Questo è l’articolo per cui l’autore, giornalista professionista iscritto all’Ordine del Lazio, è stato sanzionato con la ‘censura’.
(quotidiano nazionale, 2009 )
Fuori, fuori, senza la minima esitazione. Accompagnati alla frontiera e lì consegnati alle autorità romene. Ci pensino poi loro a farne ciò che ritengono opportuno. Questo giornale si è sempre battuto per la certezza della pena, è vero. Ma che il contribuente, categoria alla quale mi onoro di appartenere, debba sborsare 400mila euri al giorno per farla scontare alla folta popolazione carceraria romena è una cosa che non mi va giù. Oltre tutto, se una volta riconosciuta colpevole di reato rispedissimo al mittente la feccia romena - e spero che non mi si dia del razzista se chiamo col loro nome individui che ammazzano, stuprano, rubano agendo con furore belluino - ne guadagnerebbe e di molto l’impellente questione dell’affollamento carcerario. C’è da aggiungere un’altra cosa. Per il romeno che si macchia di un delitto - di qualunque entità esso sia - una pena grave, dolorosa da sopportare, è proprio quella di lasciare quel Bengodi per la criminalità e la clandestinità che è l’Italia. Dove un po’ per pietismo buonista, un po’ per solidarismo multietnico e culturale, un (bel) po’ per zelo ideologico, non solo la condanna inflitta è sempre mitigata da una sfilza di attenuanti più o meno generiche, ma fra permessi, affidamento in prova, libertà vigilata o condizionale e legge Gozzini la stesso periodo di detenzione finisce per essere decurtato della metà della metà. E tutto ciò rende particolarmente accomodante la vita ai malviventi. Magari, non si può mai dire, i regimi giudiziario e carcerario romeno sono un po’ meno tolleranti e buonisti del nostro, magari laggiù la pena la si sconta fino in fondo. Ma anche in caso contrario, resta il fatto che in Romania il delinquere comporta più rischi che non in Italia. Se così non fosse, non verrebbero a frotte da noi per esercitare la loro, diciamo così, professione.
Ci sarebbe, su questo argomento, da sentire il parere delle vittime o, in caso di omicidio, dei loro parenti. Che si aspettano, che pretendono che giustizia sia fatta. Ma che per i motivi sopradetti di rado vedono esaudita la loro legittima, umanissima richiesta. Mi chiedo allora se desti più furore sapere che il colpevole in qualche modo l’ha fatta franca - magari scarcerato dopo un paio di giorni - o sapere che è fuori dai piedi, in qualche galera o in qualche souk romeno, non proprio luoghi ameni, sia l’una che l’altro. Non so, ma io non avrei dubbi. Oltre tutto la Romania è in Europa, aderente a pieno titolo all’Unione e non mi pare sia consono allo spirito, agli ideali e ai principi eurolandici impestare di canagliume gli Stati membri. Non dico mica che noi siamo, da quel punto di vista, dei santi. Ma ciascuno si tenga le canaglie sue e pertanto, quelle romene, fuori. Fuori senza la minima esitazione.
L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ha inviato il 23 luglio 2009 una lettera al direttore della testata che ha pubblicato l’articolo. “L'attenta analisi del predetto articolo evidenzia che il linguaggio utilizzato con riferimento a chi si macchia di un reato, appare, effettivamente, denso digeneralizzazioni, luoghi comuni e pregiudizi –scrive l’Unar - Gli stereotipi presenti nel testo rischiano di delineare una criminalizzazione dell'intera comunità rumena, favorendo presso gli stranieri che vivono in Italia diffidenza nei confronti dei media e delle istituzioni, oltre ad alimentare un clima di paura ed odio xenofobo all'interno della società d'accoglienza”.
“In entrambi i casi, non si promuove l'informazione né la reciproca conoscenza, ma si esasperano tensioni sociali ed interetniche con conseguenze nocive per tutti- si legge ancora nel documento - La realtà di positiva integrazione sociale di oltre quattro milioni di stranieri, di cui la prima comunità è costituita proprio dai cittadini di origine rumena, rende urgente l'esigenza di una corretta informazione non lesiva della dignità e della sensibilità di tanti lavoratori perfettamente inseriti nel nostro Paese”. Ricordando i principi della Carta di Roma (vedi), codice deontologico dei giornalisti approvato nel 2008, l’Unar ha scritto al direttore del quotidiano che “l’immotivata enfatizzazione del rischio "criminalità romena", espressa nell'articolo, potrebbe contribuire a danneggiare tante donne e uomini che da anni sono utili in molte attività nel nostro Paese” e ha chiesto che la testata si attivasse “per adottare delle misure che, in futuro, riparino all'immagine distorta che è stata veicolata nei confronti della comunità rumena”.
Il concetto xenofobo secondo cui “Ogni popolo deve vedersela con la sua parte di feccia. Ma è giusto che se sia costretto a prendersi in carico anche la feccia degli altri popoli?” è ribadito identico al primo articolo in questo secondo pezzo, questa volta firmato dal direttore responsabile di una testata giornalistica locale.
Scoppia il caso immigrati e sicurezza a Crema. Il sindaco Bonaldi minimizza. Ma intanto assume nuovi vigili. E promette più illuminazione e telecamere nei parchi. Altrove il problema è stato sottovalutato. Ecco che cosa è successo
(testata online locale, 4 agosto 2012)
Esiste il razzismo al contrario. Più complicato di quello tradizionale che vede 'bianco' contro 'nero'. Ma è ugualmente ingiusto. E noi l'abbiamo provato sulla nostra pelle. Solo perché abbiamo scritto che i giardini di Porta Serio non sono sicuri. E non lo sono a causa degli immigrati. Le critiche, anzi, le accuse, non sono mancate. Soprattutto dal mondo della sinistra radicale.
Ma come funziona questo razzismo al contrario? Non più 'bianco' contro 'nero'. Ma 'bianco' contro 'bianco'. E chi sono i colpevoli? Facile a dirsi. Sono i fautori del 'politicamente corretto'. Ovvero quegli italiani che se la prendono con i propri connazionali ogni volta che qualcuno ha il coraggio di denunciare una cosa che tutti sanno. E cioè che gli immigrati rappresentano un problema per la sicurezza.
Chi scrive, per oltre 10 anni, si è occupato di cronaca nera e giudiziaria. Inutile contare i casi di stranieri arrestati per spaccio di droga, violenza, favoreggiamento alla prostituzione, furti, rapine. Sono troppi. Certo, anche gli italiani fanno tutte queste cose. Ogni popolo deve vedersela con la sua parte di feccia. Ma è giusto che se sia costretto a prendersi in carico anche la feccia degli altri popoli?
Parlare a vanvera non fa parte delle nostre abitudini. Ai giardini di Porta Serio ci siamo andati di persona. Ed è facile riscontrare come i cremaschi si siano abituati a sedersi sulle panchine sistemate all'esterno. Mentre gli stranieri stanno all'interno. Brutto segnale. C'è chi è dentro e chi è fuori. Razzismo. Al contrario però. Gli immigrati dentro e i cremaschi fuori.
Di stranieri ne abbiamo visti. Tanti. Gruppi diversi, a seconda delle nazionalità. Divisi. Non comunicano tra loro. Rumeni, nordafricani, sudamericani. Schiamazzi, lattine di birra, sporco. Ci hanno pure offerto della droga.[…]
Sgombriamo il campo dagli equivoci. Il Comune, come lo Stato, non deve rispondere a tutto. Ma solo alle cose essenziali. Che sono quelle che permettono alla vita associata di esprimersi liberamente. La sicurezza, quindi, ha la precedenza su tutto. Senza di questa non può esistere alcuna forma di vita in comune. A Crema e in nessun altro posto.
C'è chi ha sottovalutato il problema. Come le giunte di centrosinistra di Soresina. Risultato: intolleranza tra i vecchi e nuovi residenti. Odio. Per non parlare di Annicco, Agnadello, Grumello o la stessa Cremona dove carabinieri e polizia, almeno una volta al mese, sono impegnati in veri e propri blitz nei parchi pubblici. Per controllare chi alla fine? Tutti, certo. Ma se poi si va a vedere chi bivacca tutto il giorno con lattine di birra e bottiglie di vino, sono sempre loro. Gli immigrati. No, chiedo scusa. Alcuni immigrati. […]
Ci piace dire le cose come stanno. Sulla sicurezza non si transige. Bisogna essere inflessibili. Se lo ricordino tutti coloro che, ingenui o no, continuano a confondere il bisogno naturale di protezone dell'uomo con il razzismo.
Sentirsi stranieri in casa d'altri non è bello. Nè giusto. Ma è così che va il mondo. E chiunque, alla fine, se ne fa una ragione. Ma sentirsi stranieri in casa propria è inaccettabile.
Il termine ‘feccia’ è tornato alla ribalta nel 2012 con le dichiarazioni ai media del sindaco di Perugia Wladimiro Boccali. In questi casi, ovviamente la stampa deve riportarne le frasi ma una comunicazione corretta deve bilanciare l’informazione mettendo in risalto l’esiguo numero di spacciatori sul complesso delle comunità immigrate presenti in città e dando anche voce a rappresentanti delle famiglie di lavoratori stranieri, per i quali lo spaccio di droga e la delinquenza costituiscono una minaccia così come lo sono per gli italiani. Queste accortezze non sono da ‘buonisti’ ma servono al contrario a dare una comunicazione corretta e non ‘politicamente indirizzata’. Bisogna infatti ricordare che notizie di questo tipo rischiano di gettare uno stigma razzista su tutti i migranti. Vediamo qui di seguito due esempi da non seguire perché nel primo caso vengono riportate come se niente fosse le pesanti dichiarazioni del sindaco Boccali e nel secondo articolo addirittura si calca la mano. In particolare, nell’intervista al primo cittadino di Perugia, c’è un’immotivata generalizzazione che parte dagli scontri per lo spaccio di droga in città e arriva a chiamare in causa negativamente tutta la ‘primavera araba’ (movimento di liberazione dai regimi dittatoriali in paesi del Nord Africa e del Medioriente) e tutti i 60mila profughi e rifugiati arrivati in Italia dalla Tunisia e dalla guerra in Libia. Un accostamento che induce il lettore nel grave errore di pensare a un’invasione di spacciatori dall’Africa.
Scontri a Perugia, arrestati due tunisini. Boccali: «Bisogna spazzare via questa feccia»
Indagini per risalire agli altri. Operato in ospedale il giovane accoltellato
(sito internet e web tv locale, 9 maggio 2012)
Due tunisini, uno dei quali appena 18enne, sono stati arrestati nella notte dalla polizia dopo gli scontri che nella notte hanno devastato il centro di Perugia. Intanto il magrebino accoltellato è stato operato. E parla il sindaco Boccali.
Due in manette La polizia ha arrestato nella notte due tunisini con le accuse di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Sarebbero tra quelli che hanno preso parte agli scontri contro un gruppo di albanesi dopo l’accoltellamento in piazza Danti. Verranno processati oggi per direttissima. E la polizia, insieme alle altre forze dell’ordine, lavora senza sosta per acciuffare gli altri coinvolti nell’allucinante episodio di martedì notte. All’origine – è fin troppo facile capirlo – una questione relativa alla gestione della piazza della droga.
Ferito operat. Intanto al Santa Maria della Misericordia migliorano le condizioni del magrebino accoltellato. Secondo quanto appreso, il ragazzo avrebbe ricevuto coltellate all’addome e alla testa, ma la sua fortuna è che non hanno raggiunto l’aorta. E’ stato operato dall’equipe del professor Annibale Donini e in particolare dal professor Severini. Ora è ricoverato in chirurgia d’urgenza.
Boccali: «Spazzare via la feccia» E arrivano le prime parole del sindaco, che alle 11 terrà una conferenza stampa: «La scorsa notte nel centro storico di Perugia è accaduto l’intollerabile, perché è intollerabile che le bande che avvelenano con la droga la città pensino di regolare i loro conti a coltellate e perfino con colpi d’arma da fuoco seminando il panico, costringendo la gente a barricarsi in casa, distruggendo tutto quello che si incontra per la strada. Dobbiamo registrare, nonostante gli sforzi di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, una escalation della violenza e soprattutto dell’ arroganza e del senso di impunità dei criminali. Quella di ieri notte è stata una dichiarazione di guerra alla città e la città deve essere difesa. Evidentemente quanto è stato fatto fino ad ora non basta. E’ ora che Perugia sia bonificata con una azione decisiva che spazzi via questa feccia»
Violenza in centro, Boccali: «Se questa feccia resta qui, è anche colpa di certi perugini». Mercoledì summit al Viminale
Il sindaco senza peli sulla lingua: molti si stracciano le vesti, ma poi vanno a comprare droga da questi figuri, gli affittano locali e vanno con le ragazzine fatte prostituire
(edizione online di un quotidiano locale, 11 maggio 2012)
Si vede che ha la rabbia in corpo. Perché la ferita che la guerriglia di martedì notte ha lasciato su Perugia e i perugini è profonda. E perché, alla fine, è soprattutto su di lui che la pressione dei cittadini si fa più forte. […]Il sindaco di Perugia, Wladimiro Boccali (che mercoledì sarà al Viminale), si sfoga. […]
Come in guerra, sindaco.
«Come in guerra. Dall'inizio dell'anno la forte offensiva delle forze dell'ordine ha portato a oltre 300 allontanamento di questi figuri. Altri stanno cercando di riempire questi vuoti e da qui la guerra tra bande. Perdipiù, sono di una violenza unica. La Primavera dell'Africa del Nord è stata una bella cosa, ma tra i prezzi da pagare c'è quello per cui persone particolarmente violente, abituate alla violenza, sono arrivate in Italia e a Perugia». […]
Il centrodestra però la bacchetta.
«Ah! Il centrodestra. Lasciamo correre. Che lezioni possono dare? Debbo forse ricordare la situazione della sicurezza a Roma, oppure il recente omicidio per strada a Pescara, di cui tanto hanno parlato le cronache? Vogliamo parlare dei 60mila immigrati fatti entrare da Maroni per motivi umanitari e che girano liberamente e senza controlli per l'Italia e che, ora, si vogliono automaticamente trasformare da rifugiati per motivi umanitari in immigrati con permessi di soggiorno?. Oppure che a Perugia l'organico tabellare delle forze dell'ordine è fermo al 1988, mentre a Varese e in altri centri del Nord l'ex ministro Maroni ha moltiplicato il numero degli agenti? O, ancora, che i parlamentari umbri del centrodestra fanno dichiarazioni roboanti, ma mai che uno chiami per chiedere se può dare una mano?. Ma di che parliamo? Poi, all'inverso, qualcuno mi critica per i termini duri che ho usato».
Feccia?
«Sì feccia che deve stare in galera. E ciò è coerente con la mia storia personale. Credo nella società in cui ci sia posto e accoglienza per gli immigrati, ma nel contempo ci sia grande attenzione sulla sicurezza e severità. Aver fatto passare l'idea che volessimo l'accoglienza badando poco alla sicurezza, è stato un grande limite della sinistra. Anche se questo non è mai stato vero. E poi, basta con tante ipocrisie e con troppi sepolcri imbiancati».
A chi si riferisce?
«Riprendo quello che, molto giustamente, ha detto il procuratore della Repubblica, Giacomo Fumu. Ci sono gli spacciatori, ma quanti perugini comprano droga da loro, alimentandoli? C'è la criminalità legata alla prostituzione, ma quanti sono i nostri concittadini che vanno con le prostitute, magari nelle case di alcuni quartieri? E ciò, nonostante sappiano che queste donne, molto spesso ragazzine, sono sfruttate come schiave. E ancora. Protestano contro i kebabbari (i negozi etnici che vendono il kebab, ndr), ma chi affitta i locali a quelli che, tra i kebabbari, sono personaggi loschi? Di chi sono questi locali? Magari di gente che poi punta il dito. Qui bisogna anche alzare il tiro sulla criminalizzazione della domanda, non solo dell'offerta. […]