Il Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) è una struttura in cui vengono accolti i migranti appena giunti in Italia irregolarmente che intendono chiedere la protezione internazionale. I Cara sono stati istituiti a seguito della riforma del diritto di asilo, conseguente al recepimento di due direttive comunitarie (DPR 303/2004 e D.Lgs.28/1/2008 n.25). Sono gestiti dal ministero dell’Interno attraverso le prefetture, che appaltano i servizi dei centri a enti gestori privati attraverso bandi di gara. Le convenzioni variano e lo Stato versa all’ente gestore una quota al giorno a richiedente asilo. Con quella cifra devono essere garantiti l’alloggio, i pasti, l’assistenza legale e sanitaria, l’interprete e i servizi psico-sociali. Spesso nei Cara esistono altri servizi come l’insegnamento di base della lingua italiana. Essendo la permanenza nei centri variabile e non quantificabile è difficile avere un sistema che punti all’integrazione dei richiedenti asilo nel tessuto sociale. Inoltre, l’inserimento del richiedente asilo è spesso minato dal fatto che queste strutture di prima accoglienza si trovano isolate dai centri urbani e senza servizi di collegamento e dal fatto che mancano i posti in seconda accoglienza, quelli della rete Sprar (vedi)
Nel Cara i migranti rimangono per il tempo necessario affinchè una delle dieci commissioni territoriali competenti per l’esame delle domande di asilo esamini la richiesta di protezione internazionale. In Italia, dal 2011, sono operative dieci commissioni territoriali e dodici sezioni[1].
Al termine dell’iter può essere riconosciuto lo status di rifugiato, che equipara lo straniero al cittadino italiano, oppure una forma di protezione diversa: sussidiaria o per motivi umanitari (vedi).Oppure si può ricevere il diniego, al quale si può fare ricorso. Se la protezione non viene riconosciuta, al termine dell’iter il richiedente asilo diniegato lascia il Cara con l’ordine di lasciare il territorio nazionale in pochi giorni. Diventa così un migrante irregolare (vedi).
[1] Dato fornito dal sottosegretario al ministero dell’Interno Saverio Ruperto in un intervento alla Camera dei Deputati il 10 maggio 2012 in risposta all’interpellanza parlamentare dei deputati Pd Rosa Villecco Calipari e Jean Leonard Touadì
Per scrivere di immigrazione è importante conoscere e utilizzare questo termine tecnico, evitando di fare confusione con i centri di identificazione e di espulsione (vedi Cie). È meglio non usare la dicitura generica ‘centro per migranti’ scorretta da un punto di vista tecnico e fuorviante. I Cara non sono centri di detenzione amministrativa, sono centri aperti dai quali, durante il giorno il migrante può uscire, anche se deve fare ritorno secondo orari stabiliti dal regolamento del campo. Quindi è corretto parlare di migranti ospiti del Cara. L’uso della parola ospite è corretta in questo caso se ci riferiamo alle persone presenti nel centro di accoglienza. Tuttavia è opportuno ricordare quanto scrive Giuseppe Faso sull’uso “degradato” e generalizzato di questo termine, invitando a non negare la dignità dell’immigrato “che non è certo un ospite: è venuto qui per lavorare, non è stato invitato, né accolto”. Continua Faso: “si tenta di degradarlo a estraneo che farebbe bene ad adeguarsi alla nostra lingua e alle nostre regole”[1]
Alcuni rapporti di monitoraggio evidenziano “che gli stranieri accolti in questi Centri si trovano in una condizione semi-detentiva in quanto possono lasciare le strutture durante il giorno, ma devono farvi ritorno per la notte. Nei fatti, però, i richiedenti asilo vengono sovente trattenuti nelle strutture o si trovano in situazioni che rendono difficile o poco sensato uscire dal complesso (diversi CARA sono infatti situati in aperta campagna e gli stranieri sono sprovvisti di mezzi di trasporto)”[2].
[1] Faso G., Lessico del razzismo democratico. Le parole che escludono, DeriveApprodi Roma 2010, pag. 102
[2] Medici Senza Frontiere 2010; Senato della Repubblica italiana 2012 in Mancone L. e Anastasia S. (a cura di) Lampedusa non è un’isola. Profughi e migranti alle porte dell’Italia. Associazione a Buon Diritto Onlus. Roma, 2012
I Cara in Italia sono:
Bari Palese, Brindisi, Caltanissetta, Crotone, Foggia- Borgo Mezzanone, Gorizia, Roma Castelnuovo di Porto, Trapani Salina Grande, Mineo (Ct). I più grandi d’Italia e d’Europa sono i mega campi di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto (Kr) e di Mineo, in provincia di Catania, ognuno ha una capienza di circa 1500 persone. Il Cara di Mineo è stato aperto sulla scia dell’emergenza Nord Africa, nella primavera del 2011, in un residence con villette di lusso di proprietà della ditta Pizzarotti di Parma, alla scadenza del contratto di affitto con i soldati Usa della base Nato di Sigonella. Una realtà molto diversa è quella di Isola Capo Rizzuto, dove il Cara, costituito da spartani edifici in muratura e in parte da container, si trova invece in un’area dell’ex base militare di Sant’Anna.
I costi complessivi dei Cara non sono chiari, per un problema di opacità della pubblica amministrazione. Per dare un’idea, per la struttura di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto , sono stati spesi più di 44 milioni di euro in tre anni, al costo di 28 euro e 88 centesimi a persona per la gestione[1].
Nei Cara, lo straniero richiedente asilo dovrebbe essere ospitato per un periodo variabile tra i 20 e i 35 giorni [2], ma la permanenza media nel Cara di Crotone è di sei mesi [3]. Secondo un documento dei radicali, “i tempi di permanenza nei Car asono di gran lunga superiori alle previsioni normative: si attestano su un periodo medio di otto-dieci mesi, con punte superiori all’anno[4].
I posti ufficiali dell'accoglienza nei C.a.r.a. sono 5747 ma come vedremo dalla scheda seguente spesso i centri vengono riempiti ben oltre la capienza.
Criticità: sovraffollamento e costi elevati [5]
Il Cara di Mineo ha ufficialmente 2000 posti, ma nel corso del 2013 è arrivato a ospitare 4.000 persone.Borderline Sicilia afferma nei suoi report che il centro è "una bomba a orologeria pronta in ogni momento ad esplodere, un modello di accoglienza sbagliato, caratterizzato da ghettizzazione, isolamento e gigantismo". Depressione, isolamento e 7 tentati suicidi aveva riscontrato Medici senza frontiere a pochi mesi dall'apertura del Cara di Mineo. Aborti dovuti a prostituzione forzata delle donne nigeriane sono emersi dalle denunce dei medici dell'ospedale di Caltagirone. Un rifugiato ventenne del Mali è ricoverato presso l'Unità spinale unipolare dell'ospedale Cannizzaro di Catania e resterà sulla sedia a rotelle, a causa di un'aggressione avvenuta durante una rissa nel centro. A luglio 2013 un nigeriano ha rischiato la morte in un pestaggio. Continue sono le proteste dei migranti che bloccano la strada Catania-Gela per chiedere un esame più rapido delle loro domande d'asilo. Dal 2012 il Viminale ha tagliato i fondi e le gare d’appalto si fanno al ribasso (su base d'asta a meno di 30 euro) ma quello di Mineo èl'unico centro dato in gestione senza ribassi d’asta, questo grazie allo stato di emergenza prorogato. Gli ultimi appalti sono andati a un Raggruppamento temporaneo di imprese (Rti). Il raggruppamento è guidato da Sisifo, aderente a Legacoop, e ne fanno parte il Consorzio Sol Calatino, Senis Hospes e la Cascina Global Service, la Croce Rossa, il consorzio Casa della Solidarietà e la Pizzarotti spa.
L'indennità statale è di 34,60 euro al giorno a richiedente asilo. Moltiplicata per 4mila presenze (quelle attuali) frutterebbe 138.400 euro al giorno, per un anno la cifra sfiora i 50 milioni di euro, pari a oltre 4 milioni al mese. "Ma allo Stato conviene perché è tutto compreso, non deve pagare né l'affitto dell'immobile né le utenze", secondo Roberto Roccuzzo, amministratore delegato del Cara di Mineo, contattato da Repubblica.it. Solo la bolletta della luce è di 80mila euro al mese L'ad difende il centro: "Non solo aborti abbiamo avuto, ma anche tantissime nascite". Il centro crea 300 posti di lavoro per operatori locali, oltre all'indotto in forniture per il territorio.
Crotone. Da oltre dieci anni il Cara di Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto (Kr) è gestito dalla Misericordia, fondata dal parroco don Edoardo Scordio. L'ultima gara d'appalto triennale nel 2012 è stata pari a 28.021.050 euro iva esclusa. Il centro crea 200 posti di lavoro, a cui va aggiunto l'indotto. Basti pensare che la gara per le sole pulizie nel triennio 2009-2012 valeva quasi due milioni di euro. La Misericordia sta gestendo la struttura con 21,4 euro al giorno a persona, l'importo più basso d'Italia. A Isola Capo Rizzuto la guerra è sui numeri. Per il direttore Francesco Tipaldi, il complesso ha 1450 posti compreso il Centro di identificazione e di espulsione, che è una struttura di detenzione per irregolari, oggi chiusa dopo la morte di un trattenuto e una rivolta.
Tuttavia, il bando di gara è stato fatto per 853 posti, di cui 124 per il Cie (vedi)Quindi la capienza ufficiale del centro per richiedenti asilo è di 729 posti contro 1600 presenze nel 2013. Di cui solo 250 dormono in edifici in muratura. Tutti gli altri in vecchi container che dividono in 9 o più persone.
Sei mesi per una risposta. La commissione territoriale che esamina le domande di protezione internazionale è considerata "veloce", perché ci mette "solo sei mesi" a concludere l'iter. Poi però, denuncia Sergio Trolio, avvocato del Consiglio italiano per i rifugiati, "passano altri due mesi da quando il rifugiato paga le marche da bollo a quando materialmente gli viene consegnato il permesso di soggiorno e può andarsene". Francesco Tipaldi ammette che ci sono persone rimaste nel centro anche 19 mesi. Sono i casi "Dublino", dal nome del regolamento europeo che obbliga i profughi a chiedere asilo nel primo paese in cui sono stati fotosegnalati e identificati con le impronte digitali (vedi Dublinante). Chi poi si sposta e rinnova la richiesta in un altro paese dell'Ue viene rispedito in Italia per ricominciare tutta la trafila.
Roma. Per il Cara di Castelnuovo di Porto, la gara è in corso al momento in cui scriviamo. Per il triennio fino al 2016 l'appalto è di 21.352.500 euro. Per ora la struttura è ancora in mano all'Associazione temporanea di imprese (Ati) formata dalle associazioni Acuarinto di Agrigento e Synergasia di Roma con a capo la francese Gepsa (Gestion etablissements penitenciers services auxiliares) e Cofely Italia, entrambe sono società che appartengono al gruppo Gdf-Suez, multinazionale dell'energia. Gepsa in Francia lavora nel campo delle carceri. Il valore complessivo dell'appalto per il periodo 2010-2013 è stato di 34 milioni e 500mila euro, al netto dell'Iva. Utenze e manutenzione del centro restano a carico della prefettura. La capienza teorica è 650 posti, quella effettiva 800. I tempi di permanenza media calcolati ad agosto 2013 sono stati di 255 giorni (dato ufficiale del ministero dell'Interno), pari a 8 mesi e mezzo.
Bari. La tensione è molto alta nel Cara di Bari Palese, costruito nel 2008 all'interno della base dell'aeronautica militare con dei prefabbricati che lo rendono simile a un campo Rom. Il 3 luglio 2013 un ragazzo curdo di 25 anni è morto accoltellato in una rissa fra nazionalità diverse e altri tre sono stati feriti. Sul centro pende un esposto in Procura per violazioni dei diritti umani da parte di Cgil, Padri Comboniani e Acli. I magistrati hanno aperto un'inchiesta. La denuncia punta il dito sul sovraffollamento che "viola la capienza vitale minima di 7 metri quadrati per ogni persona detenuta o ospitata", prevista dalle convenzioni europee. Ci sono 1400 persone per 744 posti. Anche qui il gestore è lo stesso da quando esiste il centro. In questo caso la cooperativa lucana Auxilium che gestirà il Cara di Bari fino al 2015 con un'indennità pro capite pro die di 33 euro, di cui al migrante vanno 3 euro e 50 centesimi al giorno in beni e prodotti. Il valore dell'appalto triennale è di 14.454.600 euro al netto dell'Iva.
"La situazione nel Cara di Bari resta molto critica", dice Fabio Losito, assessore all'Accoglienza del Comune "è sempre sovraffollato ormai da 4 anni. È un'emergenza permanente”. L'aeroporto di Palese deve allungare la pista e il centro sorge proprio in mezzo, per questo dovrà essere spostato. Il costo dell'operazione è di 5 milioni di euro prelevati dal Pon (Programma operativo nazionale) Sicurezza. È intenzione del Viminale ampliare il Cara fino a 1500 posti e spostarlo nell'area adiacente al Cie. "Il nostro timore è che ci si ritrovi con una concentrazione ancora superiore", spiega Losito "e le concentrazioni producono tensioni che sfociano in tragedie".
Dal primo ottobre 2013 la cooperativa di Senise gestisce anche il Cara e il Cie di Pian del Lago a
Caltanissetta, 552 posti totali. Il valore dell'appalto fino al 2015 è di circa 18 milioni di euro.
[2] Fonte: sito del Ministero dell’Interno
[3] Trappolini F., op. cit.
[4] Convegno “Immigrazione – una sfida e una necessità” – da migranti a cittadini: undici proposte Radicali per un salto di qualità
[5] Le informazioni di questa scheda sono tratte dall'inchiesta di Cosentino R., Il grande business dei Centri accoglienza. La loro gestione diventa una miniera d'oro", Repubblica.it 16 ottobre 2013
L’informazione è scorretta perché si collega un centro di accoglienza per richiedenti asilo ai clandestini, si tratta di due figure completamente diverse. Nel Cara ci sono solo migranti giunti irregolarmente in Italia che hanno fatto domanda di protezione internazionale per il riconoscimento dello status di rifugiato, a causa di guerre e persecuzioni nei Paesi d’origine. Tutti i migranti che hanno accesso al Cara seguono un iter burocratico di accesso che prevede anche il rilevamento delle impronte digitali. Leggendo l’articolo, il lettore è indotto a pensare che nel centro di accoglienza si nascondano dei ‘clandestini’.Consulta le voci corrispondenti: clandestino e richiedente asilo.
Siracusa, bufera sul Centro immigrati
(quotidiano nazionale, 9 gennaio 2009)
L’autore dell’articolo sulla presunta truffa operata da una Onlus che gestisce un Cara, comincia così:
Centri di accoglienza per immigrati che spesso si trasformano in macchine mangiasoldi. Centri che in questi ultimi mesi sono sorti a macchia d' olio in tutta Italia per fare fronte all' «emergenza clandestini». E tra loro quello di Cassibile, in provincia di Siracusa, dove la Procura della Repubblica ha chiesto il rinvio a giudizio per i responsabili del centro di accoglienza […]