Il termine gagé indica nella lingua romanì "il non essere rom o meglio il non appartenere alla dimensione romanì". “I gagé sono gli altri per definizione” spiega lo studioso Leonardo Piasere[1]. Il termine non corrisponde sempre perfettamente a “non zingari”. Per i Rom, Cristo è stato messo in croce dai gagé. “E la crocifissione è l’esempio più chiaro della malvagità dei gagé”.[2] I Rom e Sinti possono essere poi suddivisi in miriadi di gruppi, tanto che secondo Carlo Stasolla dell’Associazione 21 luglio, bisognerebbe parlare più correttamente al plurale di “le comunità Rom” più che della comunità Rom. Secondo Nazzareno Guarnieri della Fondazione Romanì, è corretto parlare di "popolazione romanì" (al singolare) e di "comunità romanes" (al plurale, da cui abbreviato, comunità rom). Ma, secondo Piasere, la distinzione di base resta quella tra Rom e Gagé, o meglio tra la dimensione romanì e la dimensione gagikanì (cioè dei gagè). Gagé è il plurale, sia maschile sia femminile. Gagò il singolare maschile e il singolare femminile è Gagì
[1] Piasere L. I rom d’Europa. Una storia moderna, Editori Laterza Bari 2004
[2] Ibidem
Piasere fa notare che le comunità rom, in quanto minoranza, "vivono disperse fra i gagé". Secondo lo studioso in quasi tutti i gruppi Rom c'è un'ideologia fortissima basata sulla distinzione con i gagé, considerati in genere come dei nemici da cui difendersi, dopo una storia fatta di politiche di sterminio (vedi Porrajmos), pogrom, assimilazione forzata. Da questo punto di vista, dice Piasere, i rom possono essere visti come un "popolo-resistenza".
Di queste strategie di resistenza fa parte la "degagizzazione" che si attua in un mondo in cui i gagé e le cose dei gagé sono tutt'intorno ai gruppi rom e sinti. "In questo senso, vivere romanes significa degagizzare un oggetto, togliergli il senso che i gagé gli hanno dato per attribuirgli il proprio senso attraverso una pratica diversa o parzialmente diversa" scrive Piasere facendo l'esempio tipico delle roulotte. [1]
Ovviamente, a volte la distinzione non è così netta. "Per quanto mi riguarda è una questione personale, sono frutto di un matrimonio misto fra un sinto e un gagio" dice, ad esempio, Eva Rizzin, attivista Sinta nel corso di un'intervista che le abbiamo fatto.
Piasere ha definito "capitale gagikano" quell'insieme di contatti con la società d'approdo che permettono ai rom di acquisire risorse materiali e simboliche.
I gagè hanno a loro volta designato questi gruppi con i nomi più diversi e questo ha influenzato storicamente anche l'identità delle comunità rom. (leggi Zingaro e Nomade) Ad esempio, Loredana Narciso ricorda che "Boemi è un altro nome che viene dato loro e che conosce una certa fortuna". Derivava dal fatto che i gruppi all'epoca nomadi avevano attraversato la Boemia e avevano ricevuto dei salvacondotti dal re Sigismondo. "Da esso deriva il francese Bohémiens, usato a partire dal XV secolo. Nello stesso secolo, in Spagna, Bohemian è sinonimo di Gitano. Dizionari francesi del XVII secolo spiegano il nome rifacendosi ad un antico termine (boem) che sta per fare incantesimi. Ma poi, aggiungono, si dice di una cosa che non ha regola e ordine che è una cosa di Boemia". [2]
[1] Piasere L., I rom d'Europa. Una storia moderna, Editori Laterza, Bari 2004
[2] Narciso L., La maschera e il pregiudizio. Storia degli zingari, Editore Melusina 1990