Hanno il compito di esaminare le istanze di riconoscimento della protezione internazionale.
L’esame delle richieste di protezione internazionale dovrebbe essere celere, 35 giorni al massimo, ma in realtà passano diversi mesi, a volte anche un anno. Nel frattempo, il richiedente asilo (vedi) deve rimanere all’interno di centri di trattenimento all’ingresso nel Paese, i Cara (vedi), che sono luoghi non detentivi, parzialmente aperti.
Le Commissioni sono dieci e hanno attualmente sede a Milano, Gorizia, Roma, Foggia, Crotone, Siracusa, Trapani, Torino, Caserta e Bari. Dal 2011, con il flusso di circa 60mila profughi dal Nord Africa sono state istituite dodici sezioni delle dieci commissioni territoriali[1].
Sono composte da un funzionario della carriera prefettizia, con funzioni di presidente, da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell’UNHCR. Esse sono indirizzate e coordinate dalla Commissione Nazionale per il Diritto d’Asilo, un tempo unica titolare delle funzioni loro conferite.
[1] Dato fornito dal sottosegretario al ministero dell’Interno Saverio Ruperto in un intervento alla Camera dei Deputati il 10 maggio 2012 in risposta all’interpellanza parlamentare dei deputati Pd Rosa Villecco Calipari e Jean Leonard Touadì
Un caso di particolare rilevanza è stato quello che ha visto protagonista il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo (Ct), aperto nel 2011 del residence ‘Villaggio degli aranci’ in seguito alla dichiarazione dell’emergenza Nord Africa. Il trasferimento di quasi 2000 richiedenti asilo da tutti i Cara d’Italia ha causato lentezze bibliche nell’esame delle domande di protezione da parte dell’unica commissione territoriale di Siracusa. È stato necessario il trasferimento delle cartelle con i documenti e in molti casi, i richiedenti avevano già passato anche oltre sei mesi in altri Cara in attesa dell’audizione, oppure erano stati auditi ma ancora non conoscevano l’esito dell’iter. Questo ha causato molti ritardi e gravi tensioni. I migranti hanno più volte occupato per protesta la strada statale Catania – Gela che passa nelle vicinanze del centro.
Il 30 giugno 2011 Konstantinos Moschochoritis, direttore generale di Medici senza frontiere Italia, dichiarava a Redattore Sociale: “Dopo la primavera araba e il caso specifico della Libia erano prevedibili le conseguenze per l’Italia. Sapevamo benissimo da tempo la situazione dei cittadini di paesi terzi presenti in Libia per transito, per lavoro o nei campi di detenzione, quindi era ovvio che sarebbero fuggiti dalla guerra. Invece ci sono state misure emergenziali non adeguate. L’esempio di Mineo e della lentezza della procedura d’asilo è un caso chiaro che non siamo adeguati alla realtà. Anche se ora al cara di Mineo hanno aumentato il ritmo, nessuno può smentirci quando diciamo che le procedure sono lentissime”[1]. Un altro appello a velocizzare l’iter dell’esame delle domande di asilo è del 26 aprile 2012. "Il Governo si impegni a potenziare la Commissione territoriale e la Commissione interna incaricate di esaminare le domande di asilo presentate dagli ospiti del Centro accoglienza richiedenti asilo di Mineo: occorre porre rimedio alla lentezza dei tempi di esame delle domande di asilo e dei ricorsi presentati dai richiedenti asilo che hanno ottenuto un primo diniego alla loro istanza"[2]. Lo ha detto il senatore del Pd Roberto Della Seta, che ha presentato come primo firmatario insieme al senatore Salvo Fleres una mozione in Senato, dopo la visita al Centro di Mineo.
Mineo protesta: immigrati bloccano la strada statale Catania - Gela
E'iniziata questa mattina alle ore 8:45 la protesta degli oltre 300 immigrati ospitati nel Cara di Mineo. Gli extracomunitari stanno bloccando la strada statale 417 della Catania - Gela per chiedere lo status di rifugiati politici.
(sito internet locale, 27 luglio 2011)
All’interno dell’articolo leggiamo: La protesta di oggi è il terzo episodio di rivolta da parte degli immigrati . Ricordiamo che già gli scorsi 6 giugno e 20 giugno, un centinaio di loro, ospiti del Villaggio della Solidarietà di Mineo, avevano occupato le due carreggiate della Catania-Gela per manifestare contro la lentezza della burocrazia riguardo il loro status politico.
Immigrazione: proteste al Cara di Mineo
Protagonisti, secondo fonti investigative, sarebbero stati decine di nigeriani che hanno lanciato sassi all'interno della struttura: si lamenta la lentezza burocratica nel riconoscimento dello status di rifugiato politico
(sito internet locale, 23 marzo 2012)
In tutti questi casi, gli ospiti del Cara sono richiedenti asilo oppure diniegati (vedi). È un’informazione scorretta identificarli come ‘extracomunitari’. “Extracomunitari, insieme a clandestino, sono due termini usati spesso sui giornali per riferirisi ai rifugiati, indica un senso di non appartenenza, di esclusione [3] - spiega Monica Serrano dell’Associazione Laboratorio 53 – un altro stereotipo che ritorna sui media è che chi scappa dal proprio paese lo fa perché ha commesso qualche reato, perché sarebbero criminali nella terra d’origine”. Si può usare come sinonimo il termine migrante forzato.
Registriamo qui di seguito anche due esempi di buon giornalismo che affrontano correttamente il problema, contestualizzandolo e spiegando al lettore cosa sono le commissioni territoriali. Infatti le notizie di cronaca su un tema così complesso e pieno di nozioni giuridiche come la protezione internazionale, non possono essere improvvisate. Si rischia di scrivere cose inesatte o errate, di non usare i termini giusti e di veicolare informazioni false.
Portati a Mineo i richiedenti asilo di tutta Italia
Risposta all'ondata migratoria su Lampedusa
L'ODISSEA DEI RIFUGIATI
Per trovare nuovi spazi agli immigrati approdati nell'isola, il ministero dell'Interno sta svuotando tutti i CARA (i Centri di Accoglienza per Richiedentti Asilo). Concentrando però tutti in Sicilia si esautorano di fatto le Commissioni territoriali dislocate nelle regioni che svolgono le indagini sulle richieste d'asilo. Un'interrogazione parlamentare del PD
(testata online nazionale, 22 marzo 2011)
"Tutti in Sicilia. Tutti nel villaggio della solidarietà, a Mineo". Provincia di Catania. L'operazione-svuotamento dei CARA (i centri di accoglienza per richiedenti asilo) è cominciato stamattina in tutta Italia. La speranza - annunciata - del ministro Maroni è creare così nuovi spazi per fronteggiate l'ondata di sbarchi a Lampedusa. La decisione di sistemare nel luogo che, fino al 31 dicembre scorso, era occupato dai militari della base NATO, riguarda le persone che nel corso del tempo sono sbarcate in Italia e che hanno chiesto asilo, in fuga da paesi in guerra, oppure da luoghi dove non esistono le garanzie minime nel rispetto degli elementari diritti umani. Gente ancora in attesa della risposta delle Commissioni territoriali, incaricate di assegnare ad ogni richiedente lo status di protezione internazionale
In un passo seguente, l’autore dell’articolo affronta questione di cui ci occupiamo in questa voce.
Che fine fanno le Commissioni territoriali? La scelta del governo pone però subito diversi problemi. Prima di tutto solleva la questione del ruolo che dovranno svolgere le Commissioni territoriali, da ora in poi esautorate, per ragioni evidenti. Se infatti tutti i richiedenti asilo verranno sistemati in un unico luogo, spetterà soltanto alla Commissione territoriale di Siracusa (non di Catania, nella provincia della quale Mineo fa parte) gestire le inchieste che riguardano i richiedenti asilo. Questo, inevitabilmente, finirà per complicare le cose. Intanto, ritarderà i tempi di accertamento e inoltre, i casi di ricorso andranno ad aggravare il lavoro dei Tribunali della zona.
All’interno dell’articolo vengono registrate le proteste dei massimi organismi nazionali e internazionali sul diritto di asilo. “Il sistema decentrato è stato una conquista, che adesso rischia di vanificarsi. Far convergere tutto a Mineo rimette in discussione l'assetto del sistema di asilo” dichiara Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati.
«Baffi si dimetta dalla commissione per le richieste d’asilo politico»
«L’ex dirigente dell’ ufficio immigrazione - denuncia l’organizzazione umanitaria di Schiavone - ha partecipato a Gorizia a una riunione anche dopo che era scoppiato il caso di Alina»
(sito internet di un quotidiano locale, 10 giugno 2012)
Per il caso di Alina, la donna ucraina morta in circostanze ancora da chiarire durante un trattenimento illegale nel commissariato di Villa Opicina, a Trieste, consulta la scheda Esempi/casi alla voce nazionalità.
Partendo da questa notizia di cronaca:
L’ex dirigente dell’Ufficio immigrazione della questura Carlo Baffi - rimosso dall’incarico e trasferito all’Ufficio personale dopo l’avvio dell’indagine a suo carico per sequestro di persona e omicidio colposo in relazione alla morte di Alina Bonar Diaciuk - è ancora componente supplente della Commissione territoriale di Gorizia cui spetta l’esame delle domande d’asilo presentate in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige. Baffi, che fa parte della Commissione da un anno e mezzo, risulta inoltre aver partecipato ad una seduta dei lavori anche dopo l'avvio dell'inchiesta che lo riguarda. Una presenza che i rappresentanti di Ics - Consorzio Italiano di Solidarietà giudicano assolutamente inopportuna.
Il giornalista che scrive il pezzo spiega al lettore come funzionano le Commissioni territoriali e il loro ruolo nel riconoscimento della protezione internazionale.
Dieci in tutta Italia, le Commissioni territoriali sono l’unico organismo deputato ad accogliere o bocciare le richieste d’asilo nel nostro Paese. Quella di Gorizia che, non a caso, ha sede vicino al Cara di Gradisca, è costituita da quattro membri nominati dal ministro dell’Interno con incarico triennale e rinnovabile. I componenti effettivi, in questo momento, sono appunto il viceprefetto Adolfo Valente, la rappresentante Unhcr Veronika Martelanc, la rappresentante di un ente territoriale designato dalla Conferenza Stato - città e autonomie locali Renata Donati e il funzionario della Polizia di Stato Emilio Di Vitto. Per ciascuno dei membri effettivi sono appunto previsti uno o più supplenti. Le Commissioni hanno il delicato compito di condurre l’audizione - la cosiddetta intervista - del richiedente, decidendo a maggioranza (in caso di parità il voto del presidente vale doppio) se la persona abbia diritto o meno alla protezione internazionale che nel nostro Paese prevede tre formule: status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria.
Viste da vicino le Commissioni mostrano più di qualche falla nel sistema d'asilo del nostro Paese: i componenti non ricevono una formazione specifica in materia di asilo e di diritto dei rifugiati. Ne consegue una disomogeneità del modus operandi delle dieci Commissioni con il rischio che la procedura d'esame delle richieste d'asilo sia affidata alla casualità del commissario che conduce l'intervista quel determinato giorno. Il requisito di collegialità nella prassi è infatti spesso disatteso poiché, dopo firma dell'apposita liberatoria da parte del richiedente all’inizio dell’intervista, si preferisce procedere al colloquio davanti un unico membro che poi in sede di votazione riporterà il caso agli altri componenti. Eloquenti sono i dati riferiti al periodo 2008-2010 contenuti nello studio “Il Diritto alla Protezione” diretto dall’Asgi: la Ct di Gorizia ha un tasso di rigetto delle domande d'asilo pari al 59,4%, ben sopra la media nazionale della percentuale di riconoscimento di protezione che si attesta sul 50%. A Trapani le domande rigettate nel triennio sono state il 25% mentre a Torino hanno superato il 60%.
[1] Asilo, Medici senza frontiere: “Emergenza che va avanti da anni”, Redattore Sociale, 30 giugno 2011
[2] Cara di Mineo, ''velocizzare l’esame delle domande d’asilo e dei ricorsi'', Redattore Sociale, 26 aprile 2012
[3] Intervista febbraio 2012