Nuovi italiani [seconde generazioni, baby immigrati]
Nel momento in cui scriviamo, Nuovi italiani appare essere l’espressione migliore per indicare gli immigrati che hanno acquisito la cittadinanza italiana, ma anche i figli degli immigrati nati in Italia o arrivati da piccoli che qui hanno studiato, anche se formalmente non hanno ancora la cittadinanza italiana.
Il Corriere della Sera, il Messaggero e l’Unità hanno rubriche e blog intitolati così. Tuttavia l’espressione è ancora poco usata. Il ritardo del linguaggio è simbolo dell’arretratezza culturale italiana nell’affrontare la nuova società profondamente mutata dal fenomeno migratorio. “L’approccio verso l’immigrazione resta nel 90% dei casi legato alla cronaca, alla violenza, ai furti – afferma Khalid Chaouki, giornalista di origine marocchina – Viene data sempre un’immagine negativa e si parla solo di storie eccezionali. Ma non parlare dei nuovi italiani, dei figli degli immigrati significa negare una fetta della società e tacere completamente le storie positive, quotidiane, ordinarie. Gli addetti ai lavori sanno bene che gli immigrati servono al Paese, ma nei racconti mediatici sembra sempre che vogliano invadere l’Italia”.
Secondo l’ultima stima, gli immigrati sono 5 milioni e 11 mila (Dossier Caritas/Migrantes 2012). Gli italiani emigrati verso altri Paesi europei e oltre oceano dal 1876 al 1920 erano il triplo: 15 milioni. Nel 1913 si registrò il picco massimo della storia dell’emigrazione italiana con quasi 900 mila persone che lasciarono il Paese. La stima di tutti gli oriundi italiani (discendenti degli emigrati) nel mondo è vicina agli 80 milioni di persone. E l’Italia continua a essere un paese di emigrazione oltre che di immigrazione, anche se il fenomeno passa sotto silenzio e coinvolge soprattutto giovani istruiti. Ad aprile 2010 i cittadini italiani residenti all’estero erano 4.028.370, aumentati di circa un milione in 4 anni. I migranti nel mondo sono 200 milioni, il 3% della popolazione mondiale di 6,5 miliardi di persone. È evidente che non c’è nessuna invasione. La stragrande maggioranza degli esseri umani rimane nel paese d’origine. La migrazione è l’eccezione, non la regola. L’uomo si è sempre spostato alla ricerca di nuove opportunità, non solo per sfuggire a difficili condizioni in patria, ma anche semplicemente per migliorare la propria vita. Infatti non sono solo i poveri a spostarsi, ma sono in aumento anche le migrazioni fra le nazioni ricche.
Gli immigrati danno un notevole aiuto, contribuendo per il 12,1% del Pil italiano. Sono più giovani (32 anni, 12 in meno degli italiani); incidono positivamente sull'equilibrio demografico con le nuove nascite (circa un sesto del totale) e sulle nuove forze lavorative; versano annualmente oltre 7 miliardi di contributi previdenziali, ma sono lontani dal pensionamento; si occupano dell'assistenza delle famiglie, degli anziani e dei malati (vedi Badante). Secondo una stima di fine 2010, ci sono 435 mila imprenditori stranieri, con una crescita del 40% in 5 anni. I lavoratori immigrati al 1° gennaio 2011 erano 2 milioni 89 mila (Istat). Costituiscono un decimo della forza lavoro, sono determinanti in diversi comparti produttivi.
Il numero di stranieri residenti in Italia è ancora notevolmente inferiore a quello registrato nei maggiori paesi europei, in termini sia assoluti sia percentuali sul resto della popolazione, ma è cresciuto molto velocemente in pochi anni. Questo ha comportato ritardi legislativi e un processo di sostanziale chiusura culturale della società italiana nei confronti degli immigrati, causata in parte dalla naturale diffidenza verso lo “straniero”, in parte da una massiccia propaganda che si è basata sull’appiattimento della figura dell’immigrato con l’extracomunitario, il clandestino e il “criminale”. La parola immigrato ha assunto così una connotazione negativa. Per scardinare questo meccanismo si sta quindi affermando la tendenza a usare migranti come il termine più ampio e inclusivo per descrivere cittadini di paesi terzi che entrino o risiedano in Italia. Questo anche se il senso letterale delle due parole è diverso. La differenza è determinata dai tempi verbali. Il participio passato fa riferimento a un evento ormai concluso, in cui la persona vive stabilmente in un Paese diverso da quello di origine. Il participio presente indica un percorso migratorio ancora in atto, in cui la persona non ha ancora raggiunto la destinazione finale del viaggio.
In Gran Bretagna, le comunità di origine straniera che vivono stabilmente sul territorio nazionale e parlano l’inglese, vengono indicate dai principali media innanzitutto come “british” (britannici). Così i somali che abitano a Londra sono chiamati “british somali” oppure “british with somali origins”, a prescindere dalla cittadinanza. Inoltre quando ci sono notizie controverse, viene data voce alle comunità perchè questo le interessa e per evitare discriminazioni.
Secondo Chaouki l’espressione Nuovi italiani “ha una dimensione più politica” ed è quella corretta, accanto a “seconde generazioni dell’immigrazione o semplicemente secondegenerazioni”. Le locuzioni riportate all’inizio sono tutte da evitare perché rappresentano stereotipi o informazioni scorrette. È facile confondere “seconde generazioni di immigrati” con “seconde generazioni dell’immigrazione”. Tuttavia il significato è completamente diverso. La seconda frase è corretta, mentre la prima è fuorviante quanto “immigrati di seconda generazione”. Riferirsi ai figli degli immigrati come a stranieri è discriminatorio e sbagliato. Chi è nato in Italia da genitori immigrati, oppure è arrivato al seguito della famiglia quando era molto piccolo, considera l’Italia come la sua patria e a volte non ha mai messo piede nel paese d’origine dei genitori. Queste seconde generazionidell’immigrazione non sono mai state composte da “immigrati”, cioè da persone emigrate da uno stato a un altro. Inoltre si trasmette l’idea di una seconda ondata di immigrati, mentre in realtà sono solo i figli di chi è arrivato in Italia molto tempo prima.
Sono scorrette anche le definizioni baby immigrati o bambini immigrati, quando si tratta di bambini figli di immigrati o nati in Italia ma con cittadinanza straniera. I nuovi italiani sono in aumento nelle scuole, da diversi anni a questa parte. Non è raro quindi trovare il più banale dei titoli che per richiamare l’attenzione associa la parola boom o peggio invasione a “baby immigrati”. Boom, di origine inglese, è onomatopeica e indica il suono di un’esplosione, inquadra il tema sociale delle migrazioni in un’ottica emergenziale e allarmistica. L’immigrazione è un fenomeno strutturale della società italiana, quindi parlare ancora di boom è desueto e fuori luogo. Come sentire un Tg nazionale che il 17 aprile 2010 dice: Immigrazione, boom di cognomi stranieri nelle piccole città. Nel servizio si parla anche dei cognomi meridionali al nord, citando il fatto che “ad Aosta sono calabresi ben otto cognomi sui primi dieci”, ma nel titolo viene data enfasi soltanto a quelli stranieri. O, ancora il sito internet di un quotidiano nazionale che il 24 gennaio 2011 titola: 2010, ancora in calo le nascite Ma è boom di piccoli stranieri. Anche in questo caso è scorretto definire “piccoli stranieri” dei bambini nati in Italia, seppure non ancora in possesso della cittadinanza italiana (che secondo la legge non può essere richiesta da minori). Il fatto che si tratti a tutti gli effetti di nuovi italiani è così evidente che le dichiarazioni di un assessore di Roma, tendenti a negare questa verità, hanno scatenato una violenta polemica politica, fino alla richiesta delle sue dimissioni. “I figli di immigrati nati in Italia non sono italiani” aveva detto l’assessore alla Scuola visitando l’elementare Carlo Pisacane il 16 settembre 2010. Il sindaco Gianni Alemanno è stato costretto a sconfessare queste affermazioni: “Si è espressa male”.
Hanno gli occhi a mandorla, pelle ambrata e capelli a spaghetti i nuovi italiani – dice un ottimo reportage sulla Pisacane, andato in onda su una tv nazionale il 30 aprile 2011 – Basta parlare con i bambini quasi tutti nati in Italia per capire quanto siano parte di questa società italiana in divenire. Ma rappresenta un’eccezione nel panorama mediatico.
L’errore fondamentale di considerare stranieri i figli degli immigrati porta a usare troppo facilmente espressioni come classi ghetto e scuole ghetto. I minori con cittadinanza straniera residenti in Italia erano nel 2011 un numero vicino al milione (993.238), di cui il 71% nati in Italia. Se la quota della popolazione straniera sul totale dei residenti (italiani e stranieri) è attualmente del 7,5%, i minorenni rappresentano quasi un quarto della popolazione straniera e quasi il 10% del totale dei minori (italiani e stranieri). La quota raddoppierà entro il 2030 e un bambino su cinque sarà di origini straniere.
Sono quasi 80 mila (78.082, +1,3% rispetto al 2009) i figli di entrambi i genitori stranieri nati nel corso del 2010, cifra che porta a oltre 600 mila il numero delle seconde generazioni nel nostro paese: 650.802, secondo la stima del Dossier Caritas/Migrantes 2011. La loro incidenza sul totale della popolazione straniera è di circa un settimo. Corrispondono al 65,5% del totale dei minori stranieri presenti in Italia (993.238).
Si tratta di un segmento della popolazione in costante crescita – nel 2001, in occasione del censimento, erano circa 160 mila persone – e che con sempre maggiore consapevolezza e insistenza richiede adeguati spazi di partecipazione, a partire dalla revisione della normativa in materia di cittadinanza. Non esiste infatti nessun automatismo o percorso agevolato che garantisca a chi nasce in Italia da genitori stranieri – o anche vi arriva in tenera età – l’acquisizione della cittadinanza italiana, con un’evidente mancanza di rispondenza tra lo status giuridico e l’identità personale e sociale costruita nei percorsi formativi e nelle relazioni intessute nello spazio della propria esistenza. Secondo l’articolo 2 della legge 91/1992, lo straniero nato in Italia può richiedere la concessione della cittadinanza italiana solo al compimento del diciottesimo anno, ed entro un anno da quella data, se in grado di soddisfare alcuni requisiti, primo tra tutti la residenza ininterrotta (e certificata) sul territorio nazionale.
Scuola
Per l'anno scolastico 2011/2012 si contano 755.939 alunni stranieri di ogni ordine e grado, di cui 334.284 sono i nati in Italia. (Dati Miur). Le previsioni sull'anno 2012/2013 riferiscono che la cifra arriverà agli 800 mila. Rispetto al 2010/2011 che segnava le 711 mila unità, (7,9% della popolazione scolastica) si registra un aumento di 36.238 unità, così distribuiti: +3.146 nella scuola dell’infanzia, +11.097 nella primaria, + 20.891 nella secondaria di II grado, mentre nella secondaria di I grado si assiste ad una diminuzione pari a 4.461 studenti.
Oltre uno su tre alla primaria (elementare). Il 20,7% degli alunni stranieri (il 20,3% nell'anno 2010/2011)si concentra alle scuole materne, il 35,5% alle scuole primarie, il 22% alle scuole secondarie di primo grado, il 21,7% alle scuole secondarie di secondo grado. La maggioranza degli studenti stranieri delle superiori, nel complesso 164.524 (erano 153.513), predilige gli istituti professionali per il 53,4%; fra questi il 21,4% sceglie l'indirizzo professionale e il 32% scegli quello tecnico. I licei sono scelti dal 46,6% degli studenti stranieri.
Provenienza. La nazionalità più diffusa nelle classi è quella romena, con 126.452 alunni, seguita da quella albanese (99.205), dalla marocchina (92.542) e dalla cinese (32.691). [1]
Aumenta il numero dei nati in Italia. Aumentano gli studenti con cittadinanza non italiana che frequentano le nostre scuole. Secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero dell'Istruzione, nell'anno scolastico 2011/2012 ammontano a 755.939, contro i 710.263 dell'anno scolastico 2010/2011, quando si era registrata una crescita di 36.463 unita'. Il 44,2% degli studenti con cittadinanza non italiana e' nato in Italia (334.284 in valore assoluto). Da questo punto di vista, le percentuali maggiori si registrano in Lombardia e Veneto, dove la meta' degli studenti stranieri iscritti (il 50,9%) e' nata nel nostro paese[2].
Nuovi italiani, a causa del permesso di soggiorno si iscrivono negli istituti tecnici per trovare lavoro. I risultati di una ricerca della rete G2 sui figli di immigrati che alle superiori hanno scelto scuole professionali. A parità di giudizi con gli italiani non vanno all’università per la necessità di lavorare presto. Non avere la cittadinanza italiana anche se si è nati in Italia influenza in modo determinante le scelte di vita dei figli degli immigrati, che si iscrivono in massa negli istituti professionali e non accedono all’istruzione universitaria. È quanto emerge dalla Ricerca "Le seconde generazioni tra mondo della formazione e mondo del lavoro" promossa nel 2012 da Rete G2 Seconde Generazioni in collaborazione con ASGI, Save The Children con il contributo dell'UNAR, nell'ambito del progetto R.E.T.E. (Rows Emergencies and Teen Empowerment).
“L’alto numero di figli di immigrati iscritti agli istituti tecnici è dovuto in parte alla loro condizione di italiani con il permesso di soggiorno – si legge nelle conclusioni - Tale condizione, infatti, determina la scelta di percorsi di formazione che accelerino la ricerca del lavoro al termine degli studi superiori (nonostante non ci sia una correlazione diretta tra lo studiare in un Istituto Tecnico o in un Istituto Professionale e il trovare facilmente lavoro)”. Pur avendo ottenuto ottimi voti alla fine delle scuole medie, a parità di risultati con i ragazzi italiani, mentre questi ultimi si iscrivono ai licei con la prospettiva di andare all’università ed entrare a fare parte della classe dirigente del Paese, i giovani delle seconde generazioni fanno scelte di segno diverso. Dalla ricerca emerge che in questa decisione è fondamentale il ruolo degli insegnanti delle scuole medie inferiori nel consigliare e indirizzare la scelta dei genitori. Nella maggior parte dei casi, gli alunni di seconda generazione sono stati indirizzati verso la scelta d’iscriversi a Istituti tecnici e ai corsi professionali proprio dai loro insegnanti delle scuole medie[3].
Gli alunni con cittadinanza non italiana nelle scuole superiori sono passati dai 130.012 dell’anno scolastico 2008-2009 ai 143.224 dell’anno seguente, salendo complessivamente dal 4,8 al 5,3%. Di questi, oltre centomila studiano nelle scuole professionali e tecniche, dove la percentuale è doppia, intorno al 10%.
La casa.
Il Dossier Statistico Immigrazione 2013 rileva che le compravendite immobiliari da parte di immigrati sono diminuite nettamente negli anni della crisi economica, passando da 135 mila nel 2007 a poco più di 45 mila nel 2012, soprattutto perché i mutui sono sempre più difficoltosi da ottenere e da saldare e coprono una percentuale ridotta del valore delle compravendite. Anche gli affitti, oltre a incidere per il 40 per cento sul reddito degli immigrati (per meno del 30 per cento tra gli italiani), si trovano con difficoltà e spesso nelle aree più degradate, con contratti non sempre regolari, e nell’insieme si stima che circa il 20 per cento degli immigrati viva in condizioni di disagio e di precarietà alloggiativa.
Il lavoro.
Diversi i punti critici che caratterizzano anche l’inserimento nel mondo del lavoro: il sottoinquadramento, una condizione che riguarda il 41,2 per cento degli occupati stranieri; la diffusione del lavoro sommerso; l’acuirsi del lavoro sfruttato e paraschiavistico nonostante un elevato tasso di sindacalizzazione, il cui aumento sembra però essersi arrestato a causa della crisi (oltre 1 milione gli iscritti ai sindacati confederali, l’8,1 per cento di tutti gli iscritti); l’offerta prevalente di lavori a carattere temporaneo; il ridotto inserimento in posti qualificati; l’elevata incidenza degli infortuni (15,9 per cento del totale), la cui riduzione in valori assoluti sembra dovuta più al calo delle ore lavorate conseguente alla crisi che a una maggiore cultura della prevenzione (senza parlare dei cosiddetti “infortuni invisibili”, perché non denunciati: 164 mila in tutto secondo l’Inail).[4]
[1] Dati tratti da Guida all’Informazione Sociale. Fonte: Ismu, Ministero dell’Istruzione, 2011
[2] Fonte: Agi.it, 15 settembre 2012
[3]La ricerca è stata condotta negli istituti tecnici e professionali, dove studia una grossa fetta delle seconde generazioni iscritte alle scuole superiori, su sei città del centro – nord che hanno una maggiore presenza di figli di immigrati: Roma, Firenze, Milano, Torino, Padova, Vicenza. Il campione intervistato è di 100 ragazzi e 55 ragazze con entrambi i genitori stranieri o appartenenti a famiglie miste. In media i genitori degli intervistati sono arrivati da almeno venti anni in Italia. Si tratta a tutti gli effetti di un’immigrazione stabile
[4] Per la casa e il lavoro consulta Dossier Statistico Immigrazione 2013 realizzato da Idos per l'Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali
IL CASO
Immigrati alla seconda generazione
la civil card per i minori nati a Roma
Parte dal X municipio l’iniziativa che permetterà ai figli nati da genitori stranieri e residenti nella capitale di ottenere la cittadinanza
(edizione locale online di un quotidiano nazionale, 13 luglio 2012)
Questo titolo è scorretto perché è vicino alla frase ‘seconda generazione di immigrati’. Abbiamo qui il caso di un titolo in cui la prima riga contraddice palesemente la seconda, dove si spiega che si tratta di ‘minori nati a Roma’, quindi giovani che non sono mai migrati. Sono nati e rimasti a Roma. Ma sono figli di immigrati. Qui la dicitura ‘nuovi italiani’ avrebbe tolto d’impaccio, spiegando poi che si tratta di giovani che hanno diritto alla cittadinanza italiana anche se formalmente non la possiedono.
2010, ancora in calo le nascite
Ma è boom di piccoli stranieri
Nel corso del 2010 la popolazione italiana ha continuato a crescere superando i 60 milioni 600 mila residenti. Ma rispetto all’anno precedente risultano in calo le nascite. In aumento però gli stranieri: sono 4 milioni 563 mila, con un incremento di 328 mila unità.
(sito internet di un quotidiano nazionale, 24 gennaio 2011)
Anche in questo caso è scorretto definire ‘piccoli stranieri’ dei bambini nati in Italia, seppure figli di stranieri e non ancora in possesso della cittadinanza italiana (che secondo la legge non può essere richiesta da minori). Il fatto che si tratti a tutti gli effetti di ‘nuovi italiani’ è così evidente che le dichiarazione di un assessore a Roma, tendenti a negare questa verità, hanno scatenato una violenta polemica politica, fino alla richiesta delle sue dimissioni. Qui di seguito l’articolo che riporta la vicenda. L’autore correttamente sottolinea nel titolo e all’interno del pezzo che si tratta di bambini di origine straniera ma in gran parte nati sul suolo italiano.
IN VISITA ALL'ELEMENTARE MULTIETNICA PISACANE
Marsilio: «I figli di immigrati nati in Italia non sono italiani»
L'assessore alla scuola: «Sbagliato considerarli non stranieri, non è solo un fatto anagrafico, ma una questione culturale». Alemanno: «Si è espressa male»
(cronaca locale di un quotidiano nazionale online, 16 settembre 2010)
ROMA - «Anche se questibambini sono nati in Italia è sbagliato considerarli non stranieri. Non è solo un fatto anagrafico ma è una questione culturale. È bene che questi bambini possano convivere con quelli di origine italiana perché così si favorisce un sentimento di appartenenza». Lo ha detto l'assessore capitolino alla Scuola Laura Marsilio durante la sua visita alla scuola elementare multietnica «Carlo Pisacane», in occasione dell'apertura dell'anno scolastico. Marsilio rispondendo all'intervento di una delle docenti presenti, ha affermato che considerare italiani i bambini stranieri nati in Italia, «è un'idea sbagliata di integrazione. È grave pensarla così». NO A UN PLESSO SOLO PER STRANIERI - «È aberrante - ha concluso Marsilio - l'istituzione di un plesso con solo stranieri, perché l'integrazione significa scambio e non solo isolamento in una scuola». Sul tema è intervenuta anche il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini: «Dal prossimo anno queste situazioni non si verificheranno più». La scuola di via dell'Acqua Bullicante, oggi parte dell'istituto comprensivo Laparelli, è da anni al centro del dibattito politico per l'altissima percentuale di bambini iscritti di origine straniera ma in gran parte nati sul suolo italiano. È d'accordo con l'affermazione della Marsilio, Flora Longhi, la preside dell'istituto comprensivo Laparelli: «Ha ragione, i figli degli stranieri, anche se nati in Italia, hanno alle spalle un contesto d'origine diverso da quello italiano, mentre invece i figli degli italiani respirano una cultura italiana. È la legge a decidere quando considerarli cittadini italiani. Diverso è il caso dei bimbi stranieri adottati da italiani, che respirano una cultura italiana», ha spiegato la preside, che da quest'anno dirige anche la scuola Pisacane. «SI E' ESPRESSA MALE» - Subito sono piovute accese critiche alle parole dell'assessore da parte dell'opposizione e da più parti si chiede al sindaco di ritirare le deleghe alla Marsilio. «L'assessore Marsilio si deve dimettere - dice Marco Miccoli coordinatore del Pd Roma -: Alemanno deve ritirarle immediatamente le deleghe. Chi pensa che i bambini nati in Italia da genitori non italiani siano degli stranieri è fuori da ogni civiltà. Roma non merita di essere amministrata da chi rasenta ideologie razziste». Ma allo stesso Alemanno non sono piaciute quelle frasi: «L'assessore Marsilio si è espressa male in chiave istituzionale e legislativa: in Italia non esiste diritto di cittadinanza in base alla nascita ma voglio sottolineare con chiarezza che i bambini che nascono nella nostra città sono un patrimonio per Roma e non mi sento di definirli stranieri».[…]
Qui a seguire un articolo scorretto per due motivi. Nel titolo si parla di ‘boom’ ma in realtà abbiamo visto che si tratta di un cliché, il fenomeno è noto da molti anni. Nell’articolo si sostiene che gli studenti ‘stranieri’ devono imparare l’italiano. In questi casi bisogna fare attenzione perché se si tratta di bambini di origine straniera ma nati cresciuti in Italia, sono bimbi che hanno frequentato anche l’asilo nel nostro Paese e quindi per loro l’italiano è la prima lingua, non devono impararla ex novo! Con questo tipo di notizie, prima di scrivere, bisognerebbe informarsi quindi se si tratta di bambini nati in Italia oppure no.
Scuola, uno su dieci è straniero
Boom nelle elementari
Sono soprattutto bambini ecuadoriani, albansesi, marocchini o romeni. Frequentano le aule del centro storico ma da tempo si assiste ad una migrazione verso i quartieri operai del ponente e in Valbisagno. "Non è certo un problema di razzismo ma un problema soprattutto didattico. Aiutiamo gli studenti stranieri a imparare bene la nostra lingua per completare l'integrazione"
(cronaca locale di un quotidiano nazionale online, 2 settembre 2012)
Anche in questo caso, il titolo contiene un’evidente contraddizione. Anche se è esotico parlare di ‘bebè venuti da lontano’ e questo sicuramente attira l’attenzione del lettore, stiamo parlando di bambini tutti nati a Novi di Modena da famiglie straniere.
Nel paese dei bebé venuti da lontano
"Qui nascono più stranieri che italiani"
Sorpasso in culla, il record di Novi di Modena. Per la prima volta in un Comune i figli di extracomunitari superano il 50% del totale. È il melting pot all'emiliana. Il sindaco: "I bimbi per noi sono bimbi, non hanno colore". E la Lega protesta .
(sito internet di un quotidiano nazionale, 26 settembre 2011)
Per concludere, a seguire anche un ottimo esempio di un modo corretto di fare informazione sul tema delle seconde generazioni. Proponiamo stralci del testo di un reportage televisivo di una decina di minuti che racconta la vicenda della scuola Carlo Pisacane di Torpignattara a Roma facendo vedere la questione da tutti i punti di vista (i bambini che frequentano la scuola, il quartiere, gli insegnanti, i genitori, le polemiche) e usando sempre una terminologia corretta.
Hanno gli occhi a mandorla, pelle ambrata e capelli a spaghetti i nuovi italiani. 150 anni fa la scuola pubblica di Cavour si apriva a siciliani, calabresi campani. Oggi l’accoglienza è un arcobaleno di lingue culture e tradizioni più vicine di quanto si creda. Scuola elementare Pisacane quartiere multietnico di Torpignattara, a Roma. 140 studenti, 120 stranieri l’85%. Qui l’eccezione sono i Francesco, i Marco,i Lorenzo e in questo 2011 di celebrazioni unitarie si scopre come le radici di un Paese siano saldamente nelle mani anche dei piccoli cinesi, bangladesi e indiani. Veli islamici e vesti colorate che chissà quanti chilometri hanno macinato, fuori la strada è un caleidoscopio di colori mal sopportati tutt’al più tollerati, ma dentro la scuola le differenze si annullano. Basta parlare con i bambini quasi tutti nati in Italia per capire quanto siano parte di questa società italiana in divenire…[seguono interviste ai bambini]… Un genitore: Perché sceglierla? Perché è una scuola normale, una scuola dove si insegna bene perché le insegnanti sono capaci e la possibilità che il bambino ha di avere un’apertura mentale maggiore. Strano destino quello della Pisacane già negli anni Sessanta e Settanta scuola di abruzzesi e calabresi in cerca di fortuna. Polemiche ieri come oggi. La circolare Gelmini di un anno fa imponeva quote del 30% di studenti stranieri per ogni classe. Misura rimasta lettera morta, semplicemente inapplicabile. Ma molti genitori italiani protestarono: picchetti fuori dalla scuola, telecamere .giornali, i loro figli trasferiti in altri istituti . Intervista a un insegnante della scuola. Qual è il primo pregiudizio che va combattuto? “Che questa scuola sia una scuola dove non si riesce ad imparare, perché i bambini che abbiamo qui sono di seconda e terza generazione, quindi conoscono perfettamente l’italiano, perché l’italiano per loro è una lingua prima, non una lingua seconda. Questo implica che gli alunni in classe possano seguire l’attività didattica che viene proposta e che facciano le attività che si fanno in tutte quante le scuole. Mediatrice culturale. Molti dicono che è una scuola ghetto oppure che è una scuola miracolo. Io credo che qui semplicemtne si fa scuola, che gli insegnanti si sono attrezzati per una nuova utenza e nuove esigenze. […]
(reportage televisivo andato in onda su un canale tv nazionale, 30 aprile 2011)