Il Ritardo Mentale costituisce una condizione di difficile inquadramento. E' una definizione generica per condizioni molto diverse tra loro, che a volte descrivono un deficit, a volte un disturbo, una sindrome o una malattia, a volte una condizione di disabilità. Si tende oggi a ritenere che la popolazione con ritardo mentale debba più semplicemente essere considerata come una popolazione che necessita di un aiuto superiore alla media nelle principali attività della vita quotidiana.
Nei principali manuali diagnostici internazionali (DSM-IV TR e ICD-10) la caratteristica fondamentale del ritardo mentale è un funzionamento intellettivo generale significativamente al di sotto della media, che è accompagnato da significative limitazioni in almeno due delle seguenti capacità: comunicazione, cura della persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute, e sicurezza. L'esordio deve avvenire prima dei 18 anni. Il ritardo mentale è l'esito di vari processi patologici che agiscono sulla struttura e sul funzionamento di alcune aree del sistema nervoso centrale.
L’espressione ‘ritardo mentale’ è stata abbandonata dalla cultura scientifico-sociale contemporanea e sostituita con ‘Disabilità Intellettiva’ (DI). [1]
La disabilità intellettiva è "una disabilità caratterizzata da limitazioni significative sia nel funzionamento intellettivo che nel comportamento adattivo che si manifestano nelle abilità concettuali, sociali e pratiche. Tale disabilità insorge prima dei 18 anni". [2]
[1]Salvador-Carulla L., Bertelli M. 'Mental retardation' or 'intellectual disability': time for a conceptual change. Psychopathology, 2008
[2] Nuova dicitura per il ritardo mentale: comprendere il passaggio verso il termine disabilità intellettiva, Ajmir edizione italiana, volume 6 numero 1, febbraio 2008
Nel campo della disabilità la terminologia viene sostituita frequentemente anche perché tende ad assumere connotati negativi e stigmatizzanti. Il termine disabilità intellettiva è sempre più utilizzato in sostituzione di ritardo mentale. Negli ultimi 200 anni, il vocabolario ha incluso termini come idiozia, deficienza, deficienza mentale, disabilità mentale, handicap mentale e subnormalità mentale.
Nel marzo 1958 nasce a Roma, sulla spinta di un gruppo di genitori radunatisi attorno alla madre di un figlio con disabilità, Maria Luisa Ubershag Menegotto, l’Associazione nazionale famiglie di fanciulli minorati psichici, diventata nel 1960 Anffas, cioè associazione nazionale famiglie fanciulli e adulti subnormali e oggi Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale.
Sempre più, il termine disabilità intellettiva viene utilizzato al posto di ritardo mentale. Questo cambiamento linguistico è visibile nelle denominazioni delle più importanti organizzazioni internazionali (es. l’American Association on Intellectual and Developmental Disabilities–AAIDD, l’International Association for the Scientific Study of Intellectual Disabilities, il President’s Committee for People With Intellectual Disabilities), e nelle ricerche pubblicate.
L’espressione Ritardo Mentale sottolinea che lo sviluppo di alcuni individui è caratterizzato dall’essere più lento di quello tipico, espressione preferita a quelle usate in passato di debolezza o deficienza o insufficienza mentale, al fine di evidenziare che almeno le prime tappe dello sviluppo, cioè quelle raggiungibili di norma nei primi 6 anni di vita, vengono comunque raggiunte da vari ragazzi con ritardo mentale, anche se in tempi più lunghi. In precedenza si usava l’espressione “Insufficienza Mentale” (o “Mental Deficiency”).
Da alcuni anni le più importanti associazioni internazionali hanno deciso di sostituire il termine ritardo mentale con “Intellectual and Developmental Disabilities”, che in italiano possiamo tradurre con “Disabilità Intellettive Evolutive”.
Il termine evolutive è stato inserito per distinguerle dalle disabilità intellettive acquisite (ad esempio a causa di malattia o incidente). Spesso si usa anche l’espressione abbreviata “Disabilità Intellettive”.
Questa sostituzione ha molteplici motivazioni.
“Disabilità intellettive” sembra più adatto ad evidenziare le varie forme con cui si manifestano le disabilità che coinvolgono l’intelligenza. Il termine “Intellettive”, più specifico, è ritenuto più adeguato di quello generale “Mentale” (che, essendo aggettivo di "mente, si riferisce a tutto il funzionamento della mente e non solo a quello intellettivo). A differenza del ritardo mentale sono considerate disabilità intellettive anche condizioni di insufficienza più lievi, come quelle che emergono con prestazioni in test di intelligenza con Quoziente Intellettivo compresi fra 71 circa e 85 circa. Una persona ha delle disabilità intellettive solo se il suo QI è inferiore a 70-75, se ha anche complementari difficoltà adattive e se la disabilità è insorta prima dei 18 anni.
Inoltre questa espressione rientra nel più ampio concetto di disabilità (vedi), che si è evoluto a partire da un tratto o caratteristica centrata sulla persona (a cui spesso si faceva riferimento come a un “deficit”) a un fenomeno umano con genesi in fattori organici e/o sociali, per cui il soggetto con disabilità viene visto all’interno di un determinato ambiente sociale.
Fino ai primi dell’Ottocento, quella che oggi identifichiamo come disabilità intellettivo-relazionale non è affatto codificata. Viene chiamata in modo generico (demenza, idiozia, frenesia) e questi individui rientravano spesso nella categoria dei “pazzi”. Storicamente, le disabilità intellettive, spesso, si confondono con le malattie psichiatriche. Fin dall’antichità era stata avviata una vera e propria riflessione medica sull’epilessia, distinta dalla follia. Una prima grossolana distinzione era stata realizzata nel Medioevo con la separazione tra i “pazzi di nascita” (ritardati mentali) e i “lunatici” (malati mentali). [1] Il riconoscimento di questo tipo di disabilità, specialmente nella sua distinzione dalla malattia psichiatrica, avviene con la nascita della “pedagogia speciale” A partire da qui, le due grandi tipologie di disabilità della mente, quelle psichiatriche e quelle congenite, prendono definitivamente direzioni diverse sia da un punto di vista concettuale sia nelle pratiche destinate a questi individui, che spesso si ritrovavano negli stessi ospedali generali.
[1] Schianchi M., Storia della disabilità. Dal Castigo degli dei alla crisi del welfare, Carocci editore, Roma 2012 pag.120
Texas, condanna a morte per un ritardato mentale
Il tribunale dello stato meridionale statunitense ha deciso di eseguire la condanna a morte di un uomo con gravi deficit mentali, riconosciuto colpevole, nel 1997, dell’omicidio di una bambina di 11 anni
(sito di una testata all news nazionale, 4 dicembre 2009)
Bobby Woods, Bianco, 44 anni, condannato nel 1997 per l’omicidio di una bambina di 11 anni è stato ucciso con una iniezione letale in Texas. Una notizia triste, ma fin qui nulla di strano. Se non fosse che Woods era un ritardato mentale. Ma la Corte suprema statunitense, nonostante il deficit mentale del condannato, ha deciso di non riesaminare il caso e di confermare la sentenza. Nel 2002 la Corte Suprema aveva affrontato il tema se la condanna a morte di un minorato mentale fosse corretta o meno, senza però giungere mai ad una conclusione definitiva. In quell’occasione i nove giudici avevano deciso che non fosse giusto condannare a morte persone con gravi handicap mentali. Tuttavia quella sentenza lasciava alle singole Corti Statali il potere di stabilire se un singolo detenuto poteva essere definito minorato mentale o meno. Ma questo standard non è stato applicato in tutti gli stati: in Alabama, Mississipi e Texas, detenuti con un QI pari a 66 non sono considerati dementi. In California, invece, con 84 sei già giudicato un minorato. Il livello mentale di Woods era pari a 70 e aveva una capacità di scrittura pari a quella di un bambino di sette anni.
Esguita la pena di morte Il Texas uccide il condannato minorato mentale
Le autorita dello Stato americano del Texas hanno eseguito questa notte la condanna a morte nei confronti di Marvin Wilson, al quale era stato diagnosticato un ritardo mentale
(sito di una testata all news nazionale, 8 agosto 2012)
Media animali, dalle Iene alla Zanzara
(blog di un noto opinionista su una testata online nazionale, 2 giugno 2014)
[...]Purtroppo programmi come Le Iene sono assurti a simboli del trash subculturale che infesta i media dei nostri giorni, confondendo lo spettacolo per subnormali con l’informazione, e pretendendo di sostituire servizi pseudogiornalistici alle inchieste giudiziarie: cosa che peraltro ormai sembra essere lo scopo dichiarato di tutti i media, non solo quelli dichiaratamente trash [...]
Announo, Grillo: “L’ebetino dell’Expo e lo psiconano dei canili”
“L’ebetino ha detto: io sull’Expo mi gioco la faccia, ma i milanesi si giocano il culo” – attacca Grillo nel suo comizio da Bergamo – “ora servono 25 milioni che arriveranno da aumenti su benzina e dal riscaldamento”. Poi su Berlusconi: “Lo psiconano va per canili. Ormai pure i cani sono ridotti a stare dentro le borsette di Louis Vuitton”. E ancora: “Dudù bisogna darlo alla vivisezione, solo lui”
(video su un quotidiano online nazionale, 15 maggio 2014)
I primi due articoli sono scorretti perchè non usano mai l'espressione scientificamente più accreditata di "persona con disabilità intellettiva" e perchè si usano come sinonimi una serie di locuzioni, mentre ognuna delle quali ha un significato preciso, spesso fortemente stigmatizzante, al quale rimandiamo, per non parlare della confusione evidente fra deficit e handicap. (vedi anche minorato, handicappato, demente).
Gli ultimi esempi invece ci fanno vedere come i termini con i quali in passato è stata connotata la disabilità anche scientificamente, (subnormali) oggi vengono usati come forma di insulto, senza porsi il problema dello stigma che ancora veicolano queste parole, soprattutto se usate fuori dal proprio ambito di riferimento, come in questo caso.
Il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, chiama il premier Matteo Renzi "l' ebetino". Questo termine è un sinonimo di "ritardato, deficiente". Secondo il vocabolario Treccani, l'aggettivo e sostentativo ebete, dal latino hebes -ĕtis,«spuntato, ottuso», vuol dire: "ottuso di mente, deficiente, usato soprattutto come epiteto ingiurioso".