Rom e Sinti è l’espressione più corretta per il semplice motivo che questi sono i termini che gli stessi appartenenti alla comunità utilizzano quando parlano tra di loro. È anche la dicitura scelta dall’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) e il piano d’azione presentato dall’Italia a Bruxelles il 28 febbraio 2012 si chiama Strategia nazionale d'inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti. Nei documenti internazionali si usa il termine Rom (Roma è il plurale in inglese) con l’iniziale maiuscola, specificando che ci si riferisce a una grande varietà di gruppi differenti (Rom, Sinti, Kalé, Romanichels, Boyash, Manush, Ashkali, Egyptians, Yenish, Travellers, Dom, Lom ecc.) identificati dal Consiglio d’Europa. Il termine “Rom” è stato scelto in occasione del Primo Congresso Mondiale dei Rom, svoltosi nel 1971 a Londra che ha anche stabilito un inno (Gelem, Gelem), una giornata internazionale dei Rom da celebrare l’8 aprile, primo giorno del Congresso, e una bandiera (azzurra e verde con una ruota rossa al centro). Il 2 agosto si commemora invece il Porrajmos o Samudaripen, l’Olocausto Rom, dalla data in cui nel 1945 quasi 3 mila Rom e Sinti furono massacrati nel “campo zingaro” di Auschwitz- Birkenau, dove almeno 23 mila furono uccisi con il gas durante la Seconda Guerra Mondiale (500mila i Rom e Sinti sterminati dai nazisti). La “Z” era la lettera tatuata sulle braccia dei Rom nei lager e anche per questo la parola zingaro può essere vissuta come un’offesa dagli appartenenti alla comunità. La bandiera serve a rappresentare un popolo e non uno stato con frontiere definite. Il colore azzurro simboleggia il cielo, la libertà e la spiritualità; il verde indica la natura, la terra e gli aspetti materiali della vita. La ruota a sedici raggi di colore rosso rappresenta il viaggio, la crescita e il progresso, ma è anche un riferimento all’origine indiana dei Rom: si ispira al chakra raffigurato nella bandiera indiana (a 24 raggi).
Il Consiglio d’Europa ha deciso di adottare il termine generico Rom dal 2010 (dopo avere utilizzato varie terminologie a partire dal 1970) e ha realizzato un glossario che prende in considerazione il punto di vista dei Rom. Il glossario inizia spiegando che nei secoli le decisioni politiche sono state indotte “più dal pregiudizio che dalla conoscenza della realtà storica e culturale Rom”. Lunghi anni di discriminazione nei loro confronti hanno dato origine a denominazioni peggiorative da parte delle popolazioni non Rom e dei pubblici poteri, quali, ad esempio, il termine zingaro, che ha acquisito un senso particolarmente dispregiativo (e per questo se ne sconsiglia l’uso). Oppure nomade, anch’esso sconsigliato nelle lingue in cui ha una connotazione negativa come il francese e l’italiano. Il nomadismo non è mai stato il vero fattore caratterizzante dei Rom: gli spostamenti continui di queste popolazioni sono stati determinati dalle persecuzioni e dalle espulsioni. Solo una minoranza di Rom europei ha scelto un modo di vita itinerante: la maggior parte sono diventati sedentari, seppure in condizioni estremamente precarie.
Occorre distinguere i Rom/Sinti/Kalé, i cui antenati sono giunti dal nord dell’India tra l’XI e il XIV secolo, dalle comunità autoctone, quali i Travellers (Viaggianti) in Irlanda e nel Regno Unito, o gli Jenisch in Svizzera e Francia. I Rom rappresentano l’88%. I Sinti il 3% e sono presenti essenzialmente nelle regioni germanofone, nel nord dell’Italia e nel sud della Francia (in Provenza), dove sono chiamati Manouches (o Manush). I Kalé (chiamati “Gitani”) vivono nella penisola iberica e anche nel Galles del nord. Il termine “gitani” non è equivalente all’italiano “zingari”. In Spagna gli 800 mila gitani sono un vanto per la cultura nazionale, tanto che si parla del “modello spagnolo” come esempio per tutta l’Europa. Flamenco a parte, non bisogna credere che gli spagnoli siano esenti dal razzismo verso i rom. I gitani partivano da condizioni peggiori rispetto a tutti gli altri gruppi Rom d’Europa. Sotto la dittatura di Franco, gli era vietato lavorare, studiare e perfino riunirsi in più di 4 persone. Ma dopo la morte del dittatore, la costituzione democratica è stata inclusiva. Essendo i gitani i cittadini più poveri, hanno beneficiato delle maggiori risorse destinate al welfare per le fasce deboli della popolazione. Non sono stati discriminati nelle politiche per la casa, perché vengono trattati in questo ambito prima da spagnoli e poi da gitani. Il modello spagnolo funziona perché ha puntato prima di tutto ad alzare il tenore di vita delle famiglie, investendo su istruzione e lavoro. Dopo trent’anni di programmi governativi e una spesa molto consistente, i risultati parlano da soli. Il 92% vive in appartamenti o case normali, la metà dei Rom ha l’abitazione di proprietà, solo il 4% abita ancora nelle baracche. Tutti i bambini sono iscritti alla scuola elementare e l’analfabetismo complessivo è molto basso, attorno al 15%.
Nello stesso paese possono vivere comunità differenti: ad esempio, in Germania e in Italia si parla di “Rom e Sinti”. Secondo Nazzareno Guarnieri, Rom abruzzese e presidente della Federazione Romanì, “Rom e Sinti non sono due popoli e due culture, ma due comunità della popolazione Romanì, come Lombardia e Veneto sono due regioni italiane”. La sua associazione sta lavorando “alla costruzione di una nuova romanipé (lo spirito, l’essenza della cultura Rom, in linguaromanes), un’identità culturale comune Rom che passa attraverso la diffusione di un romanes standard, perchè quello che ci unisce non può essere un pezzo di terra ma la lingua”. Quindi è corretto usare queste espressioni: Popolazione Romanì, comunità Romanes o Rom (abbreviato). Dobbiamo ricordare però che i Sinti tengono molto alla propria identità. Eva Rizzin, esponente di un gruppo Sinto, afferma: “Popolazione Romanì è stato coniato successivamente, può andare bene a livello accademico, ma i Rom che non conoscono l’attivismo europeo non usano questo termine. Rom e Sinto lo capiscono ovunque. Per la mia esperienza a livello europeo, si preferisce Roma People, ma senza sminuire l’eterogeneità che esiste in tutti i gruppi e sottogruppi”.
In alcune varianti del Romanì si raddoppia la “r” e si parla di Rrom. A volte questo risponde anche all’esigenza politica di distinguere i Rom dai Romeni. Il Romani (romani ćhib) è la lingua dei Rom, detta anche Romanes.
I Rom si autodefiniscono una nazione, ma “senza un territorio compatto e senza la pretesa di avere tale territorio” (5° Congresso dell’Unione internazionale Rromani, Praga, 2000). Sono generalmente cittadini dei paesi in cui vivono. Non rivendicano un territorio, bensì gli stessi diritti degli altri cittadini.
Il primo esempio in epigrafe si riferisce a una notizia falsa. Nell’articolo si usa il condizionale ma non nel titolo. La vicenda del finto stupro è diventata tristemente nota perché ha portato una folla armata di “fiaccole” a incendiare un campo Rom di Torino. Il giorno seguente il quotidiano che aveva pubblicato la notizia ha fatto un tardivo mea culpa sul “titolo sbagliato”: Ieri, nel titolo dell’articolo che raccontava lo «stupro» delle Vallette abbiamo scritto: «Mette in fuga i due rom che violentano sua sorella». Un titolo che non lasciava spazio ad altre possibilità, né sui fatti né soprattutto sulla provenienza etnica degli «stupratori». Probabilmente non avremmo mai scritto: mette in fuga due «torinesi», due «astigiani», due «romani», due «finlandesi». Ma sui «rom» siamo scivolati in un titolo razzista. Senza volerlo, certo, ma pur sempre razzista. Un titolo di cui oggi, a verità emersa, vogliamo chiedere scusa. Ai nostri lettori e soprattutto a noi stessi. Non si può non notare che nessuno ha chiesto scusa ai Rom del campo, vittime innocenti di un assalto in stile pogrom, nel quale hanno perso la casa, i beni e i documenti.
Il secondo esempio è invece uno “scoop” che, a distanza di qualche anno, un quotidiano nazionale ha fatto per tre volte su tre edizioni locali: di Firenze nel 2005, di Milano nel 2011, di Palermo nel 2012. Nell’ultima versione la variante diventa: La simbologia utilizzata dalle ladre rom. Si tratta di una leggenda metropolitana, una specie di catena di Sant’Antonio, che circola almeno dagli anni Novanta. L’elenco dei simboli è contraddittorio. Per una banda di ladri non avrebbe molto senso indicare ad altri che una casa è appetibile con il rischio di farsi soffiare il colpo. Infine, un’organizzazione criminale non potrebbe continuare a usare un codice cifrato ormai noto a tutti.
“Compito del giornalista è attenersi alla veridicità dei fatti, bastava digitare su internet per scoprire che è una bufala che alimenta pregiudizi e stereotipi” afferma Eva Rizzin che con Articolo 3 osservatorio sulle discriminazioni di Mantova ha presentato un esposto all’Ordine nazionale dei giornalisti. “Sono recidivi. A parte la leggenda, lo stesso giornale scriverebbe: gli ebrei sono usurai? Sui Rom lo fanno” dice l’attivista. “Reporting Diversity”, un manuale per giornalisti pubblicato a Londra da Media Trust e Society of Editors, fa un esempio simile. We’ll be back say gypsy thugs (Torneremo, dicono i delinquenti zingari) è il titolo di un articolo pubblicato da un giornale britannico su un gruppo di Rom sfrattati dal terreno su cui si erano insediati. “Sostituite black a Gypsy e avrete un titolo che nessun giornale avrebbe pubblicato. Ma entrambi sono ugualmente razzisti” si legge nel manuale.
Sono pure molto frequenti articoli che associano la parola “Rom” alla “paura”. Il Cospe ha ritenuto fortemente discriminatorio e segnalato con una nota indirizzata all’Ordine dei giornalisti della Toscana, l’articolo in cui si parla dell’acquisto da parte della famiglia Halilovich di un’abitazione nel comune di Vergaio e delle reazioni allarmate da parte di alcuni abitanti del luogo. Il giornalista accenna a dei furti avvenuti proprio in concomitanza con l’arrivo della famiglia, pur evidenziando, subito dopo, che non c’è nulla che possa essere suffragato da prove della eventuale colpevolezza dei Rom.
Sui media si sta affermando sempre di più l’uso del termine Rom con valenza negativa, con una connotazione molto simile a zingaro e a nomade, con gli stessi stereotipi e luoghi comuni. In questi casi, il termine Rom resta quello corretto, quello che è scorretto è evidenziare l’origine etnica dell’autore di un reato, cioè l’etnicizzazione del crimine. “È come una responsabilità penale collettiva – afferma Rizzin – perché se un reato è commesso da un Rom o Sinto, diventa il reato di tutta la comunità, per tutti i quotidiani, di sinistra e di destra”. I 12 milioni di Rom sono la principale minoranza europea, ma sono spesso vittime di discriminazione ed esclusione sociale. Da una relazione sulla situazione dei Rom in undici Stati membri pubblicata dall'Agenzia dei diritti fondamentali dell’Ue risulta che un Rom su tre è disoccupato e il 90% vive al di sotto della soglia di povertà. Si tratta di un popolo di giovani, con alta natalità ma basse aspettative di vita. In Italia la percentuale dei minori Rom e Sinti al di sotto dei 16 anni (45%) è tre volte superiore rispetto alla media nazionale (15%) per lo stesso gruppo di età. Gli ultrasessantenni (0,3%) corrispondono a circa un decimo della media nazionale per lo stesso gruppo di età (25%). Questo a causa delle precarie condizioni di vita. Dalla prima indagine voluta dalla Commissione Diritti Umani del Senato è emersa la reticenza a dichiararsi Rom, a causa della “generalizzata tendenza a legare all’ immagine dei Rom e dei Sinti, ogni forma di devianza e criminalità”.
Secondo Rizzin “il problema non è legato al nome ma alla marginalità di Rom e Sinti, una minoranza con più problemi di violazione dei diritti”. Tuttavia, considerare solo questo aspetto significa cadere in errore. “I Rom non sono solo quelli dei campi – dice l’attivista Sinta - tanti non dichiarano la propria identità perché oggi significa essere equiparato a un disonesto, a un criminale. Conosco medici e poliziotti che non dichiarano la propria appartenenza.Ci vuole un bel coraggio a farlo”. Concorda anche Guarnieri: “l’Italia non lo sa perché ci si è occupati sempre e solo dei Rom immigrati (che vivono nei campi). Ad esempio del modello Abruzzo non interessa a nessuno perché noi viviamo nelle case e quindi non siamo più percepiti come Rom”.
Mette in fuga i due rom che violentano la sorella
(Cronaca di Torino, quotidiano nazionale, 10 dicembre 2011)
Il codice dei rom per “segnare” gli appartamenti da derubare
Una X colpo facile. Un triangolo, donna sola
(Quotidiano nazionale, edizione di Milano, 1 aprile 2011)
Casa dei Rom Paura in Paese
(quotidiano locale, 21 aprile 2010)
Paura Rom
Rinviato lo sgombero del campo, protestano i comitati
(edizione Milano di un quotidiano free press nazionale, 23 novembre 2011)
I rom nell'attico di via Bonanno Il condominio:"non li vogliamo"
(cronaca locale di un quotidiano nazionale, 21 aprile 2010)
IN VIA Bonanno 51 la notizia dell'arrivo della famiglia rom ha creato il panico. Nell'attico di 180 metri quadrati confiscato alla mafia al decimo piano del palazzo a due passi da via Libertà, da un giorno all'altro si trasferirà una giovane coppia del campo nomadi alle porte della Favorita con otto figli al seguito. Al primo posto della lista dell'emergenza abitativa del Comune, che ha assegnato loro il lussuoso appartamento. Ma i condomini del palazzo, liberi professionisti e anziani che hanno acquistato le case più di trenta anni fa, non ci stanno. E hanno cominciato a riunirsi casa per casa per trovare una soluzione. «Se entrano loro usciamo noi - dicono i condomini - Non è una questione di razzismo, ma un problema culturale e sociale. È noto che i rom hanno difficoltà a integrarsi. Poi dovrebbero essere nomadi, non sono abituati a vivere in un condominio. Hanno le loro abitudini. Non possono pagare i singoli cittadini i problemi sociali di questa città. Il Comune se ne lava le mani e rifila a noi queste patate bollenti». Qualcuno ha già pensato di mettere in vendita la casa e i pochi affittuari hanno deciso di rescindere il contratto con i proprietari. «Non li vogliamo - dice Giovanna Mortillaro - è una vergogna. Uno viene a vivere in via Libertà, spende tantissimi soldi e poi rischia di vedere il proprio appartamento deprezzato. Ci sono anche molte persone anziane che vivono da sole e che potrebbero non sentirsi al sicuro». Sul piede di guerra soprattutto la famiglia che dovrebbe condividere lo stesso pianerottolo coni romei due residenti del piano di sotto che hanno avuto già tanti problemi con gli inquilini precedenti. Il bene confiscato, infatti, fino a un anno fa era occupato da un'altra famiglia di senza casa, inserita nella lista dell'emergenza abitativa. «Sono in causa con il Comune per questa storia - dice Maria Paola Genco che abita al nono piano del palazzo - le tubature hanno allagato la casa e anche il mio appartamento è andato il rovina. Tutto questo dal 2006 e ancora non ho alcuna risposta. Sono davvero preoccupata al pensiero dell'arrivo di questa famiglia. Non so cosa deve succedere ancora. I precedenti inquilini lanciavano palle di carta infuocate sul nostro balcone. Non era una vita possibile». Al centro della questione anche le spese di gestione dell'appartamento. Non meno di cento euro al mese di condominioe poi il costo dell'acqua che ha un sistema centralizzato. «Non possiamo rischiare che le spese non siano coperte - dice Silvana D'Anna, amministratrice del condominio - stiamo ancora scontando i debiti delle precedenti famiglie di senza casa. Il condominio non può continuarea subire questa situazione. Anche perché quello che non sarà pagato dai rom deve essere distribuito alle altre famiglie. Ci rendiamo conto che c'è in ballo un diverso modo di vivere e di rapportarsi agli altri. Parliamo di un nucleo base di dieci persone, ma poi dobbiamo pensare che le altre famiglie del campo nomadi potrebbero bazzicare qui». Qualcuno lancia anche una provocazione: «Siamo disposti ad acquistare noi l'appartamento - dicono i condomini - ma la legge non lo consente. Così risolveremmo i nostri problemi e potremmo dormire sonno tranquilli».
Assegnato attico a famiglia rom
È protesta: “Le case ai palermitani”
(sito internet locale, 29 aprile 2010)
‘Palermo ai palermitani’: è lo striscione sul muro del palazzo di via Bonanno 51 affisso da una ventina di manifestanti, contro l’assegnazione ad una famiglia di Rom di un attico di 180 metri quadrati, un bene confiscato alla mafia. L’assegnazione dell’immobile è stata decisa dal Comune di Palermo, ma non è stata ancora effettuata. Intanto, una trentina tra rappresentanti di associazioni culturali e residenti stanno manifestando e distribuendo volantini. “Questo è un sit-in – si legge nel volantino – per sensibilizzare le coscienze dei cittadini contro il provvedimento di assegnazione di un super attico ad una famiglia Rom, ponendo un problema sociale nei confronti dei nostri concittadini ad avere un semplice tetto sopra la testa in quella che ancora è, fino a prova contraria, la loro città”. Antonio Rini, consigliere provinciale del Pdl e promotore della manifestazione, dice:”Non abbiamo nulla contro i rom, ma vogliamo soltanto che vengano rivisti i criteri di assegnazione dei beni confiscati alla mafia”. Per Luca Mattina, “non è giusto dare un attico di 180 metri quadrati in pieno quartiere Libertà agli zingari. Il loro posto è la Favorita nei camper e nelle case abbandonate, perché sono abituati così e creerebbero solo problemi. Sono persone sporche che rubano”. Non la pensa allo stesso modo Girolamo Giuliani: “se siamo una comunità – ribatte – dobbiamo dimostrarlo, dobbiamo concretamente dimostrarlo accettando questa famiglia. Le persone sono e devono essere tutte uguali. Mi lascia perplesso questo sit-in perché si sta respirando razzismo a pieni polmoni”. La casa spetta a noi, che abitiamo da anni in una tenda nel fango a Villaggio Ruffini, siamo dei siciliani trattati peggio degli zingari”. Lo dicono Silvana Restucci e Salvatore Spinoli, una coppia che è accorsa in via Bonanno per protestare. “Il comune pensa agli zingari – continuano – e si dimentica di noi che viviamo peggio degli animali, accampati in una tenda e costretti a fare i nostri bisogni nei recipienti. I Rom continuino a stare per strada, noi veniamo prima di loro”. “Adesso scoppia una guerra tra poveri – concludono – perché non gli permetteremo di entrare in casa”. Da parte dei commercianti c’é perplessità. Per Valeria Amari, impiegata in un negozio di fiori di via Bonanno, in linea di principio “tutti hanno diritto ad una casa e quindi anche i Rom. E’ indubbio, però, che vi sia un po’ di paura, perché temiamo furti e rapine. Del resto, di cosa vivono loro?”. Per il cassiere di un discount vicino, invece, “non c’é nessuna differenza, perché a volte i palermitani sono più delinquenti degli stranieri”.
I rom e il Comune senso del pudore
(sito internet locale,21 maggio 2010)
Dunque il Comune ci ha ripensato. L’attico di via Bonanno, a Palermo, non andrà più alla famiglia rom. Le proteste dei residenti hanno convinto l’amministrazione a fare dietro front. Non è la prima volta, e non solo su quest’argomento, che l’esecutivo alla guida di Palermo, si fa per dire, fa marcia indietro. I nostri amministratori, tuttavia, in questo caso hanno dato il meglio. Cercando di porre una pezza all’insurrezione popolare, che non c’era stata quando l’attico apparteneva alla mafia, non si sono resi conto che hanno creato un pericoloso precedente. Come fanno ad essere sicuri che pure gli abitanti dello stabile di corso Calatafimi, nuova destinazione della famiglia rom, non scenderanno in piazza? Nessuno si potrebbe meravigliare, meno di tutti il Comune, se ciò accadesse. E, del resto, perché non dovrebbero farlo, visto che il governo cittadino si è già abbassato come il famoso giunco la prima volta? E se anche nella nuova destinazione si verificasse una sollevazione popolare simile a quella di via Bonanno, verrebbe forse trovata un’altra casa, e poi un’altra ancora? Sempre più in periferia, magari come tappa finale il campo rom. E non è finita qui. .....
Insomma, da qualsiasi parte si guardi questa pietosa vicenda, davvero fa acqua da tutte le parti. E abbiamo l’impressione che ne sentiremo ancora parlare. Ciò avviene proprio nel momento in cui allo Zen è in corso la guerriglia per lo sgombero degli abusivi che hanno occupato illegalmente case già assegnate ad altri. Da una parte si sposta, come una pedina inanimata sulla scacchiera del disagio, chi ha ottenuto una casa nel rispetto di una graduatoria, mettendosela, di fatto, sotto i piedi, dall’altra si allontanano coloro che hanno occupato case non tenendo conto di una lista d’attesa. Circostanze che ci dicono tanto circa l’assenza di una politica sull’emergenza abitativa da parte di questa amministrazione. Ma non c’è solo questo e non riguarda solo l’oggi. La politica residenziale e urbanistica popolare degli ultimi decenni, che ha creato dei veri e propri ghetti dove trasferire tutto il disagio sociale, ha prodotto vere e proprie enclave di illegalità. Non ha diminuito, anzi aggravato, il disagio e ha reso più difficile la vita in quartieri già problematici. Tale politica abitativa, che ancora allo Zen e in altri posti si continua a perpetrare, creando dei non luoghi, deve essere del tutto abbandonata. Perché si continuano a costruire e assegnare case allo Zen? Quale poteva essere e qual è l’alternativa percorribile? Si può dire in due parole. Se le persone bisognose di una casa si fossero integrate singolarmente nel tessuto cittadino, nei luoghi dove già esisteva una socialità in grado di rendere migliore la loro vita, la storia di questa città sarebbe stata diversa e migliore. Si sarebbero tolti alle cosche dei serbatoi sempre pieni di manovalanza e di consenso. ....Non è andata così.
Vigile ucciso dal Suv a Milano, telecamera Atm filma l'assassino
(cronaca locale, edizione online di un quotidiano nazionale,12 gennaio 2012)
Un video ,anzi più filmati, avrebbero ripreso le fasi della fuga della Bmw, dopo l'investimento e l'omicidio del vigile urbano. Gli inquirenti, oltre alle immagine delle telecamere della zona, hanno sospetti in particolare su due persone delle quali si stanno vagliando spostamenti e alibi per la giornata di venerdì. Potrebbero essere legati alla morte del vigile urbano Nicolò Savarino, 42 anni, l'agente travolto e ucciso giovedì pomeriggio da un Suv a Milano, dopo essere intervenuto per fermare la vettura che aveva ferito un anziano giostraio, nomade italiano di etnia sinti.
LA TESTIMONIANZA - Gli investigatori sono arrivati ai sospettati grazie alla testimonianza di un anziano giostraio che già li conosceva. Agli agenti della polizia locale avrebbe fornito il numero di un cellulare di uno dei due. Hanno messo sotto controllo le celle telefoniche e hanno intercettato alcuni messaggi importanti per l'indagine. Non solo, ma i carabinieri di Peschiera Borromeo, che già li avevano fermati altre volte, hanno diramato la loro foto segnaletica. RINTRACCIATO SUV - Un Suv è stato rintracciato nella notte dalla polizia locale a Milano in zona Loreto. Il mezzo, che sarebbe il veicolo che ha investito e ucciso l'agente Savarino in via Varè, zona Bovisa, è stato trovato intorno alle 4, e corrisponderebbe per segni e numeri di targa a quello che si cercava. Secondo quanto confermato dal comando della Polizia locale di Milano, il Suv, un Bmw X5 targato Milano, è di colore bronzo scuro, un particolare che giovedì sera era stato scambiato per nero o grigio metallizzato nelle testimonianze. Dalle prime informazioni non risulterebbe rubato. Sulla vettura sono state riscontrate tracce di sangue umano e la vernice verde della bici dell'agente. Giovedì pomeriggio, dopo aver travolto il vigile, il Suv è ripartito a tutta velocità e si è dileguato. Savarino è morto poco dopo il suo ricovero all'ospedale Niguarda. LE INDAGINI - La polizia va cauta e non conferma ancora: «Siamo lavorando su molte autovetture, ma non c'è nulla di confermato né sul possibile ritrovamento del Suv né su persone fermate». Ad affermarlo il comandante dei vigili urbani di Milano, Tullio Mastrangelo, che smentisce così le voci di un possibile ritrovamento dell'auto. «Stiamo facendo molti riscontri e tutta una serie di indagini - spiega perché abbiamo purtroppo pochi punti da cui partire. Le indagini le conduciamo noi, aiutati da Polizia e Carabinieri, ma restano di nostra competenza. Purtroppo non abbiamo ancora in mano elementi per poter dire di aver rintracciato il suv così come non è vera la notizia del fermo di due persone avvenuto a Ventimiglia». Anche l'assessore alla Sicurezza di Milano, Marco Granelli ha dichiarato al Tgcom24: «Smentisco categoricamente il fermo. Sono da ieri sera con il comandante e il nucleo che sta operando. Abbiamo alcune piste su cui stiamo lavorando ma non abbiamo ancora nessuna certezza nè abbiamo fermato delle persone». [...]
In questo come in altri articoli comparsi su altri quotidiani, si danno informazioni sulla vicenda del vigile urbano Niccolò Savarino di Milano travolto e ucciso da un Suv dopo il ferimento di un giostraio in un parcheggio nella zona Bovisa. In questi articoli si riferisce che gli assassini potrebbero essere nomadi, di etnia sinti, di origine slava o tedesca. Si tratta di fatti non verificabili e che hanno generato disagio soprattutto in lettori di etnia sinti. Alcuni diloro hanno postato i loro commenti sul sito del.....per lamentare che l’ etnia non viene mai citata quando si tratta di notizie positive, mentre – quando si tratta di cronaca nera – i riferimenti all’etnia sono sovrabbondanti e imprecisi. Si fa infatti confusione tra nomade, zingaro, etnia Rom e etniaSinti e così via.
L'Ufficio nazionale antidiscriminazioni ha inviato una lettera al direttore della testata che ha pubblicato l'articolo, sottolineando che nel trattare la storia pubblicando gli aggiornamenti sul sito, si affermava con una certa insistenza che la persona o le persone ricercate dovevano essere di etnia sinti. Il riferimento a questo dettaglio è stato percepito anche da alcuni lettori non solo come inutile per una comprensione degli eventi ma addirittura capace di attirare sulle persone appartenenti a questa etnia un forte discredito sociale.
Ragazzo fulminato dall'alta tensione mentre ruba cavi di rame
L'episodio nel Mantovano. Vittima Fabrizio Amato, ventisettenne di etnia rom.
(cronaca locale, 25 marzo 2011)
PEGOGNAGA. Un ragazzo è morto fulminato dai fili della corrente elettrica, mentre stava tentando di rubare rame dai cavi dell'alta tensione. E' successo a Poggio Rusco, nel mantovano, nelle prime ore di venerdì mattina. Vittima Fabrizio Amato, ventisettenne di etnia rom. Amato, residente a Pegognaga, secondo i carabinieri stava rubando il rame, un metallo particolarmente richiesto e da tempo uno dei bottini preferiti dai ladri. Ad avvalorare la tesi del furto, il fatto che accanto al corpo senza vita del ragazzo sono state trovate una scala, delle cesoie e alcune matasse di fili di rame già tagliati. Ma la vicenda non è stata del tutto chiarita. I carabinieri stanno, infatti, accertando se con Amato vi fosse anche un complice.
Il caso è stato segnalto dall'Osservatorio Articolo3.org
Entrambi i quotidiani locali danno la notizia in prima pagina, ma solo la Voce di Mantova trova opportuno e significativo segnalare la (presunta) appartenenza culturale della vittima (rom), ben visibile sotto al titolo e nel corpo del pezzo, e pubblicare le immagini del cadavere, accanto alla fototessera dei documenti del giovane. Pensiamo si tratti di una cronaca scritta al di fuori dei dettami della deontologia e ai limiti della legge che assicura parità di trattamento indipendentemente dall’origine etnica.
Cosa è accaduto nei giorni successivi? Sorpresa: il ragazzo non è rom e la famiglia ha chiesto una rettifica, che il giornalista ha così formulato:
Fabrizio Amato non era rom ma italiano doc
(cronaca locale, 3 aprile 2011)
Il giovane Fabrizio Amato morto folgorato la notte fra il 24 e il 25 marzo a Polesine di Pegognanga non era di etnia rom....Fabrizio Amato di professione muratore era nato il 19 giugno 1984 a Reggio Calabria da una vecchia famiglia calabrese che non ha mai avuto alcun rapporto di appartenenza con etnie o nazionalità diverse da quella italiana. Per questa ragione ci scusiamo con i parenti e con i lettori...
Sul sito dell'Osservatorio, Eva Rizzin, attivista Sinta, scrive:
Perché nel primo articolo si specifica la (abbiamo visto presunta) appartenenza alla comunità rom?
Sarà forse il frutto di un pregiudizio? Ladro di rame = rom?
E’ utile in questo caso rispolverare alcune riflessioni dal libro "Cause strategiche contro la discriminazione", che ci evidenziano, a proposito del ruolo dei mezzi d’informazione nel campo della discriminazione, che una delle prassi più comuni è quella di non limitarsi a raccontare i fatti di cronaca nera, nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione, così come indica lo stesso Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica.
La tendenza in atto è quella di specificare in modo ossessivo l’origine di chi compie un reato, anche in circostanze in cui definire la nazionalità o l’appartenenza etnica non è necessario per la comprensione dei fatti.
Questa prassi si chiama ‘Etnicizzazione del reato’. Riferimenti così ossessivi creano nei lettori la convinzione che effettivamente un certo tipo di reato viene compiuto esclusivamente da persone migranti o da persone di origine etnica minoritaria. Eppure il giornalista, nell’esercizio della sua professione ha il “dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e di non discriminare nessuno per la razza, la religione, il sesso, le condizioni fisiche e mentali e le opinioni politiche”.
"Fabrizio Amato non è rom ma italiano doc". Ma lo sappiamo che la maggior parte dei rom e sinti in Italia sono cittadini italiani? L’articolo si chiude con le scuse del quotidiano per l’imprecisione: dare del rom è un’offesa ormai.
Il giornalista, sempre anonimo, si scusa quindi con la famiglia, perché mancano le scuse alla minoranza rom, indebitamente associata ai ladri di rame?
E.U. Calls France’s Roma Expulsions a ‘Disgrace’
(New York Times,14 settembre 2010)
PARIS — In blunt language, the European Commission on Tuesday called France’s deportation of Roma a “disgrace” and threatened legal action against the French government, claiming that it had misled European officials and that it was breaking European law. President Nicolas Sarkozy, who faces record low approval ratings at home, has called Roma camps a source of crime and prostitution. Over the summer, his government expelled about 1,000 Roma, also known as Gypsies, in a move criticized by human rights groups and the Socialist opposition. Over the weekend, a French directive was leaked that singles out the Roma as an ethnic group in the crackdown, contradicting repeated assurances by the government to the contrary. The European Union justice commissioner, Viviane Reding, said that it was “shocking” that assurances given by French ministers in Brussels were being directly contradicted by actions in Paris. “My patience is wearing thin. Enough is enough,” a visibly angry Ms. Reding said at a news conference in Brussels. “No member state can expect special treatment when fundamental values and European laws are at stake.” Ms. Reding likened the focus on Roma communities to ethnic cleansing. This was, she said, “a situation that I had thought that Europe would not have to witness again after the Second World War.” The comments were embarrassing for the French government and were likely to put France’s relations with the European Commission under strain. While any legal proceedings could be lengthy, the prospect of a public shaming seemed to have forced Paris to soften its stance already. On Monday, Interior Minister Brice Hortefeux signed a replacement directive that left out the reference to “Roma.” Discriminating on ethnic grounds contravenes not only European Union laws and charters, but also the French Constitution. One prominent French organization supporting immigrant rights, Gisti, said it also was contemplating a lawsuit against the government. “Can you imagine a directive explicitly naming Jews or Arabs?” asked Stéphane Maugendre, the president of Gisti, on France Info radio. But if French officials were backpedaling behind the scenes, publicly they expressed little remorse. “The reality is French authorities have acted responsibly and with full respect of the law,” said Jean-François Copé, the parliamentary leader of Mr. Sarkozy’s center-right U.M.P. party. The spokesman for France’s Foreign Ministry, Bernard Valero, expressed his “astonishment” at the commission’s announcement. “We don’t think that with this type of statement we can improve the situation of the Roma, who are at the heart of our concerns and our action,” Mr. Valero told reporters. Ms. Reding said she would recommend to the full European Commission that it force France into line with European Union law. Because France has already changed the directive, such legal action is unlikely to have a significant impact on policy. The European Commission, the guardian of the European Union’s governing treaty, is usually at pains to deal diplomatically with national governments and has spent weeks discussing the situation with the French authorities. Not only has Ms. Reding held meetings with French officials but the European Commission president, José Manuel Barroso, has also met with both the French president and the French prime minister, François Fillon. Last week, the French immigration minister, Éric Besson, promised the European Parliament that “France has taken no specific measure regarding the Roma.” After the police directive was leaked, Mr. Besson said he had not been aware of it.