipendenti, tossicodipenti ed ex detenuti. Tra queste, la categoria che riceve maggior attenzione è quella degli immigrati e dei rifugiati, con il 61% dei casi (4.373) complessivi, che raggiungono il 71% se si guarda alla sola Tv. In televisione, dunque per minoranze si intendono soprattutto i migranti. I rom sono oggetto di notizia per il 14% dei casi (978), credo e fede religiosa costituiscono il 13% (913), a seguire gay, lesbiche e transessuali/transgender con il 10% (686) e infine tossicodipendenti ed ex detenuti meno del 2% dei casi.
Queste le conclusioni:
Prevale un’immagine negativa delle minoranze, segnata dal loro comparire solo in casi di cronaca.Marginalità, semplificazione, distorsione e stereotipi. Sono le caratteristiche dello spazio che hanno le minoranze a rischio discriminazione sui media italiani. “Le minoranze sembrano risentire di una marginalità informativa- afferma l’indagine - Soltanto quando gli eventi legati alle minoranze sono considerati il frutto di comportamenti “devianti” questi sembrano assumere una maggiore visibilità, riuscendo a soddisfare altre regole dell’informazione (ad esempio bad newsgood news)”.
“L’esito finale che spesso ne deriva è la proliferazione di argomenti simili, caratterizzati da linguaggi ripetitivi, capaci di alimentare e perpetuare luoghi comuni e stereotipi – conclude la ricerca - Le minoranze, sono una parte della realtà sociale ritenuta “diversa” perché poco conosciuta”. Ad esempio l’immigrazione “spesso fa notizia quando diventa problema o emergenza: così i migranti, o più semplicemente gli immigrati, si trasformano in una minaccia costante alla sicurezza e alla cultura degli italiani”, si legge nel rapporto Mister Media. Lo stesso trattamento viene riservato anche a molte altre minoranze, producendo l ‘equazione fra devianza e minoranza, con effetti deleteri che influenzano la percezione del pubblico. I media italiani risultano conformisti rispetto alle versioni della realtà sociale fornite dai politici quando si parla di minoranze. “In questo ambito – conclude la ricerca - il discorso giornalistico incontra non poche difficoltà nella creazione di un racconto autonomo della realtà, risentendo in molti casi dei desiderata e dei protagonismi della politica”.
Anche questa indagine, a tre anni di distanza dalla prima, rileva che in Tv e radio i migranti sono identificati per nazionalità ed etichette come ‘clandestino’ e ‘rifugiato’. Secondo Mister Media, l’informazione radiotelevisiva contribuisce a creare una ‘classifica di gradimento’ delle comunità straniere in Italia. Si parla molto dei nordafricani e meno degli esteuropei
Sulla rappresentazione delle minoranze, la radio “conferma una maggiore capacità di accendere l’attenzione su una pluralità di temi – si legge nel rapporto - ciò è dovuto alla maggior quantità di notizie che i giornali radio riescono a coprire e a una gran varietà di trasmissioni, di taglio e linguaggio diverso”. Viene citato l’esempio di alcuni programmi radiofonici che si interrogano sui rischi di xenofobia contro i migranti, quando viene sospettato un immigrato (poi scagionato) per l’omicidio di Yara Gambirasio. Ma al di là di queste eccezioni, la presenza degli immigrati, soprattutto nei principali Tg è riconducibile principalmente a fatti di cronaca e alla messa in pericolo della sicurezza sociale, alle tensioni legate allo sfruttamento del lavoro nero e alla “regolarizzazione” della presenza degli immigrati, agli sbarchi di profughi e all’illegalità in generale. I fenomeni migratori non vengono spiegati e approfonditi. Spesso sono confinati solo alle news dei telegiornali, dove “si conferma l’utilizzo massiccio della nazionalità come elemento identificativo dei soggetti coinvolti: essa è infatti indicata nel 61% dei casi in cui si parla di immigrati”, dice il rapporto. Le principali nazionalità citate sono nell’ordine: tunisini, marocchini, libici, ucraini, romeni, cinesi, eritrei, albanesi, egiziani e afgani. Questo dato dimostra che vengono sovrarappresentanti i migranti provenienti dagli stati del Nord Africa rispetto agli europei dell’est, che invece sono in numer maggiore presenti in Italia rispetto ai maghrebini. “Questa è una differenza sostanziale rispetto a quanto era emerso in precedenti rilevazioni e ciò è avvenuto in concomitanza con gli avvenimenti della cosiddetta “primavera araba”, a partire dalla fine del 2010 - spiega la ricerca - l’uso diffuso della nazionalità come elemento identificativo dei soggetti coinvolti in casi di criminalità contribuisce alla costruzione di una “classifica di gradimento” delle varie nazionalità di cittadini stranieri presenti sul territorio italiano. In tal senso, si fa riferimento a una sorta di valutazione sociale delle nazionalità che, nell’immaginario del migrante, sarebbe condivisa dal popolo italiano”. Si tratta quindi di un fenomeno di etichettamento e stereotipizzazione di unacomunità.
Altre etichette molto diffuse sulla televisione italiana sono clandestino e rifugiato, la prima è emersa nel 17% dei casi (761 su 4173), mentre l’etichetta “rifugiati” (761 su 4173) è salita al 17% (dal 5,6% delle precedente rilevazioni). “Anche questo incremento è probabilmente dovuto alle sommosse popolari nel Nord Africa e alla concessione di questo status giuridico agli esuli, resa più difficoltosa dal sistema di selezione adottato dall’U.E. che implica l’obbligo di rimanere nel paese che accoglie per primo il rifugiato. Ciò impedisce di fatto eventuali ricongiungimenti familiari o comunque la ricerca di opportunità in altri paesi comunitari”, spiega la ricerca. L’indicazione della nazionalità avviene nel 45% cento dei casi per quanto riguarda i clandestini, mentre per i rifugiati avviene nel 24% dei casi”.
La Carta di Roma nasce dall’esperienza della strage di Erba, nella quale furono uccisi Raffaella Castagna, suo figlio Youssef di 2 anni, la nonna del piccolo Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini (mentre il marito di quest'ultima, Angelo Frigerio, rimase ferito). “Azouz Marzouk, marito tunisino della vittima nonchè padre del piccolo Youssef, viene subito indicato come il colpevole e subito dopo i giornali nei titoli di prima pagina lo riportano come il mostro tunisino. Salvo poi qualche giorno dopo appurare che Marzouk era ritornato in Tunisia e quindi non poteva essere lui ad aver ucciso – scrive sul suo blog Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati in Italia - Quello che è seguito alla strage ha reso ancora più grave e drammatica la vicenda. La caccia al tunisino, la gente che davanti alle telecamere inveiva contro gli arabi, le interviste che miravano a far uscire il risentimento della gente verso gli immigrati. La fotografia di un giornalismo che si era affidato al pregiudizio e al contempo lo aveva calvalcato”.[1] Per la strage sono stati condannati all’ergastolo, in via definitiva, i vicini di casa, i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. Qui di seguito articoli delle principali testate che documentano la ‘caccia al mostro tunisino’ sbattuto in prima pagina senza prove della sua colpevolezza. Nell’ultimo della serie, si vede che anche quando è chiaro che non può essere lui l’assassino perché si trovava in Tunisia, deve essere comunque coinvolto in un ‘regolamento di conti’.
Uccide quattro persone e brucia la casa
È successo a Erba, nel comasco
Tre donne e un bambino ritrovati senza vita nell'appartamento in fiamme. Caccia al convivente tunisino di una delle vittime
(sito internet di un quotidiano nazionale, 12 dicembre 2006)
ERBA (Como) - È proseguita per tutta la notte, finora senza esito, la caccia al 25enne tunisino Abdel Fami Marzouk, il pregiudicato - uscito dal carcere per indulto - ricercato per l' atroce massacro avvenuto lunedì sera in un appartamento in via Diaz, nel centro di Erba, nel Comasco.
Marzouk, secondo gli investigatori, è scomparso dopo aver ucciso a coltellate alla gola e in altre parti del corpo la moglie Raffaella Castagna, di 30 anni, il figlio Yousef di 2 anni, la suocera Paola Galli, 60, e una vicina di casa, Valeria Cherubini, 50enne, accorsa assieme al marito alle grida delle prime vittime. Anche il marito della vicina, Mario Frigerio, di 60 anni, è stato colpito dal pluriomocida: ora è ricoverato, in condizioni molto gravi, per le coltellate e per le ustioni riportate nell'incendio appiccato all'appartamento dall'assassino prima della fuga. Il tunisino è scappato a bordo di un furgone poi trovato, poco prima di mezzanotte, a Merone paesino tra Como e Lecco, nei pressi dell'abitazione del fratello di Fami Marzouk. […]
Strage in famiglia, uccide e brucia tre donne e un bimbo
La tragedia a Erba, in Brianza: si cerca il convivente, un tunisino scarcerato con l'indulto. Ammazzati a coltellate la compagna, il figlio di tre anni, la madre e una vicina
(apertura di un quotidiano nazionale, 12 dicembre 2006)
Strage in famiglia: «Era fuori per indulto»
VITTIME LA CONVIVENTE, LA MADRE DI LEI, IL FIGLIO DI DUE ANNI E UNA VICINA. LA CACCIA NELLA NOTTE
Strage in famiglia: «Era fuori per indulto»
Como: accoltellate e bruciate 4 persone, sotto accusa un immigrato
(sito internet di un quotidiano nazionale, 12 dicembre 2006)
ERBA (Como) - Tragedia in una casa di Erba, in provincia di Como. Quattro morti, una casa in fiamme, una caccia all' uomo notturna. Il massacro. E' successo ieri sera. Un immigrato maghrebino ha sgozzato la convivente ventinovenne, il figlio di 2 anni e altre due donne (la madre di lei e una vicina di casa). Dopo aver compiuto il massacro e aver ferito gravemente il marito della vicina, lo straniero ha dato fuoco all' abitazione ed è fuggito. L' indulto. Il marocchino, 30 anni, era stato condannato a una pena detentiva per reati legati alla droga, ma in seguito all' indulto aveva lasciato la cella lo scorso agosto. Lo choc. La cittadina di Erba è sotto choc. Nella notte, la caccia all' uomo. […]
Strage di Erba, è un mistero
Il tunisino scagionato dai tabulati
Abdel Marzouk, con precedenti, era sospettato di aver ucciso
moglie, figlio, suocera e una vicina. E' rientrato e viene interrogato a Como
Il suocero: "Non ha mai mosso un dito contro il bambino. E' finito in una storia
più grande di lui". Probabile una vendetta trasverale
(edizione online di un quotidiano nazionale, 12 dicembre 2006)
ERBA (COMO) - Non è stato Abdel Fami Marzouk a compiere la strage di Erba. Il venticinquenne tunisino, uscito dal carcere grazie all'indulto, era ricercato per l'atroce massacro nell'appartamento in via Diaz, nel centro della cittadina. Ma stamane il suocero ha avvertito gli inquirenti: "E' in Tunisia, non può essere stato lui a compiere la strage". L'uomo ha deciso subito di rientrare ed è atterrato a Malpensa con un volo partito da Tunisi alle 21 e 45. Subito è stato portato al comando dei carabinieri di Como per essere sentito dagli inquirenti. A quanto si è appreso Azouz Marzouk è apparso piuttosto tranquillo anche se ovviamente sconvolto. "Ma meno di quello che ci si poteva aspettare - ha detto uno degli investigatori -. Ha saputo del massacro della famiglia subito dopo che era successo, probabilmente avvisato dal suocero, ma forse ancora non si rende conto di quello che è realmente avvenuto".
Nella casa della strage c'è stato un lungo sopralluogo dei carabinieri del Ris. A Erba, sotto shock per la tragedia, è stato proclamato il lutto cittadino. Gli inquirenti, che erano partiti subito sulla pista della strage ad opera del marito, hanno verificato i tabulati telefonici e sono arrivati rapidamente alla conclusione, che non può essere stato Marzouk il quale si trovava in Tunisia da giorni. Importante anche una testimonianza raccolta oggi sul conto della giovane mamma uccisa. Il giorno della sua morte, Raffaella era al lavoro in una casa di riposo per anziani vicino a Erba, e avrebbe più volte detto ai colleghi: "Sono molto contenta perché domani mio marito torna a casa, così possiamo preparare insieme bene il Natale".
Il tunisino, pregiudicato per spaccio di droga e rapina, si è messo dunque in contatto telefonico con gli inquirenti dando la piena disponibilità a collaborare. Anche se non ha compiuto materialmente la strage, per gli inquirenti non ci sarebbero dubbi che "nel bene o nel male sia coinvolto nella vicenda".
Potrebbero essere proprio le sue dichiarazioni a chiarire il movente di quello che sembra un regolamento di conti. Persone con le quali, forse, Marzouk era in affari e che avrebbero potuto vendicarsi davanti alla sua volontà di mettersi in proprio o di uscire da un giro illegale. Il tunisino era stato scarcerato ad agosto con l'indulto.
Il NAUFRAGIO DEL 3 OTTOBRE E IL RISCHIO DI IDENTIFICARE I SUPERSTITI.
Un caso molto rilevante ha riguardato il naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, nel quale sono morte almeno 366 persone. I sopravvissuti sono stati circa 150 e prevalentemente di nazionalità eritrea. Purtroppo alcuni media mainstream italiani hanno pubblicato la lista con i nomi dei sopravvissuti, pensando di rendere un servizio a familiari e conoscenti. Ma identificare le persone che fuggivano dal regime eritreo, rendendo noti i loro nomi o mostrandone i volti, ha avuto come conseguenza di mettere i superstiti e i loro familiari rimasti in patria a rischio di ritorsioni e violenze da parte del governo eritreo.
Su questo Carta di Roma è intervenuta presso le redazioni interessate e diffondendo un comunicato che chiedeva di prestare attenzione alle immagini dei sopravvissuti alla tragedia di Lampedusa, ricordando che si tratta di richiedenti asilo e non vanno resi riconoscibili. "Ricordiamo a tutti i colleghi impegnati in questi giorni in servizi e reportage sulla tragedia di Lampedusa di non comunicare nomi o dettagli relativi ai sopravvissuti e non renderli riconoscibili (con primi piani, foto ecc) - si leggeva nel testo del comunicato -Segnaliamo che tale atto viola la Carta di Roma, codice deontologico su migranti, richiedenti asilo e rifugiati, con possibili sanzioni da parte dell'Ordine dei giornalisti. Come è noto, queste notizie espongono i familiari dei richiedenti asilo - soprattutto eritrei - a ritorsioni gravissime da parte dei regimi da cui provengono. Vogliamo ricordarvi che fu proprio un episodio analogo, a danno di rifugiati eritrei, a spingere l'Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa a promulgare la Carta di Roma su sollecitazione dell'UNHCR".
Dopo l'intervento di Carta di Roma un'importante quotidiano nazionale ha rimosso dal suo sito internet la lista dei sopravvissuti al naufragio a poche ore dalla pubblicazione e ha poi diffuso un video contenente l'audio di un cronista che da Lampedusa spiegava la decisione della testata.
Lampedusa, ''Perché abbiamo deciso di non pubblicare quella lista''
(testata online nazionale, 4 ottobre 2013)
Siamo entrati in possesso della lista dei sopravvissuti e delle loro fotografie, è un lungo elenco di nomi e di cognomi. Nelle loro facce si legge l'orrore e la morte di quelli che sono finiti in fondo al mare. In questa e brutta e tragica lista ci sono i nomi di tutti i bambini, dei ragazzi, delle donne. Un miracolo li ha salvati dal mare. Abbiamo deciso con la direzione del mio giornale di non pubblicare queste foto e la lista dei nomi e dei cognomi di questi sopravvissuti perchè non vorremmo mai che uno solo di loro potesse subire con l'identificazione repressioni o ritorsioni nei loro paesi d'origine come a volte è accaduto...
[1] Boldrini L., pubblicato il 7 dicembre 2010 su Repubblica.it http://boldrini.blogautore.repubblica.it/2010/12/da-erba-a-brembate/