Scolarizzazione
E' l’azione di "scolarizzare" [dal francese scolariser, derivato di scolaire «scolastico»], che vuol dire "includere nella popolazione scolastica, mettere in condizione, mediante opportuni provvedimenti, di adempiere all’obbligo scolastico o di proseguire gli studi, chi, per vari motivi, è ancora escluso dalla scuola". (Treccani)
Il processo di scolarizzazione. Dalle classi speciali al considerare i bimbi rom come 'zingari' e 'nomadi'. Come si legge in una nota storica riportata nell'indagine "Gli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano" presentata nell'ottobre del 2011 dal ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) e dalla fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità), “il primo processo di scolarizzazione sistematica dei bambini rom e sinti inizia nel 1965, anno in cui diventa operativa un’intesa tra il ministero della Pubblica Istruzione, l’Istituto di pedagogia dell’Università di Padova e l’Opera Nomadi, per l’istituzione delle classi speciali “Lacio Drom” (Buon viaggio). La scelta metodologica della classe speciale era motivata dal fatto che si trattava del primo approccio alla scuola per una popolazione che mai prima vi si era avvicinata. Solo nel 1982 una nuova intesa con l’Opera Nomadi stabilisce che i bambini rom in età di obbligo scolastico devono frequentare le normali classi italiane, prevedendo la presenza di un insegnante aggiuntivo per ogni sei allievi con la funzione di ponte tra scuola e famiglie. Nel 1986 esce la CM n. 207, "Scolarizzazione degli alunni zingari e nomadi nella scuola materna, elementare e secondaria di primo grado". Negli ultimi anni, infine, due documenti definiscono il quadro normativo e i principi generali per l’integrazione scolastica di bambini di diverse provenienze culturali, compresi i minori appartenenti ai gruppi rom e sinti: la CM n. 24/2006 "Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri" e "La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri" del 2007, elaborata dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale del ministero dell’Istruzione. In essi, si indica l’opportunità di promuovere azioni sui temi del pregiudizio e delle discriminazioni: l’antiziganismo assume l’aspetto di una forma specifica di razzismo che l’educazione interculturale deve contrastare, anche attraverso la conoscenza della storia delle popolazioni rom e sinti”.[1]
Un paradosso italiano
Il paradosso dei progetti di "scolarizzazione" per i bambini Rom, finanziati con risorse pubbliche, è che prima si lede il diritto dei bambini all'istruzione attraverso i continui sgomberi e il trasferimento in "campi rom" (o "villaggi attrezzati") sempre più isolati e segregati e poi si avviano progetti per l'accompagnamento dei minori a scuola, affidati a realtà del terzo settore. Sta in questo paradosso anche il limite di questo termine "scolarizzazione", che lascia quasi intendere una mancata volontà da parte delle famiglie rom di fare studiare i propri ragazzi. Guardando acriticamente agli scarsi risultati che tanti anni di progetti di scolarizzazione nei campi rom hanno portato in termini di istruzione e possibilità di inserimento sociale e lavorativo, si rischia dunque di rafforzare questo stereotipo.
Non sono molte le fonti su questo ambito, ma ci sembra molto utile riportare qui nella sezione delle statistiche i risultati di un rapporto dell'Associazione 21 Luglio, da anni specializzata nel monitoraggio della segregazione dei rom nei campi su base etnica e nella successiva denuncia dei diritti umani che vengono costantemente violati a causa della politica di segregazione abitativa dei Rom attuata in Italia.
Emarginazione e distanza sociale che colpiscono i bimbi rom costretti a vivere in una situazione di disagio abitativo all'interno di campi isolati dalla città non riescono a essere colmati dai progetti di scolarizzazione. E' questo il risultato a cui arriva la ricerca che ha monitorato ciò che succede nel “villaggio attrezzato” di via di Salone, il campo Rom più grande d’Europa in cui l’amministrazione di Roma ha raggruppato circa 1200 persone, fuori dal raccordo anulare, lontano da tutto e da tutti. La realtà del campo e dei tanti bambini che ci vivono è stata raccontata anche dal film documentario "Container 158" di Stefano Liberti e Enrico Parenti, prodotto da Zalab.
Quando si pensa ai Rom prevalgono due modi di immaginare la loro cultura: quello romantico dei
nomadi e anarchici alla “Kusturica” che passano la vita ballando e bevendo e quello che li dipinge
come ladri, nullafacenti, ruba-bambini, ma la realtà dei Rom è molto diversa dall'immaginario che ne abbiamo- dice Stefano Liberti, regista del documentario - Otto famiglie su dieci sono a rischio povertà. solo un rom su sette ha terminato le scuole di secondo grado e in Europa le comunità rom si collocano al di sotto di quasi tutti gli indici di sviuppo sui diritti umani.
Le immagini di Container 158 mostrano bene come le opportunità dei gagè, dei non rom, che sono precluse agli abitanti del campo. Riecheggiano dallo schermo televisivo, acceso sui programmi con i “tronisti” belli e muscolosi. Sfavillano dalle vetrine del centro commerciale Roma Est. I bambini sono attratti da quel mondo luccicante di negozi e merci, ma raccontano che le guardie lì sono cattive, li prendono e li cacciano con la forza appena li vedono. È una metafora del trattamento riservato ai rom dalla società maggioritaria, che li spintona fuori dalla porta sulla base di uno stigma che finisce per trasformarsi in realtà. Perché a furia di segregare e allontanare, chi vive in un campo non ha altra chance per sopravvivere che quella di arrangiarsi come meglio può. E a questa gente restano le briciole del banchetto. Come quegli scarti di ferro che Giuseppe, uno dei rom protagonisti del film, raccatta dall’alba a sera per mandare avanti una famiglia di quattro persone più due bimbi in arrivo.
Quindi il rischio è di addossare ai Rom la responsabilità della mancata scolarizzazione dei figli. In realtà le difficoltà nascono dalla segregazione nei campi ghetto. Riportiamo qui una testimonianza diretta che abbiamo raccolto nel corso del 2012 nel campo rom, detto "villaggio della solidarietà" di Castel Romano, sulla via pontina, ai margini dell'estrema periferia della Capitale. Claudio Hamidovic è nato a roma ed è un cittadino italiano di 19 anni. "Al campo non viviamo bene, siamo isolati, non abbiamo mezzi- dice -I miei coetanei non mi vedono come un italiano, ancora mi vedono come uno zingaro perché anch’io non lavoro e qua non c’è integrazione con altre persone. Ho lasciato le scuole superiori a 16 anni, perché da qui la scuola è troppo lontana. Alle medie ti permettono di entrare anche alle 9.30 ma alle superiori devi entrare alle 8 e non potevo più frequentare perché l’autobus non arriva in tempo. Volevo fare il parrucchiere o il cuoco. Invece adesso non faccio niente. Sono sposato e ho un figlio di 20 giorni. Se trovo un lavoro non dico che sono un rom, perché sennò non mi accettano. Tanti sono stati licenziati quando i datori di lavoro hanno saputo che erano rom".
Il "villaggio della solidarietà" di Castel Romano viene costruito nel 2005 dall'allora sindaco di Roma Walter Veltroni per trasferire una comunità Rom sgomberata da una zona centrale (vicolo Savini). "Il villaggio" si trova lungo la statale Pontina, 25 chilometri oltre il raccordo anulare e a 8 chilometri dal centro abitato più vicino. Su tre lati il campo è circondato dalla campagna del Parco di Malafede, l'altro lato de perimetro corre lungo la pericolosa via Pontina. Da questo come da altri campi fuori dal perimetro cittadino, i bambini rom non possono essere accompagnati a scuola dalle famiglie e il comune istituisce dei servizi di navetta e accompagnamento nelle scuole capitoline con operatori di cooperative sociali. Vista la distanza e il traffico intenso lungole arterie della capitale, i bambini arrivano con lo scuolabus con ore di ritardo a scuola e devono lasciare prima le lezioni per rientrare. Questo si traduce non solo in un ritardo nei programmi scolastici e nell'apprendimento ma anche in un motivo di sostanziale emarginazione rispetto ai compagni di classe non rom. Il sistema dunque ostacola la socializzazione sia dei bambini sia delle loro famiglie, che nel campo non sono solo isolate geograficamente ma anche socialmente e culturalmente.
Secondo quanto ha calcolato l'Associazione 21 Luglio nel report "Linea 40. Lo scuolabus per soli bambini rom" la somma dei ritardi produce a fine anno un'assenza per ogni minore pari in termini di ore a circa un mese. Come evidenzia bene il titolo del rapporto, la segregazione dei minori rom non finisce quando escono dal campo per andare a scuola, perchè continua sul mezzo di trasporto, allestito per loro in modo 'speciale' dalle autorità e poi anche in classe per le disparità di cui abbiamo scritto.
[1]Guida all'informazione sociale, guida.redattoresociale.it
Gli “alunni nomadi” iscritti nei diversi ordini e gradi di scuola, nell'anno scolastico 2010-2011 sono 12.377. Il dato generale emerge dall'indagine "Gli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano" presentata nell'ottobre del 2011 dal ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) e dalla fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità). Un intero capitolo dell'indagine è dedicato ai agli alunni “nomadi”, come vengono definiti – si legge - “in maniera sintetica gli appartenenti a gruppi culturali rom e sinti, aventi o non aventi cittadinanza italiana”. [1]
Il 47,5% degli alunni rom e sinti è costituito da femmine (5.875). La maggioranza frequenta la scuola primaria (6.764 pari al 54,6% del totale degli alunni "nomadi" presenti nelle scuole italiane), mentre solo l’1,3% dei ragazzi rom e sinti (158 studenti) è iscritto alle secondarie di secondo grado. Il numero degli alunni nell'anno scolastico 2010-2011 è in crescita rispetto al 2009/2010 (12.089), ma è in diminuzione rispetto al 2008-2009 (12.838).
La distribuzione sul territorio nazionale. Il Lazio, con 2.443 allievi rom e sinti, si conferma la regione con il più alto numero di iscritti, seguita da Lombardia (1.943), Piemonte (1.259), Calabria (1.165), Emilia-Romagna (799), Toscana (766). Tra le province, Roma (2.228), Milano (935), Torino (808), Napoli (628), Catanzaro (432), Reggio Calabria (495), Siracusa (297) e Pordenone (252) si segnalano come i territori del centro, nord e sud in cui si concentra la maggiore presenza di allievi rom.
Un popolo di bambini
I Rom sono "un popolo di bambini" secondo un'espressione tratta dall'indagine conoscitiva realizzata dalla Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato nel 2011, secondo cui, tra il 50 e il 60% della popolazione rom ha un'età che va dai vent'anni in giù. In Italia la percentuale dei minori Rom e Sinti al di sotto dei 16 anni (45%) è tre volte superiore rispetto alla media nazionale (15%) per lo stesso gruppo di età. In compenso, le aspettative di vita sono più basse (vedi anche la voce 'rom'), anche in Europa. Sempre secondo i dati riportati nella relazione del Senato, negli Stati membri dell'Unione europea il 51% della popolazione raggiunge i 75 anni, mentre tra le popolazioni Rom la media è del 25,7%; la forbice è ancora più ampia se si considera l'obiettivo degli 85 anni, raggiunto solo del 4,5% degli appartenenti alle popolazioni Rom, ma dall'11,2% della popolazione dell'Unione Europea.
A Roma
Secondo un'indagine effettuata dall'Associazione 21 Luglio, nel solo anno scolastico 2010-2011 solo a Roma le spese per la scolarizzazione dei bambini rom ammontavano a 2.291.140 euro, di cui 1.042.180 per i minori presenti nei villaggi attrezzati, 498.960 per i minori presenti nei campi non attrezzati e una stima di 750.000 euro per il trasporto scolastico. Questo servizio ha riguardato, sempre in quell'anno scolastico di riferimento, 16 insediamenti ubicati in 11 municipi. I minori rom iscritti nelle scuole statali sono stati per il 2010-2011 pari a 1.788 di cui 1.205 (67,39%) residenti nei "villaggi attrezzati", 542 (30,31%) residenti negli insediamenti non attrezzati e 41 (2,29%) residenti in un centro di accoglienza (Via Amarilli). La suddivisione per ordine e grado scolastico era: 309 bambini nella scuola dell'infanzia, 906 nella scuola primaria, 435 nella scuola media e 84 nei centri di formazione professionale.
Un dato interessante contenuto nella ricerca è quello sulla frequenza scolastica.
Secondo la legge italiana, perchè l'anno scolastico sia considerato valido un alunno deve frequentare per il 75% dell'orario. Ma per alcuni anni il comune di Roma ha elaborato i dati relativi alla frequenza scolastica dei minori rom utilizzando solo per loro una tabella di quattro fasce: frequenza regolare (70-100%), frequenza media (40-70%), frequenza scarsa (0,1-40%), frequenza nulla (0%) "E' solo attraverso l'utilizzo di tale indicatore che le autorità preposte possono concludere che durante gli ultimi anni scolastici più del 50% dei minori rom ha frequentato in maniera media e regolare" denuncia l'indagine. [2]
Amnesty International, con il rapporto Promesse non mantenute: la segregazione degli alunni rom continua", pubblicato nel 2013 evidenzia inoltre il fenomeno persistente in alcuni stati europei delle 'classi speciali' per soli bimbi rom. In Slovacchia, circa il 43% dei minori iscritti alle scuole ordinarie, frequenta classi etnicamente segregate (solo rom), mentre il 12 per cento è assegnato a scuole speciali. "È giunto davvero il momento che le autorità slovacche pongano fine alla prassi discriminatoria della segregazione nel campo dell'istruzione e riconoscano che hanno la responsabilità di garantire che tutti i bambini e le bambine abbiano uguale accesso a un'istruzione di qualità" - ha dichiarato Jezerca Tigani, vicedirettrice del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.
[1] Guida all'Informazione sociale, guida.redattoresociale.it
[2] Associazione 21 Luglio, Linea 40.Lo scuolabus per soli bambini rom. Rapporto sulla scolarizzazione dei minori rom a Roma, Ottobre 2011
Chiusura campo nomadi Baiardo
Cari cittadini
come da impegni assunti e scusandoci per il ritardo vi informiamo che da alcuni giorni sono iniziate le operazioni di chiusura del campo nomadi di via del Baiardo (zona Tor di Quinto)
La dismissione del campo, salvo imprevisti durerà alcuni giorni e vedrà il trasferimento delle persone aventi diritto presso il nuovo campo autorizzato de "La Barbuta 2" situato nel X Municipio.
Al termine delle operazioni l'area bonificata verrà data in concessione al comando provinciale della Guardia di Finanza.
I minori scolarizzati che negli anni hanno frequentato le scuole del territorio da settembre 2012 saranno iscritti presso gli istituti didattici del X Municipio.
Ringraziandovi per l'attenzione vi salutiamo caramente e rimaniamo a disposizione per eventuali ed ulteriori chiarimenti.
Il sindaco Gianni Alemanno
Il vicesindaco Sveva Belviso
Roma 11 luglio 2012
Qui sopra, da una lettera inviata dall'amministrazione comunale capitolina ai cittadini di un municipio nel 2012 dopo lo smantellamento e lo sgombero di un campo rom, vediamo come i "minori scolarizzati" vengano con la forza trasferiti in scuole diverse, quelle del municipio in cui si trova il campo nel quale le loro famiglie sono state costrette ad andare dalle ruspe. Lo spostamento nella geografia della città è notevole, perchè la comunità rom viene trasferita da roma nord (Tor di Quinto) a roma sud-est (X Municipio).
Torino, bimbo rom scrive a scuola: io non rubo, andrò a lavorare
Rinaldo, 10 anni e molto coraggio: da grande farò il maestro
(sito internet di un telegiornale, 31 dicembre 2013)
Ha dieci anni e vive in un campo rom a Torino. Si chiams Rinaldo e ha scritto una lettera a scuola che ha molto colpito opinione pubblica e autorità locali. "Qui molti fanni i ladri, rubano, io invece voglio fare l'insegnante da grande, per spiegare agli altri come si trova un lavoro". La madre del piccolo aggiunge:veniamo dalla Romania, vogliamo restare qui a vivere. Meglio fare la lavavetri che rubare. "Qui al campo molti vanno al grande magazzino a rubare, oppure rapinano borsette, telefonini", aggiunge Rinaldo che, racconta la madre Giulia, ha avuto il coraggio di dire al padre che "è meglio lavorare, andare ai semafori". "Io da grande - continua il piccolo - voglio lavorare, insegnare agli altri, per questo ho imparato a leggere e scrivere. Anche per prendere la patente". "Noi rimaniamo qui finché il campo rom non viene rotto (evacuato e abbattuto), così posso continuare ad andare a scuola", chiude Rinaldo.
La scuola che fa crescere i Rom
Alla “Cena” raddoppiato il tasso di frequenza dei 60 alunni che vengono dal campo di lungo Stura
(sito internet di un quotidiano nazionale 22/03/14)
TORINO Dare responsabilità. In fondo, è la ricetta per ogni crescita, perché non dovrebbe funzionare con i Rom? Quanto sta avvenendo all’Istituto Comprensivo Cena lo dimostra. La scuola che ha accolto generazioni di bambini dei campi sosta, ora conosce una stagione nuova con i suoi 60 alunni Rom «residenti» nelle baracche di lungo Stura: in un anno sono passati dal frequentare in media il 40% delle lezioni all’attuale 80%. Fiducia «Il “segreto” è dare fiducia, far assumere responsabilità ai genitori. È la prima cosa», dice Vesna Vuletic, presidente di Idea Rom Onlus, l’associazione di donne Rom impegnata in due progetti europei per l’integrazione e il successo scolastico dei bambini Rom. «Abbiamo lavorato sulla motivazione delle famiglie. Con le mamme abbiamo parlato a lungo di quello che potrà essere il futuro dei loro figli e formato un piccolo gruppo di donne capaci di facilitare i rapporti scuola-famiglie. Ogni pomeriggio adesso ci sono mamme che vengono a parlare con le maestre, le maestre possono utilizzare il diario per le comunicazioni. Due donne in particolare sono state formate come mediatrici». Claudia e Nicoletta in classe collaborano con la maestra per il successo dei bambini Rom e il benessere di tutti gli alunni. Provare per credere. Nella scuola di strada San Mauro, austera ma piena di colori, esemplare per pulizia, l’atmosfera è di famiglia. Quando la preside Elena Garrone entra in I A, Roxana, Denise, Francesco, Maria le vanno incontro, la abbracciano. «La preside - dice Vesna - tratta alla pari, i bimbi lo sentono». La visita In questi giorni, in occasione della Giornata contro il Razzismo e nell’ambito di un seminario, la Cena è stata visitata da una delegazione composta da rappresentanti dei sei Paesi che con l’Italia partecipano ai due progetti finanziati dall’UE. Tra loro, una responsabile dell’Accademia delle Scienze ungherese, i presidenti delle maggiori federazioni Rom di Spagna e Romania, Lisa Morris, inglese, valutatrice di progetti per la Commissione Europea, e poi esperti greci, portoghesi, ciprioti. Prima di andare nella scuola, Idea Rom ha accompagnato la delegazione a visitare la baraccopoli di Lungo Stura. Morris riassume l’intera esperienza in poche parole: «Al campo Torino ha la vergogna più grande, alla scuola Cena l’orgoglio. Le vostre autorità devono conoscere questo modello e sostenerlo». La delegazione è rimasta così colpita dalle condizioni di Lungo Stura che ha scritto una lettera al sindaco, inviata anche a Papa Francesco. In classe Nicoletta, mamma-mediatrice è orgogliosa di suo figlio che in prima media è il più bravo della classe. «È stato lui a portarmi qui», spiega. Quando le si chiede cosa facesse prima, abbassa gli occhi: «Chiedevo l’elemosina». In IV A Florentina, allieva modello, mostra il bel lavoro fatto dopo il soggiorno nel Centro comunale di Loano. La maestra Angela Lasorsa: «Abbiamo imparato i venti in spiaggia... La voglia di imparare di questi bambini supera tante difficoltà. Come i compiti a lume di candela nella baracca, le scarpe mangiate dai topi...». Giulio Taurisano di Idea Roma: «Per la prima volta le famiglie si sono fidate e hanno permesso ai loro figli di partecipare a un soggiorno di una settimana. Un grande passo». La maestra Maria Gariffo è alla Cena da 29 anni: «Allora i bambini italiani non volevano nemmeno sedersi vicino ai Rom. Oggi sono tutti alla pari. E questo dipende anche da noi adulti». Ma c’è qualcosa in più che si muove. «Grazie a questo progetto possiamo dare ore in più e supportare il passaggio dalla primaria alle medie. I ragazzi sono entusiasti, si impegnano e ottengono risultati: il modo per non perderli».
Le due notizie riportate qui sopra hanno sicuramente carattere positivo e non denotano intenti discriminatori. Tuttavia, proprio per le difficoltà di inclusione sociale per gli abitanti dei campi-ghetto italiani, questo tipo di notizie viene ancora riportato con i canoni dell'eccezionalità, per la serie: "uno zingaro su mille ce la fa". Mentre quella raccontata in queste due notizie dovrebbe costituire la normalità.