La locuzione "malato di mente" riduce l'individuo alla sua malattia, come un oggetto che viene investito di significati che qualcun altro gli attribuisce dall'esterno. Così ai tanti problemi derivanti dal disturbo mentale si aggiunge quelli del marchio, della discriminazione, dell'emarginazione e dell'esclusione sociale. Questo rende difficili anche le cure. Il carico di vergogna e pregiudizi che bisogna sopportare nell'accettare di essere malato di mente ritarda la richiesta d'aiuto. [1]
Secondo Massimo Cirri, psicologo e giornalista conduttore di Caterpillar su Radio 2, non si dovrebbe usare nemmeno la locuzione malato mentale. “Mi sembra cattiva – spiega il giornalista - perché malattia mentale è una cosa in negativo. Adesso che non ci sono più i muri, che sono chiusi i manicomi, i meccanismi dell’esclusione passano tutti attraverso le parole, dai meccanismi che separano il noi dal loro. Quindi meglio parlare in positivo di salute mentale”.
In anni recenti, il ministero della Salute ha lanciato una campagna contro il pregiudizio per dire che i “i disturbi mentali si possono curare”. L’Oms stima che i disturbi mentali siano ai primi posti come carico di sofferenza e di disabilità per la popolazione e che tendano all’aumento nei paesi industrializzati. In Italia poco meno del 10% della popolazione soffre, nell’arco di un anno, di uno dei disturbi mentali più frequenti, quali depressione e ansia, poco meno dell’1% soffre di disturbi meno frequenti e più gravi. Sono molto numerose le persone che hanno problemi psicologici che non sono abbastanza gravi perché si possa fare una diagnosi secondo i criteri delle classificazioni internazionali delle malattie, ma che comunque causano malessere e difficoltà nella vita di tutti i giorni. Si preferisce parlare di “disturbi” perché non si conoscono ancora bene le cause di queste condizioni, alcune diagnosi sono ancora controverse ed è molto marcata l’influenza delle situazioni di vita e delle esperienze personali. Secondo il ministero della Salute, per farsi un’idea dei disturbi mentali è meglio parlare non dei disturbi stessi quanto dei loro sintomi, alcuni dei quali sono comuni tanto che molte persone li hanno sperimentati nel corso della loro vita. I più frequenti e più noti sono quelli depressivi e ansiosi (ansie, fobie, attacchi di panico, sintomi ossessivi e compulsivi). Altri sintomi riguardano il comportamento alimentare e le dipendenze, da alcol, sostanze o dal gioco d’azzardo. Vi sono poi sintomi rari detti psicotici, di due tipi: alcuni strani ed evidenti tra cui pensieri sconnessi, allucinazioni come avere le visioni o sentire le voci, o deliri cioè credere in cose incredibili per tutti o di essere dotati di inesistenti poteri eccezionali o di sentirsi ingiustamente perseguitati e di conseguenza avere comportamenti apparentemente stravaganti. L’altro gruppo di sintomi psicotici è la tendenza all’isolamento, l’inerzia e la mancanza di iniziativa, povertà di emozioni e di affetti. Avere uno o più sintomi non significa soffrire di un disturbo mentale. È necessario che i sintomi siano associati tra loro e si presentino per un certo periodo di tempo. Per tutti questi sintomi ci sono terapie efficaci con farmaci, psicoterapia, attività individuali e di gruppo.
Quando si parla di “malattia mentale” ci si riferisce a un gruppo di disturbi chiamato sindromi schizofreniche. La schizofrenia è caratterizzata dalla presenza e persistenza nel tempo di sintomi psicotici. E’ il disturbo mentale che più può fare paura e suscitare diffidenza. Ma la paura e la diffidenza non sono giustificate. Se si interviene precocemente, appena si manifesta il disturbo, una persona può riprendere una vita normale. I deliri e le allucinazioni possono essere tenuti sotto controllo o anche eliminati con terapie farmacologiche, oppure la persona può imparare a fronteggiarli con opportune strategie. Molte persone che soffrono di schizofrenia e per questo hanno smesso di studiare e lavorare possono tornare a queste attività, anche se a livello meno impegnativo.
Chi soffre di schizofrenia non è pericoloso, per lo più sono persone miti e indifese, spesso anche depresse e sono molto più spesso vittime che autori di reati. È anche purtroppo frequente che commettano suicidio. Se chi soffre di schizofrenia è ben seguito dai servizi sanitari competenti, la possibilità che commetta atti violenti è minima. In genere va trattato come qualunque altra persona.
Con il termine “riabilitazione” si è soliti designare la restituzione di una funzione compromessa oppure la riattribuzione di una funzione giuridica di cui un soggetto era stato privato. Nel linguaggio psichiatrico sono presenti entrambe le accezioni. Infatti nella generalità dei casi la persona viene identificata con la propria malattia, viene anche svalutata e privata della possibilità di svolgere le funzioni che le competerebbero. Ma dalla malattia è possibile guarire, in questo modo cade uno dei fondamentali assunti della precedente psichiatria:quello dell’inguaribilità del paziente.
L'altro forte stigma è quello della pericolosità sociale del 'malato di mente'. Entrambi questi due pregiudizi erano istituzionalmente rappresentati dal manicomio. Chi si opponeva alla riforma psichiatrica della legge 180 sosteneva con certezza che la chiusura dei manicomi avrebbe determinato un aumento dei suicidi (pericolo per sè) e degli atti criminali e violenti (pericolo per gli altri), compiuti dalle persone con sofferenza mentale. In realtà dopo la riforma, entrambi questi numeri sono diminuiti in termini complessivi. Per quanto riguarda il numero di persone che hanno compiuto crimini e sono state prosciolte per infermità mentale e conseguentemente internate negli Opg con misure di sicurezza, il numero dopo la riforma è rimasto costante e oscilla sul totale di mille reclusi nei sei Opg ancora aperti.
Psicoradio, una testata radiofonica realizzata dal Dipartimento di Salute mentale di Bologna con l'associazione Arte e Salute onlus, i cui redattori e redattrici sono persone in cura presso il dipartimento, ha realizzato una ricerca su 234 titoli con termini riguardanti la salute mentale pubblicati da 8 quotidiani nazionali in 8 mesi compresi fra novembre 2007 e ottobre 2008. Dalla rilevazione emerge che c'è molta incertezza da parte dei giornalisti nel definire una persona con disturbo psichico. Spesso infatti vengono usati termini "ombrello": paziente psichiatrico (10%), malato mentale/psichico (19%) la più usata, disabile mentale/psichico (15%). "Ma è necessario considerare che definizioni come disabile mentale, malato mentale, o persona con disturbi psichici, non evocano la stessa immagine in chi legge - dice la ricerca- Se usati come termini interscambiabili rischiano di sedimentare stereotipi; per esempio un uso imprecisato di disabile mentale può confermare quello dell'incapacità di tutte le persone con disturbo psichico. Allo stesso modo, il termine malato mentale può essere usato in modo sommario, anche quando una vera e propria "malattia" - più rara di quanto si pensi - non è stata effettivamente diagnosticata. E un chi legge può evocare una condizione ineluttabile, che non evolve e non termina". [2]
[1] Dell'Acqua P. in Girolamo Digilio (a cura di), Vade-Retro del pregiudizio. Piccolo dizionario di salute mentale, Armando Editore Roma 2005
[2] Follia scritta, I quaderni di Psicoradio
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), sono 450 milioni le persone che, almeno una volta nella vita, si imbattono in un disturbo mentale: soffrono soprattutto di depressione (154 milioni), epilessia (50), schizofrenia (25), Alzheimer e altre forme di demenza (24 milioni nel 2009 e 36 nel 2011). A questi vanno aggiunti i 91 milioni che abusano di alcol e i 15 milioni che fanno uso di sostanze stupefacenti. La depressione risulta essere la quarta causa di disabilità nel mondo. In Europa sono quasi 165 milioni (38% della popolazione) le persone che ogni anno soffrono di disagi psichici e neurologici. Tra i disturbi più frequenti degli europei: ansia (14%), insonnia (7%), depressione maggiore (6,9%), disturbi psicosomatici (6,3%), dipendenza da alcol e droga (oltre 4%), disturbo da deficit di attenzione/iperattività (5% dei giovani) e demenza (1% fra i 60 e i 65 anni, il 30% dopo gli 85 anni). Lo stato della salute mentale in Europa è analizzato da una ricerca durata tre anni che ha coinvolto 30 paesi (Svizzera, Islanda e Norvegia oltre agli stati dell’Unione) e una popolazione di 54 milioni di persone.
La situazione in Italia. Secondo l’Istat (dati 2006), le persone in Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) nel Paese risultano 10.333, nel 2005 se ne contavano 10.418. Le persone con schizofrenia e disturbi correlati sono 3.976, quelle con disturbi di ansia o con problemi dissociativi e della personalità 1.174. Seguono poi 1.815 persone che soffrono di altre psicosi, 1.893 soffrono di disturbi affettivi, 601 le persone con disturbi dovuti ad abuso di alcol e 204 con disturbi mentali dovuti ad abuso di droghe. Sono più gli uomini (6.063) che le donne (4.270) a soffrire di una patologia mentale. Le fasce di età più colpite: 25-44 anni per la schizofrenia (2.176) e l’ansia (743), 45-64 per la schizofrenia e i disturbi affettivi (896).
Secondo l’Istituto superiore di sanità (dati 2006) la schizofrenia colpisce il 3-4 per mille degli italiani nel corso della vita, mentre l´1% di italiani soffre del disturbo bipolare, e l’1,5% è affetto da depressione unipolare. Il rapporto tra donne e uomini è di 2 a 1. Quanto ai disturbi d’ansia( quattro volte maggiore nelle donne rispetto agli uomini), il 2,2% ha per lo più fobie specifiche. L'1,2% è affetto da disturbi da alimentazione, di cui lo 0,4% soffre di anoressia nervosa, lo 0,3% di bulimia nervosa, mentre lo 0,3% di Bed (disordini alimentari).
Il 18 marzo 2011 l’Istat ha diffuso i dati aggiornati al 2007 e 2008 relativi all’ospedalizzazione di pazienti affetti da disturbi psichici. Nel 2008, 290.964 sono state le dimissioni ospedaliere in Italia. Oltre 42 mila pazienti dimessi avevano meno di 18 anni, quasi 15 mila avevano un’età compresa tra i 18 e i 24 anni, quasi 89 mila tra i 25 e i 44 anni, oltre 76 mila tra i 45 e i 64 anni, 26 mila tra i 65 e i 74 anni e 41 mila oltre i 75 anni.
Oltre 66 mila persone dimesse soffrivano di disturbi affettivi. Seguono la schizofrenia e i disturbi correlati (oltre 47 mila dimissioni), l'ansia, i disturbi dissociativi e della personalità (43 mila) e i disturbi mentali senili e organici (quasi 43 mila).
Fonte: Guida all'Informazione Sociale di Redattore Sociale.
Ceccano, terreno dell’ex manicomio diventa orto aperto ai malati
(sito internet, 28 aprile 2014)
Ha finalità sociali, ambientali e anticrisi il progetto patrocinato dall’amministrazione comunale di Ceccano, su proposta dal dipartimento di salute mentale della Asl di Frosinone. I terreni abbandonati dell’ex manicomio di Ceccano diventeranno un orto comunitario a cui avranno accesso i circa 40 malati psichiatrici ospiti della struttura e gli anziani, i disoccupati o qualsiasi cittadino del territorio volesse parteciparvi. [...]
Nell'esempio in alto, vediamo come l'uso della locuzione 'malati psichiatrici' svilisce le persone di cui si sta parlando.
Nell'articolo in basso, delle persone anziane che soffrono di Alzheimer vengono erroneamente definite "malati di mente".
Cesano Boscone: Berlusconi aiutera' i malati di mente
L'ex Cavaliere ha incontrato anche la sua educatrice
(quotidiano online 10 maggio 2014)
Cesano Boscone - Si sono concluse ieri le prime quattro ore alla settimana per i prossimi dieci mesi che l'ex primo ministro Silvio Berlusconi dovrà passare alla Sacra Famiglia di Cesano Boscone in ambito all'affidamento in prova ai servizi sociali dopo la condanna per il caso Mediaset. L'ex Cavaliere si è presentato intorno alle 9.30 con una t-shirt blu e l'immancabile spilla di Forza Italia. Al suo arrivo è stato accolto dal direttore Michele Restelli che lo ha accompagnato all'interno della struttura dove l'ex senatore ha conosciuto la sua "educatrice", Maria Giovanna Sambiase. Silvio Berlusconi, nelle 4 ore trascorse all'interno della palazzina, essendo al suo primo giorno, non ha avuto un ruolo "operativo" nell'assistenza degli anziani ma ha avuto modo di conoscere le attività della struttura e vedere quali saranno i compiti che gli verranno affidati nelle prossime settimane. Berlusconi sarà inserito al nucleo 1 della struttura dove sono ricoverati una ventina di malati di Alzheimer con difficoltà motorie e scarsissime capacità cognitive. [...]
"Molti studi dimostrano che i mass media interpretano per lo più in chiave di violenza la malattia mentale, rafforzando lo stereotipo della pericolosità e di conseguenza lo stigma sociale. Questa stigmatizzazione colpisce non solo chi soffre di disagio psichico, ma anche i familiari e coloro che prestano le cure. L'idea che chi soffre o ha sofferto in passato di un disturbo psichico sia potenzialmente violento e pericoloso determina un peggioramento delle condizioni di vita della persona a causa dell'emarginazione e può anche provocare un adattamento della persona al ruolo che la società le impone. E' il cosiddetto "effetto Pigmalione" di cui parla la psicologia sociale che favorisce una profezia che si autoavvera. I mass media hanno dunque grandi responsabilità nel veicolare le rappresentazioni dei fenomeni sociali.
La credenza che il malato di mente fosse pericoloso è stata per secoli sostenuta dalle credenze popolari e dalla modalità di trattamento di queste persone con le leggi che mettevano in primo piano la custodia e non la cura di queste persone. In tempi recenti i mass media hanno rinforzato lo stereotipo che la follia sia la causa dei crimini più efferati". [1]
Le persone con disturbi psichiatrici possono essere pericolose ma tanto quanto possono esserle quelle senza diagnosi psichiatriche. La pericolosità è una delle espressioni possibili della normalità. La pericolosità quindi non può essere associata alla malattia tout court, nè tanto meno è una condizione permanente: è malato quindi è pericoloso. I comportamenti impulsivie violenti non sono da associare al famoso 'raptus di follia' ma a situazioni particolari in cui le emozioni e le azioni sono difficili da controllare, che però non c'entrano niente con i disturbi mentali. Qui di seguito una serie di articoli che ripropongono incessantemente questo messaggio negativo.
Malati di mente pericolosi la 'classifica' del rischio
(quotidiano nazionale, 10 ottobre 2008)
Un codice che burocraticamente viene definito "di complessità" e che riguarda il grado di aggressività, verrà assegnato ai pazienti psichiatrici quando dovranno essere ricoverati per i trattamenti obbligatori. Così come accade per chiunque chiami il "118" per essere prelevato da una ambulanza, anche per i pazienti destinati al ricovero per problemi psichiatrici scatterà un codice. Solo che servirà a stabilire una gerarchia che non riguarda il tipo di urgenza ma il grado di aggressività e i relativi rischi per operatori e forze dell' ordine che devono intervenire. E' uno dei provvedimenti decisi ieri mattina in Prefettura, durante la riunione del comitato per la sicurezza convocata dal Prefetto Anna Maria Cancellieri su richiesta dell' assessore regionale alla sanità Claudio Montaldo. L' incontro arriva dopo la tragedia di Pontedecimo, dove un agente di polizia è stato ucciso da un paziente psichiatrico che era andato a prelevare per un ricovero. «Nella riunione del comitato per la sicurezza ho presentato alcune iniziative per rendere più sicuri i servizi nei ricoveri per trattamenti sanitari obbligatori», ha detto l' assessore Montaldo. Innanzitutto il provvedimento di: «codifica in modo che almeno per i casi noti ai servizi le strutture possano assegnare un codice, in base a chi non è mai stato violento, chi invece è pericoloso». Gli altri provvedimenti riguardano i cosiddetti protocolli operativi, ovvero le procedure del ricovero: sono stati insediati dei gruppi di lavoro con i primari ospedalieri che nel giro di 15 giorni: «dovranno rivedere i protocolli operativi e confrontarli con le forze dell' ordine». Sempre per garantire la sicurezza di operatori e forze dell' ordine, la Regione vara dei corsi di formazione destinati a queste due categorie. Infine, il capitolo degli strumenti di protezione per chi va a prelevare pazienti destinati al trattamento sanitario obbligatorio. La Regione: «mette a disposizione risorse per l' acquisto di strumenti che verranno individuati, insieme alle forze dell' ordine, come i più adatti», ha spiegato l' assessore Montaldo specificando di non intendere in alcun modo strumenti di offesa, «che finirebbero per aumentare l' aggressività dei pazienti», ma di difesa, quali ad esempio potrebbero essere i giubbotti e i guanti anti-taglio. «In particolare - ha spiegato l' assessore regionale alla Salute e alla Sicurezza, Montaldo - si sono costituiti due gruppi di lavoro composti dai dirigenti delle unità operative della Salute mentale del Sert e del "118" per rivedere i protocolli operativi e definire una classificazione dei casi per complessità, in modo da fornire agli operatori delle forze dell' ordine e del 118, quando possibile, una conoscenza adeguata del caso». L' assessore ha inoltre comunicato che la Regione Liguria sta predisponendo un modulo formativo specifico per il personale del "118" e della Polizia verso il quale hanno manifestato interesse anche il personale dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia Municipale.
SPARA AL FIGLIO MALATO DI MENTE 'NON POTEVO PIU' RESISTERE'
(quotidiano nazionale, 20 dicembre 1998)
RAVENNA Venite, ho ammazzato mio figlio. Da anni Delmo Forni, 55 anni, custode di una piccola industria nel cuore del porto di Ravenna, viveva con quel figlio che aveva gravi problemi mentali. Si chiamava Pierluigi, 26 anni, entrava e usciva dal Centro di igiene mentale della Usl di Ravenna. Un giorno o l' altro mio figlio mi ammazza di botte, ripeteva Delmo Forni agli amici. E invece è stato lui ad ammazzare quel ragazzone violento, con tre colpi di pistola, uno dei quali gli ha spaccato in due il cuore. Ieri la giornata era cominciata come tutte le altre. Padre e figlio, nel pomeriggio, erano andati in centro, a far spese per il prossimo Natale. Verso le 18 sono rientrati insieme in casa. La cena era quasi pronta e tutto sembrava tranquillo. Invece, all' improvviso, è esplosa l' ennesima lite. Un motivo banale, come sempre. Uno di quei motivi che in una mente tormentata dalla malattia s' ingigantiscono e provocano reazioni incontrollate. Come sempre Pierluigi aveva alzato le mani verso il padre, probabilmente senza rendersi conto, come le altre volte, di quanto faceva, schiacciato dal peso di una malattia che nessuno era riuscito a curare. Basta! Non si può andare avanti così, ha pensato Delmo Forni. S' è girato e si è avviato verso la camera da letto, dove in un cassetto teneva la pistola che gli serviva per il suo lavoro di custode di un piccolo stabilimento del porto, la Metalsider, un' azienda di laminati metallici, a poche centinaia di metri dal cantiere della Mecnavi, quello della strage costata 13 vittime. Delmo Forni s' è ripresentato nell' ingresso di casa impugnando la 7.65 e ha fatto fuoco. Una, due, tre volte, fino a quando Pierluigi s' è accasciato a terra. Ha sparato come un automa, con gli occhi sbarrati. E Pierluigi l' ha guardato inebetito, sorpreso da quella reazione inaspettata. La moglie Maria Luisa atterrita, si è chiusa in cucina con l' altro figlio, Mirko, gridando: Cos' hai fatto, cos' hai fatto!. Forse temeva che il marito volesse uccidere anche lei. Ma Delmo Ferri non aveva perduto il senno. Aveva deciso forse lucidamente di farla finita, di risolvere a colpi di pistola una situazione che non riusciva più a reggere, e che nessuno per lunghi anni l' aveva aiutato a superare. La vita in famiglia così era diventata sempre più insopportabile. Quel figlio matto sconvolgeva tutti i giorni un equilibrio già precario e i servizi sociali erano riusciti soltanto a dare una mano a Pierluigi imbottendolo di farmaci che lo tenevano tranquillo per un po' . Niente di più. D' un tratto quell' uomo semplice ha capito che tutto sarebbe sempre continuato così: liti, botte, botte e liti. C' era un solo modo di mettere fine a quell' inferno. Dopo aver fatto fuoco Delmo Ferri ha preso il telefono e ha chiamato il 113. Ho ammazzato mio figlio, venite ad arrestarmi ha mormorato al centralino della Questura, abito in via Classicana, sapete dov' è?. Una volante è partita verso il porto, ma quando i poliziotti sono arrivati non c' era più nulla da fare. Pierluigi Forni era già morto e il padre era lì, nell' ingresso, ad aspettare che qualcuno lo portasse via. In pochi minuti la zona, poco abitata, s' è riempita di curiosi. Tanta gente intorno a quella palazzina a due piani dove sul balcone un piccolo abete illuminato a festa della famiglia Forni si ostinava a ricordare a tutti che tra pochi giorni è Natale. Sul davanzale un gattone bianco sembrava essere l' unico a non essersi accorto di quanto era successo. Gli amici, i conoscenti, parlavano tutti di una tragedia annunciata: Prima o poi si sapeva che sarebbe successo qualcosa. Non poteva continuare così. La vita di quella famiglia era diventata un inferno. Quel povero ragazzo... non era colpa sua... era nato così, matto. E in questi casi non c' è nulla da fare. Certo, però arrivare a sparare a un figlio.... C' è anche chi ripete la frase che ricorre sempre in questi casi: Hanno voluto chiudere i manicomi. Ecco il bel risultato!. S' accende un po' di discussione fra i curiosi e intanto Delmo Forni, in Questura, ha cominciato a raccontare al magistrato, il sostituto procuratore Francesco Maria Jacoviello, la sua storia. Le liti, le incomprensioni, le difficoltà a convivere con un figlio malato di mente. Intanto lì nella casa di via Classicana, la moglie Maria Luisa e il figlio Mirko s' affacciano per un attimo alla finestra di una casa che da ieri è diventata troppo grande.
Il killer malato di mente
«Un ragazzo introverso» Folle in Alabama spara in ospedale: ucciso
(quotidiano nazionale, edizione online, 16 dicembre 2012)
Gli investigatori che stanno tentando di ricostruire la dinamica della strage hanno appreso anche che Adam Lanza nei giorni precedenti aveva avuto un alterco con delle persone nella scuola. Tutti e venti i bambini uccisi frequentavano la prima elementare. In tutto le vttime sono 27. Adam Lanza era molto intelligente, ma introverso e profondamente inquieto, stando al racconto di vicini di casa ed ex compagni di scuola. «Non aveva rapporti con gli altri ragazzi» - ha detto un'amica di famiglia, mentre un parente ha aggiunto: «Adam non stava evidentemente bene». Lanza, che è entrato con la forza nella scuola, viveva a Newtown con la madre, uccisa prima della strage nella scuola. Secondo alcuni abitanti della cittadina, il 20enne soffriva da tempo di qualche disturbo della personalità. Alcuni hanno riferito della sindrome di Asperger (imparentata all'autismo) «Adam Lanza era strano da quando avevamo cinque anni - ha scritto su Twitter un ex compagno di classe, Timothy Dalton - per quanto possa sembrare orribile, non posso dire di essere sorpreso». [...]
Altra sparatoria ieri in Alabama: un uomo ha aperto il fuoco in un ospedale a Birmingham ferendo tre persone prima di essere ucciso da un poliziotto. I feriti sono due impiegati della clinica e un agente e non sono in pericolo di vita. La polizia è intervenuta dopo aver ricevuto la segnalazione che un uomo camminava con una pistola all'interno del St. Vincent's Hospital. Quando gli agenti sono arrivati l'uomo ha cominciato a sparare ferendo uno dei poliziotti; a questo punto un altro agente ha sparato uccidendo l'aggressore. Nelle stesse ore in cui il ventenne Adam Lanza uccideva bambini e adulti nella scuola elementare di Newtown, nel Connecticut, la polizia arrestava a Bartlesville, in Oklahoma, un diciottenne che progettava di compiere una strage nel proprio liceo, servendosi tanto di armi da fuoco.
Bronx. Tre colpi di pistola e si toglie la vita. Un malato di mente spara ad un agente
(testata internazionale di lingua italiana, 23 marzo 2010)
Dallas choc: la polizia spara a un malato di mente
(quotidiano nazionale, edizione online,18 ottobre 2013)
Negli esempi riportati troviamo anche i cliché con cui vengono proposte le uniche notizie in cui solitamente si parla di disagio mentale. La cosiddetta "notiziabilità" del fatto (vale a dire quei criteri che rendono un avvenimento una notizia) prevede infatti:
il malato che uccide il sano (affetto da manie di persecuzione che uccide una persona sconosciuta per strada, il figlio che uccide la madre; la madre che uccide il figlio neonato mettendolo in lavatrice, la figlia di 9 anni a coltellate, ecc.)
oppure il sano che uccide il malato (ad esempio la madre o il padre esasperato che uccide il figlio autistico o schizofrenico, ecc.)
Il messaggio che se ne ricava è nel primo caso: "è tale la tragedia che è opportuno il perdono e la comprensione di tutti nel silenzio". Ma Francesca Sassano, avvocato cassazionista rileva che "il silenzio è omertà quando la persona era in cura da un professionista e se ne può ricavare il sospetto che il fatto delittuoso possa essere stato frutto di cattiva assistenza o per mancanza di risorse adeguate".
Nel secondo caso, quello del sano che ha ucciso il malato, il messaggio che arriva è: “non poteva fare diversamente, si è sacrificato per salvare la famiglia perchè la malattia mentale del congiunto era tale da non poter essere umanamente sopportata". Anche in questo caso s’è persa la responsabilità del curante e restano alcuni interrogativi: "ha capito la gravità del disturbo, come ha provveduto, disponeva delle risorse appropriate, e se non ne disponeva, le ha richieste?". Sui media si parla di salute mentale soprattutto in caso di delitti o episodi violenti. Lo "spettacolo della follia" è un tema celebre sui media, con il grave rischio di discriminazione che si verifica quando i titoli e le notizie su questi avvenimenti vengono presentati con tinte eccessivamente morbose o a effetto.
Salute: psichiatra, sindromi subcliniche psicotiche non sono malattia
(agenzia di stampa nazionale, 11 giugno 2012)
Roma, 11 giu - Le sindromi subcliniche di psicosi colpiscono sino al 14-16 % della popolazione giovanile ( con punte che arrivano anche al 20%) , ma nel 75-90 % dei casi si risolvono spontaneamente ed e' per questo che l'American Psychiatric Association ha derubricato questa condizione da possibile malattia a condizione da esplorare. Lo afferma in una nota Donatella Marazziti, docente di psichiatria all'Universita' degli studi di Pisa . ''Le sindromi subcliniche - spiega - presentano aspetti simili alla psicosi ma si differenziano per una scarsa disfunzionalita' e procedono verso una graduale scomparsa delle condizioni in essere. C'e' una vasta letteratura sul fenomeno , ma c'e' una scarsa divulgazione mediatica che puo' portare a confondere le cose e a patologizzare una situazione che, come si vede dal follow up, e' benigna . Secondo il King's College of London, centro di psichiatria fra i piu' autorevoli d'Europa, allucinazioni transitorie, come ad esempio, sentire le voci, colpiscono 4 adolescenti su 10 e il 66% dei bambini. Marazziti ricorda come '' si vada sempre di piu verso un continuum tra normalita' e patologia : se consideriamo gli studi sulle allucinazioni e sui sintomi psicotici presenti nella popolazione generale, che variano dall'8 al 15%, ci rendiamo conto come anche nella gente 'sana' esistano condizioni o sintomatologie psicotiche che non arrivano alla diagnosi ''. ''Sarebbe importante che anche i medici di famiglia conoscessero queste nuove scoperte frutto di centinaia di studi e di pubblicazioni - aggiunge - per evitare stigmatizzazioni che sarebbero improduttive''. Marazziti parla anche delle vecchie nevrosi '' che oggi traggono beneficio dalle terapie farmacologiche '' e dalla paura del terremoto , ricordando come '' sia necessario dare un sostegno multidisciplinare alle popolazioni colpite per evitare il dilagare di disturbi d'ansia ''.
Il 36enne resta in cella
Caso Santoro, parla lo psichiatra:
“Chi ha una malattia mentale non è un criminale”
Il dottor Veltro, direttore del dipartimento salute mentale di Campobasso contesta la tesi del difensore dell’uomo che martedì 8 aprile ha rapinato e poi tentato di uccidere una barista di 29 anni: “Associare l’incapacità di intendere e di volere alla patologia psichiatrica non ci sembra rispettoso per quelle migliaia di persone che sono realmente affette da grave malattia mentale, in cura con percorsi complessi presso il nostro centro con un tasso di criminalità ben al di sotto, ma molto, molto al di sotto della popolazione ‘normale’. E non è di poco conto, per quel che mi risulta, che tale soggetto negli ultimi 10 anni non abbia ricevuto alcun ricovero psichiatrico”. Ieri, intanto, il gip ha convalidato l’arresto in cella e disposto una perizia per stabilire le condizioni psichiatriche dell’uomo.
(sito internet locale, 13 aprile 2014)
Campobasso. Si riduce, e di parecchio, la capacità di intendere e di volere in chi mischia alcol e droga. Ma la stessa non dovrebbe essere associata ad una patologia psichiatrica perché, secondo il direttore del Dipartimento di salute mentale di Campobasso, dottorFranco Veltro, offende chi una malattia mentale ce l’ha sul serio facendo passare per criminali anche i suoi pazienti. Il medico ha preso posizione dopo aver letto e sentito le dichiarazioni dell’avvocato Arturo Messere, difensore di Umberto Santoro, il giovane che martedì 8 aprile ha rapinato e poi accoltellato la barista della sala slot Las Vegas di via Veneto. Di lui Messere ha detto ieri, venerdì, «che è uno psicopatico con cronica intossicazione da stupefacenti e da alcol», aggiungendo pure che quando ha commesso il fatto «non era capace di intende e di volere (infatti il legale si è opposto alla convalida dell’arresto, ndr)» e che l’uomo «dovrebbe stare ai domiciliari in una casa di cura col braccialetto e non in cella».
Veltro, che ha scritto una nota assieme al presidente Baranello, dell’associazione Mens Sana (quella che unisce i familiari degli utenti di Psichiatria) e al presidente Petrone dell’associazione pazienti psichiatrici Liberamente Insieme precisa inoltre che Santoro non ha mai ricevuto alcun ricovero psichiatrico negli ultimi dieci anni. Così almeno risulta al direttore del Dsm. «Crediamo sia doveroso – scrivono Veltro, Baranello e Petrone - far presente che capacità di intendere e di volere, pericolosità sociale e patologia psichiatrica sono concetti che devono restare distinti e da valutare nella singola persona e per il singolo caso. Ai 400 pazienti affetti da schizofrenia, ai 500 affetti da psicosi bipolare e agli oltre 1000 utenti in cura presso il Dsm non piace questa associazione. Senza entrare nel merito, che non conosciamo, e senza creare similitudini, anche un potenziale criminale o un pregiudicato, quando affetto da altre problematiche, tra cui la personalità antisociale o di dipendenza, (condizioni non di pertinenza della psichiatria, branca medica che cura invece malattie mentali e non devianze sociali o comportamentali), quel potenziale criminale nella sua vita può avere momenti di depressione o di ansia, ma questi non possono prendere la scena e mettere in secondo piano la realtà delle cose! L’incapacità di intendere e di volere può essere compromessa da tanti altri fattori, dalle patologie tumorali, dalle demenze e dagli stati di intossicazione anche di vernici e coloranti! Quanto scritto è a difesa della dignità delle persona con disturbo mentale, contro ogni forma, esplicita o implicita di pregiudizio e discriminazione, compreso l’uso di termini insopportabili, tra i quali "psicopatico"!». [...]
[1]Girolamo Digilio (a cura di), Vade-Retro del pregiudizio. Piccolo dizionario di salute mentale, Armando Editore Roma 2005