Con questo termine si intende “una vasta gamma di provvedimenti e norme che ha l’effetto di accrescere la popolazione straniera regolare, facendo uscire dalla condizione di irregolarità una parte degli stranieri privi dei documenti necessari a risiedere in uno Stato nazionale”[1]. Sinonimi sono regolarizzazione e emersione. Tutti coloro che si autodenunciano nei termini e nei modi previsti dalla sanatoria emergono dal sommerso e ottengono il permesso di soggiorno. Le sanatorie sono una costante delle politiche europee sull’immigrazione.
[1] Colombo A., Fuori controllo? Miti e realtà dell’immigrazione in Italia, Edizioni Il Mulino 2012
L’Istat ha calcolato che nel corso degli anni ’90 più del 60% dell’incremento della presenza straniera regolare in Italia era dovuta all’esito di provvedimenti di sanatoria, dunque non di nuovi arrivi o di improvvise invasioni, ma della emersione di persone che già vivevano e lavoravano nel Paese da irregolari[1]. A partire dagli anni ’80 ci sono state diverse sanatorie in Italia. In particolare, a ogni legge sull’immigrazione è seguita una regolarizzazione. È accaduto nel 1986 (con la legge n.943), con la legge Martelli (la n.39 del 1990, vedi la sezione Normativa), nel 1995 (Decreto Dini), nel 1998 (legge 40 o Turco – Napolitano), nel 2002 (legge n. 189 o Bossi –Fini). La successiva- e ultima – è stata nel 2009, riservata a colf e badanti, in occasione della quale sono state presentate 300mila domande.
È stata una sanatoria di fatto o sanatoria mascherata anche quella del 2006, quando il decreto flussi (vedi) estese la quota dagli iniziali 170mila previsti a tutti i richiedenti il diritto di ottenere il permesso di soggiorno. Le sanatorie non sono una particolarità italiana, sono un fenomeno europeo. Secondo il sociologo Asher Colombo “la storia delle politiche migratorie europee mostra che il controllo delle migrazioni internazionali è stato ottenuto molto più per via inclusiva – regolarizzando ampie masse di stranieri irregolari – che per via repressiva, punendoli con l’allontanamento o con il carcere”. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta la Germania adottò una regolarizzazione istantanea degli italiani che erano immigrati irregolari in quel Paese. La Francia sanò con provvedimenti individuali la posizione di quasi un milione di persone nel decennio tra il 1960 e il 1969. Rapportando il dato alle rispettive popolazioni, le sanatorie italiane hanno avuto proporzioni inferiori a quelle di Spagna, Portogallo e Grecia[2].
Si stima che un terzo degli immigrati regolari presenti oggi in Italia ha un passato da irregolare e sia stato ‘sanato’ da questo tipo di provvedimento. Dal 1986 è passato da questa trafila oltre un milione e mezzo di persone, di cui 700mila nel 2002 e 300mila nel 2009. Cifre che fanno comprendere come la distinzione fra regolari e clandestini (vedi) non può essere netta. Spesso si tratta della “doppia faccia della stessa medaglia”[3] .
[1] Comunicare l’Immigrazione – guida pratica per gli operatori dell’informazione
[3] Comunicare l’Immigrazione – guida pratica per gli operatori dell’informazione, cfr. Glossario