Il provvedimento di "allontanamento"[1] dei comunitari è come l’espulsione (vedi) per i migranti non comunitari, con le differenze dovute al fatto che i comunitari non sono soggetti al divieto di reingresso. Questo provvedimento è adottato dal prefetto e viene accompagnato dall’invito ad allontanarsi dal territorio nazionale con un termine che solitamente non è inferiore a un mese, salvo casi più gravi che restringono il tempo fino a 10 giorni. Allontamento e rimpatrio (vedi) non sono sinonimi. Questo tipo di provvedimento, infatti, è simile al cosiddetto “foglio di via” per i migranti extra-Ue, ma non può vietare un successivo ingresso in Italia, se il cittadino comunitario è munito di tutti i requisiti. Insieme al provvedimento, viene consegnata anche un’attestazione che dovrà essere presentata al Consolato italiano nel Paese d’origine, a dimostrazione che il cittadino interessato ha lasciato il territorio italiano nei termini prescritti nel provvedimento. Se il cittadino comunitario allontanato viene rintracciato in Italia oltre il termine indicato nel provvedimento, può essere coattivamente allontanato per motivi di ordine pubblico. In questo caso avviene un rimpatrio forzato.
Il diritto di soggiorno in Italia dei cittadini comunitari e il loro allontamento dal territorio nazionale sono stati modificati dal secondo pacchetto sicurezza (convertito nella legge n.217 del 17 dicembre 2010) e dal decreto legge n.89 del 2011 anch’esso approvato dal Parlamento il 2 agosto del 2011.
Grazie alla libera circolazione all’interno degli Stati Ue, i cittadini comunitari possono restare in Italia, portando con sé solamente un documento di identità valido per l’espatrio, per massimo tre mesi. Il soggiorno sul territorio italiano oltre i 3 mesi deve avere una valida giustificazione, ad esempio per motivi di lavoro. La legge prevede che il cittadino comunitario, per poter richiedere l’iscrizione anagrafica (la vecchia carta di soggiorno per Ue), deve presentare la domanda nel Comune dove vuole risiedere, dimostrando, tra le varie cose, di possedere un reddito sufficiente al proprio sostentamento pari almeno all’importo dell’assegno sociale.
L’attestazione di soggiorno e la residenza non hanno validità illimitata. Il cittadino comunitario deve sempre mantenere validi i requisiti che gli hanno permesso di soggiornare in Italia oltre i primi 3 mesi dall’ingresso, perchè diversamente, rischia l’allontanamento dal territorio italiano per la cessazione delle condizioni che determinano il suo diritto di soggiorno.
Dunque, l’allontanamento dall’Italia avviene per la mancanza dei requisiti necessari per la validità del diritto di soggiorno oltre 3 mesi. Questa situazione riguarda anche il familiare del cittadino comunitario che ha ottenuto il diritto di soggiorno sul territorio italiano e ne segue la condizione giuridica.
Sull'allontanamento dei comunitari, deciso con il secondo pacchetto sicurezza, ha spiegato il ministro dell’Interno Roberto Maroni «C'è una norma europea la 38 del 2004, che prevede che se un cittadino dell'Unione europea vuole risiedere stabilmente in un paese oltre i 90 giorni deve rispondere a determinati requisiti e cioè avere un lavoro, un reddito e un'idonea abitazione. La violazione non è oggi sanzionata e dunque noi introduciamo una sanzione che è l'invito ad allontanarsi» per il cittadino comunitario. Se questo invito non viene rispettato, ha aggiunto Maroni, «è prevista l'espulsione del cittadino comunitario per motivi di ordine pubblico»[1].
Gli altri motivi di allontamento del cittadino comunitario sono la pericolosità della persona per la sicurezza dello Stato, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o gravi motivi di ordine pubblico.
Il provvedimento di allontanamento coattivo viene preso dal Prefetto ed eseguito dal Questore quando il cittadino comunitario o un suo familiare, destinatari di un provvedimento di allontanamento per cessazione delle condizioni del soggiorno non adempiono all’obbligo di allontanarsi entro il termine fissato.
Il cittadino comunitario è destinatario di provvedimenti di allontanamento quando è considerato, un soggetto pericoloso e la sua permanenza sul territorio è considerata incompatibile con la civile e sicura convivenza. Questo avviene ad esempio nel caso in cui sia stato condannato per reati contro la vita o l’incolumità di una persona.
Contro il provvedimento di allontanamento si può fare ricorso al Tribunale (in composizione monocratica) del luogo in cui ha sede l’autorità che l’ha adottato, cioè il Prefetto.
In attesa dell’esito del giudizio si può chiedere la sospensione dell’esecutorietà del provvedimento di allontanamento.
[1] Dichiarazioni disponibili sul sito del ministero dell’Interno
Quando, come abbiamo visto, viene stabilito l’allontamento coatto (rimpatrio forzato), i cittadini comunitari vengono reclusi (anche se per pochi giorni) all’interno dei Centri di identificazione e di espulsione (vedi voce: Cie) in regime di detenzione amministrativa. La loro condizione diventa uguale a quella dei migranti non comunitari irregolari. Questo avviene perché ne viene dichiarata la pericolosità sociale per l’ordine pubblico.
L’associazione umanitaria indipendente Medici per i diritti umani (Medu) ha sollevato dubbi sull’abuso di questo strumento di espulsione dei cittadini comunitari, basandosi sui dati forniti dalla Questura di Roma relative alle nazionalità dei trattenuti nel Cie di Roma Ponte Galeria.
Nazionalità maggiormente presenti all’interno del CIE di Ponte Galeria[1]
Nazionalità 2010
1 Romania 516
2 Nigeria 456
3 Marocco 120
4 Algeria 118
5 Ucraina 109
6 Albania 83
7 Tunisia 79
8 Cina 75
9 Egitto 55
10 Bosnia 48
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Nazionalità 2011
1 Tunisia 619
2 Nigeria 307
3 Romania 304
4 Marocco 100
5 Algeria 90
6 Albania 85
7 Cina 67
8 Ucraina 60
9 Egitto 52
10 Senegal 31
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“Relativamente alla provenienza dei migranti presenti nel centro, è rilevante il dato per cui nel 2011 la terzanazionalità rappresentata è quella rumena e nel 2010 è addirittura la prima – notano i curatori del rapporto - Si tratta di cittadini appartenenti all’UnioneEuropea e in quanto tali titolari di libertà di circolazione, soggiorno e stabilimento nel territorio europeo. Le ripetutemodifiche alla normativa relativa alle ipotesi di allontanamento dei cittadini comunitari attuate dallo scorso Governo (governo Berlusconi, ndr.) hanno infatti notevolmente ampliato lo spettro di possibilità, contribuendo sostanzialmente ad avvicinare la disciplina aquella prevista per i cittadini stranieri irregolarmente soggiornanti”. Dal rapporto di Medu si evince che oltre 800 romeni sono stati reclusi nel Cie romano in due anni. Un numero sicuramente molto elevato.
“L’allontanamento è eseguito con accompagnamento coattivo in tutti i casi di pericolosità, cioè quando vi sia incompatibilità della permanenza del soggetto con la civile e sicura convivenza – si legge nel rapporto dell’Ong - Nonostante le recenti modifiche legislative e alla luce delle alte percentuali di cittadini comunitari, ed in particolare rumeni, presenti nei CIE, esistono comunque delle perplessità circa possibili abusi dello strumento normativo”.
[1] Tabella tratta dal rapporto di Medici per i diritti umani, Le sbarre più alte, Roma maggio 2012, pag. 21
Riportiamo qui di seguito un esempio sull’allontanamento dei comunitari che fa ben comprendere come all’esame di un giudice risulti illegale il loro trattenimento forzato alla stregua dei non comunitari.
Cie, i comunitari trattenuti per più di 4 giorni possono chiedere il risarcimento
Una sentenza del tribunale di Torino apre la strada al rilascio degli stranieri cittadini di Paesi Ue come i romeni reclusi per il rimpatrio per un periodo più lungo. Il trattenimento è illegale. Intervista al legale che ha seguito il caso
(agenzia di stampa nazionale online, 1 agosto 2012)
Roma – I cittadini comunitari non possono essere trattenuti nei Centri di identificazione e di espulsione più di 4 giorni e se restano più a lungo dietro le sbarre dei Cie possono chiedere allo Stato italiano un risarcimento danni per ingiusta detenzione. Sono le conseguenze di una sentenza depositata il 30 luglio dal Tribunale di Torino, che ha disposto l¹immediata liberazione di una cittadina romena trattenuta per 8 giorni successivamente alla convalida dell’allontanamento dal territorio italiano, sancendo l’illegittimità di questa prassi.
La decisione del giudice di Torino potrebbe avere effetti importanti in tutti i Centri di detenzione amministrativa italiani (Cie), dove dovrebbero essere rinchiusi solo i migranti irregolari non comunitari, ma in cui si trovano anche molti cittadini di paesi membri dell’Unione europea. […]
“In realtà il tribunale non fa altro che applicare la legge”, spiega l’avvocato Maurizio Veglio, che ha difeso la causa della donna romena trattenuta nel Cie Brunelleschi di Torino e ha ottenuto la storica sentenza. “E’ una prassi delle questure in tutta Italia, che , una volta esaurita la procedura di convalida dell’allontanamento dello straniero comunitario, lo trattengono nel Cie ancora per una serie di giorni per identificarlo o perché il vettore aereo non è pronto – continua Veglio - in realtà questo non è possibile perché la legge, in seguito alle modifiche al Testo Unico sull’Immigrazione introdotte dal pacchetto sicurezza del 2011, prevede si l’accompagnamento alla frontiera del comunitario nell’ipotesi di una sua pericolosità sociale, ma non il trattenimento nel Cie per un lungo periodo. Secondo la legge in 4 giorni lo straniero comunitario deve essere espulso”. […]Per rimpatriare con la forza un comunitario deve pronunciarsi un giudice. Durante la convalida dell’allontanamento da parte del tribunale, lo straniero comunitario può essere ristretto in un Cie, ma i tempi della procedura sono molto stretti e rigidi, secondo quanto prevede la Costituzione italiana per tutte le limitazioni della libertà personale. Ci sono 48 ore per la trasmissione del provvedimento di allontanamento del prefetto al giudice e altre 48 ore per la convalida da parte del tribunale. In totale 96 ore, i 4 giorni in cui lo straniero comunitario deve essere espulso. Poi scatta la liberazione. Se questa non avviene e se la persona non viene rimpatriata immediatamente, il trattenimento è illegale.“Non ha senso adottare un provvedimento di accompagnamento immediato e poi trattenere le persone nei Cie – dice ancora l’avvocato Veglio - Spesso la questura chiede la convalida non dell’allontanamento ma del trattenimento nel Cie, che è molto discutibile. La norma è un po’ intricata e c’è un equivoco di fondo, non si può innescare il meccanismo del trattenimento fino a 18 mesi per i comunitari”.