Nel linguaggio comune la parola burqa viene spesso utilizzata facendo riferimento in maniera generalizzata alla pratica sociale di utilizzo del velo o hijab da parte delle donne musulmane.
Mentre questi ultimi sono dei capi d’abbigliamento che coprono i capelli e vengono usati nei paesi dell’area del Maghreb, il burqa è un capo composto da una veste lunga e larga che copre il corpo di una donna lasciando dei fori in corrispondenza degli occhi (ne esiste anche una versione che lascia scoperti gli occhi, il niqab).
L’abuso di questo termine porterebbe a credere che tutte le donne musulmane che si coprono il capo, facciano uso del burqa, nella realtà non è così: il burqa viene usato dove si fa riferimento a una interpretazione rigorista del Corano che si è conservata in particolare in Afghanistan. Si tratta di un’enfatizzazione che si usa nella comunicazione sull’islam, un gioco linguistico e comunicativo attraverso il quale questa consuetudine viene additata come incompatibile al vivere comune a causa dell’impossibilità di vedere il viso della persona.
E’ proprio in ragione di questo tipo di lettura che il tema del velo viene spesso utilizzato per parlare del rapporto tra il burqa e la presunta natura oppressiva dell’islam nei confronti delle donne, o sul rapporto tra l’uso del burqa e le reali possibilità di integrazione nei paesi di immigrazione.
La questione del velo ha un peso specifico per il suo impatto sull’opinione pubblica. In fasi storiche in cui si è assistito a un irrigidimento delle norme religiose (si pensi ai taliban afghani, o alla Rivoluzione islamica iraniana) la cui applicazione ha avuto un impatto immediato sull’esercizio dei diritti delle donne, questo tema è stato al centro del dibattito politico e mediatico, spesso utilizzato per creare e/o rinforzare lo stereotipo di un islam oppressivo, retrogrado e coercitivo, che giustificasse e sostenesse nell’opinione pubblica il ricorso a una controffensiva culturale e militare nei suoi confronti e nei confronti di coloro che si professano musulmani.
La Lega in consiglio comunale: “No al burqa sul bus, spaventa la gente”
(testata locale, 11 giugno 2011)
La procura di Torino sdogana il burqa
La mossa della procura è stata criticata da Lega e Pdl. C’è chi ironizza su Torino che diventa “Torinistan” e chi, ritenendo il burqa “una forma violenta di sottomissione” afferma che così si favorisce l’integrazione
(testata nazionale, 11 giugno 2012)