Baby prostituta
Vengono chiamate baby prostitute le minorenni che si prostituiscono. Spesso sono vittime di tratta e possono sempre essere definite vittime di sfruttamento sessuale: la prostituzione minorile in Italia è infatti un reato punito ai sensi dell'articolo 600bis del codice penale.
La normativa italiana protegge il/la minore contro ogni forma di sfruttamento o mercificazione sessuale che ne possa compromettere lo sviluppo fisico e psicologico, in ottemperanza alla Convenzione dell’ONU sui diritti del fanciullo (1989), alla dichiarazione finale della Conferenza mondiale di Stoccolma (1996) e alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote, 2007).
Inserendo “baby prostituta” in un motore di ricerca in Internet si ottengono 19 milioni di record, segnale dell’enorme diffusione di questa espressione nel linguaggio dei mezzi di comunicazione.
Prostituta è, per il dizionario Treccani, «la donna che si prostituisce». C’è la parola donna, in questa definizione, che sarebbe inesatto riferire a minorenni, e c’è quell’attivo prostituirsi, che la nostra legge non riconosce per le persone di età minore, ritenendole sempre e in ogni caso delle vittime (di chi le induce alla prostituzione, di chi le sfrutta).
Inoltre l’espressione dà luogo a paradosso unendo la parola baby – che richiama la minore età, la situazione indifesa della fanciulla e il suo bisogno di protezione – con prostituta che ha un effetto stigmatizzante, moralmente e socialmente degradante verso le persone a cui si riferisce.
In Italia si stima che le minori e i minori stranieri che esercitano la prostituzione in Italia siano il 10% - quindi una porzione molto significativa - del totale delle persone non italiane coinvolte nel mercato del sesso, in strada e al chiuso: 3.500 su 35.000[1]. Gran parte di loro si presume sia vittima di tratta e sfruttamento sessuale.
In totale sono 986 le vittime minorenni accolte nei programmi di protezione sociale (ex art. 18) tra il 2000 e il 2008, con una forte predominanza di ragazze romene (46%) e nigeriane (36%), seguite da albanesi (11%) e nordafricane (7%)[2].
Le minorenni romene, come cittadine comunitarie, entrano in Italia agevolmente, spesso al seguito di un fidanzato o di altra persona di cui si fidano; l’assoggettamento allo sfruttamento sessuale avviene attraverso coercizione esplicita o attraverso il ricatto del legame affettivo. Le nigeriane arrivano invece in Italia con falsi documenti, accompagnate dalla maman (la sfruttatrice) o da altre figure che organizzano la loro tratta, e vengono soggiogate anche mediante riti tradizionali[3].
Tra i minori esiste anche il fenomeno della prostituzione maschile, che è sottoposta a forme di controllo e sfruttamento diverse, spesso meno coercitive, da parte degli adulti. Sono coinvolti adolescenti rom – soprattutto stranieri e di recente arrivo in Italia –, maghrebini e romeni[4].
[1] Parsec e Unicri, Trafficking of Nigerian Girls in Italy, Torino 2010.
[2] Save the Children, Piccoli schiavi. Dossier Tratta, Roma 2011.
[3] Parsec e Unicri, Trafficking of Nigerian Girls in Italy, cit.
[4] Cfr.: G. Candia, F. Carchedi, F. Giannotta, G. Tarzia, Minori erranti. L’accoglienza e i percorsi di protezione, Ediesse, Roma 2008; Save the Children, Piccoli schiavi, cit.
minori vittime di sfruttamento sessuale
Baby prostituta è una locuzione cha va usata con cautela. L'alternativa proposta rappresenta una soluzione più ingombrante e probabilmente meno efficace dal punto espressivo, ma resta la più adeguata a descrivere la situazione di bambine e bambine che si prostituiscono, specialmente in un ordinamento che ne riconosce la protezione contro ogni forma di mercificazione sessuale.