Termini come psicosi, schizofrenico, alienato, malato di mente, rimandano a una concezione psichiatrica che prevede l'internamento del paziente in manicomio o in spazi ristretti e separati dal resto della società e un modello terapeutico basato su psicofarmaci e sulla distanza fra la persona con disturbi psichici e il cosiddetto mondo dei sani. "In ogni caso il mondo dello psicotico non può essere considerato un mondo malato, da riparare" si legge nel vademecum "Vade Retro del Pregiudizio" [1]
Nel corso del Novecento il paziente "schizofrenico" è stato trattato con l'elettroshock in tutto il mondo e attorno a questo termine si è creata una profonda stigmatizzazione. Secondo Franco Basaglia, le diagnosi psichiatriche corrispondono a un etichettamento del malato oltre il quale non c'è più margine di azione. "Personalmente non uso più questo termine obsoleto" dice Agostino Pirella, psichiatra basagliano. [2]
Tra le patologie mentali, la schizofrenia resta per l’opinione pubblica la più misteriosa e, anche per questo, il termine schizofrenia viene spesso caricato di significati impropri. Gli studi condotti sull’uso di questa parola sui giornali, evidenziano come in una percentuale tra l’11 e il 58%, “schizofrenia” sia utilizzata non in riferimento al disturbo mentale ma per significare imprevedibilità, ambiguità, inaffidabilità. Ai significati metaforici, si aggiunge il risalto dato in cronaca a fatti violenti che coinvolgono persone con questa diagnosi.
Uno studio sull’uso del termine schizofrenia sui quotidiani italiani condotto da Lorenza Magliano, ricercatrice della Seconda Università di Napoli nonché tra gli estensori della Carta di Trieste, in collaborazione con John Read dell’Università di Auckland (Nuova Zelanda) e Riccardo Marassi, giornalista de Il Mattino di Napoli ha analizzato 22 quotidiani da gennaio a dicembre 2008, riscontrando che “schizofrenia” è stata usata 1087 volte. "Nel 74% dei casi la parola è stata utilizzata metaforicamente per descrivere o denigrare persone o gruppi non diagnosticati come affetti da questo disturbo mentale - scrive Magliano - In particolare, nell’85% dei casi il significato rimandava a imprevedibilità, incoerenza, o doppia natura (“il nostro sistema sanitario è schizofrenico. Lo stesso trattamento è rimborsato in alcune regione ed è a pagamento in altre.”, “è pura schizofrenia: le decisioni politiche a livello nazionale portano a scelte incoerenti in sede regionale”, l’andamento schizofrenico della Borsa”), nell’ 11% a eccentricità o bizzarria (“è una band che mette insieme blues, rock schizofrenico e pop” ) e nel 4% a pericolosità o aggressività (“ il personaggio schizofrenico di Joker in Batman[…] un pazzo criminale che assaltava le banche”). Nel 19% dei casi la parola veniva usata in riferimento a persone a cui era stata fatta diagnosi di schizofrenia. In questi casi, nel 56% dei casi si trattava di un articolo di cronaca: omicidi (49%) , fatti violenti (14%), crimini ai danni i di persone con questa diagnosi (28%). I dati di questa ricerca evidenziano come anche in Italia i media utilizzino “schizofrenia” soprattutto in fatti di cronaca nera, equiparando questa diagnosi con la violenza e alimentando, inconsapevolmente, il pregiudizio della sua pericolosità. Il fatto che il termine sia così spesso utilizzato con un’accezione denigratoria, d’altra parte, può contribuire ad alimentare i pregiudizi circa l’imprevedibilità e l’inaffidabilità delle persone con questo disturbo. Anche alla luce di questi dati, dunque, è evidente l’utilità della “Carta di Trieste". [3]
Lo stereotipo da combattere è quello dell’incurabilità della sofferenza mentale. "Tutte le ricerche trasversali dicono che dalla schizofrenia e da altre sindromi gravi si guarisce in percentuale sempre più alta, la comunicazione deve sottolineare questi aspetti di positività, anziché di negatività. O non riprodurre questo meccanismo dello stereotipo - spiega Massimo Cirri, psicologo e giornalista - Si guarisce in numero sempre maggiore di casi con un misto di terapie farmacologiche e con un approccio non imprigionante. Ai tempi dei manicomi, se avevi un disturbo mentale venivi messo in un luogo brutto, di violenza. Quindi con l’istituzionalizzazione, qualsiasi cosa tu avessi, la tua situazione peggiorava. Oggi si guarisce con un misto di cure farmacologiche, psicoterapie e restando in un circuito che ha a che fare con la normalità, in cui continui ad avere diritti di cittadinanza concreta, ti percepisci come appartenente a una comunità di persone e hai molte più probabilità di guarire".
Psicoradio, una testata radiofonica realizzata dal Dipartimento di Salute mentale di Bologna con l'associazione Arte e Salute onlus, i cui redattori e redattrici sono persone in cura presso il dipartimento, ha realizzato una ricerca su 234 titoli con termini riguardanti la salute mentale pubblicati da 8 quotidiani nazionali in 8 mesi compresi fra novembre 2007 e ottobre 2008. Dalla ricerca di vede come sia le persone con disturbo mentale vengano definite in maniera generica (con termini quali psicolabile, folle, pazzo, malato mentale) sia il disturbo mentale. I termini più usati dai quotidiani sono di natura non scientifica. Sul campione analizzato, si parla di follia (23%), raptus (23%). Oppure si usano termini generici come problemi psichici (10%) e disagio mentale (4%). I termini generici e imprecisi costituiscono l'82% del campione. Solo nel 18% dei casi le patologie vengono definite in modo non generico, ma ad essere specificati sono solo tre tipi di disturbo psichico: depressione (10%), schizofrenia (6%) e disturbo della personalità (2%). A tal proposito, la ricerca si chiede: "Qual è il senso di nominare il disturbo psichico in titoli di cronaca nera come Figlio schizofrenico uccide la madre se non quello di istituire un collegamento fra la malattia e il gesto? Come se l'omicidio fosse una conseguenza, più o meno diretta, della malattia - ma allora come titolare tutti quei casi incomparabilmente più numerosi, di persone sane di mente che compiono efferati delitti: figlio sano di mente uccide madre e padre? O ancora più frequente, Sano di mente, ex marito imprigiona, violenta e uccide la moglie? Anche il titolo Uccide la madre schizofrenica mette in risalto la malattia, anche qui si istituisce un collegamento, in questo caso una 'motovazione', una giustificazione del gesto del figlio." [4] Nella stessa ricerca, viene evidenziato che il termine schizofrenia nei giornali esaminati compare per il 43% nella sezione cronaca, per il 14% nella cronaca locale, per il 29% in cultura e spettacolo e solo per il 14% nell'ambito degli articoli sulla salute.
[1]Digilio G. (a cura di), Vade retro del pregiudizio. Piccolo dizionario di salute mentale, Armando Editore, Roma 2005 pag.66
[2]Ibidem
[3] Magliano L., A proposito dell’uso della parola schizofrenia sui quotidiani, 15 luglio 2010 www.news-forumsalutementale.it
[4] Follia Scritta, I quaderni di Psicoradio
Come dimostrato dalla ricerca che abbiamo citato, è frequentissimo l'uso del termine "schizofrenico" sui media in argomenti che non hanno a che fare con la salute mentale. Questo dimostra che si tratta di un termine "connotato" negativamente, cioè che nell'uso comune ha perso il suo significato originario per assumere una valenza simbolica, negativa in questo caso.
Ztl schizofrenico, ai residenti 2mila euro di multa in una settimana
Il Presidente della Circoscrizione 1 scrive al Prefetto per sollevare i casi dei residenti del centro multati per la scadenza del miniticket di accesso Ztl. Ricco (FdI-AN): “Comportamento ottuso e vessatorio dell'Amministrazione”
(comunicato stampa pubblicato su sito internet locale, 16 aprile 2014)
[...] Un caso eclatante riguarda una famiglia, residente da oltre 25 anni, che in poco più di una settimana di ritardo ha ricevuto per le sue due autovetture un'ammenda complessiva di 2.000 euro. “Sarebbe come se – esemplifica Ricco – chi si dimenticasse di pagare il canone ricevesse una multa ogni qualvolta accende la televisione dopo la scadenza dell'anno precedente. Pura follia”.
A porre l'attenzione sull’uso inflazionato e scorretto dei termini psichiatrici è anche il dottor Franco Veltro, direttore dei Servizi psichiatrici dell'Asl di Campobasso. "Parlando di psichiatria ci si permette di tutto, cosa non più concessa per altre problematiche - scrive Veltro in un articolo- Immaginate se un giornalista scrivesse: E’ un linguaggio mongoloide o da mongoloide cosa succederebbe? E giustamente! Parlando di psichiatria, invece, si dice e si scrive comunemente E’ un linguaggio schizofrenico o da schizofrenico. E nessuno sembra indignarsi. Se uno scrittore dicesse in pubblico: E’ evidente che le parole del signor Tizio sono da oligofrenico o da persona affetta da ritardo mentale o da deficit intellettivo ci si indignerebbe. Eppure, Umberto Eco si è permesso di dire dal PalaEur di Milano:Berlusconi è uno schizofrenico (sbagliando ovviamente diagnosi) e nessuno si è ribellato. La controparte politica se ne potrebbe rallegrare, ma incivilmente! Spiace dirlo, ma in Canada, Inghilterra o Usa Eco avrebbe avuto una dura reprimenda!" [1]
Marianna Madia: Pubblica amministrazione schizofrenica e sommersa dalla burocrazia
Il 2013, che sarebbe dovuto essere l’anno del nuovo corso per testare il dialogo tra Stato e cittadini, si è rivelato un flop. E la trasparenza resta una chimera
(edizione online di un settimanale nazionale,12 maggio 2014)
Infine un caso di cronaca, in cui vediamo la violenza della polizia americana esercitata su un giovane con disturbo mentale. Apparentemente la polizia viene chiamata perchè il "pericoloso" sarebbe il giovane "schizofrenico", mentre in realtà sono gli agenti a uccidere il ragazzo che si era barricato in bagno e minacciava di tagliarsi con un coltello.
Giovane disabile minaccia di suicidarsi in casa: la polizia interviene ma lo uccide
Il figlio schizofrenico minaccia di suicidarsi, i genitori chiamano la polizia. Gli agenti accorrono, sparano e uccidono il disabile. Un video girato con il cellulare dai genitori mostra le sconvolgenti immagini dell'accaduto.
(edizione online di un quotidiano nazionale, 12 maggio 2014)
Michael Blair è uno schizofrenico di 26 anni con propositi suicidi di Houston, Texas. Dopo l'ennesima minaccia di porre fine alla sua vita, i genitori, disperati chiamano il numero delle emergenze. Quando arrivano gli agenti, il ragazzo si chiude nel bagno. Gli agenti aprono la porta con un calcio e alla vista di un coltello brandito dal disabile prima gli scaricano addosso il taser (la pistola elettrica che immobilizza) e poi gli sparano 11 proiettili uccidendolo. La scena è ripresa integralmente dai genitori che scoppiano in lacrime dopo gli spari urlando agli agenti: «lo avete ucisso, lo avete ucciso!». Il video è stato pubblicato poche ore fa, mentre l'episodio è accaduto circa un anno fa. Dopo una breve indagine interna del loro dipartimento, contro gli agenti non è stato preso nessun provvedimento. Oggi la famiglia del disabile pubblica il video perché chiede un'indagine più approfondiata: «Quello che chediamo - afferma la mamma della vittima Kimberly Blair Olaniyi – è che venga riconoscito ciò che a noi appare chiaro e limpido, cioè che gli agenti hanno superato dei limiti che non dovevano superare, finendo con il compiere un'azione brutale».
[1]Veltro F.,Il diffuso approccio dilettantesco alla psichiatria: cura dei malati e società danneggiate, 12 maggio 2014 www.ilvaglio.it