Schiava del sesso
Si tratta di un’espressione molto diffusa in articoli e reportage sulla tratta di donne a scopo di sfruttamento sessuale.
Richiama il reato di riduzione in schiavitù, che in Italia è punito ex art. 600 del codice penale.
L’impiego frequente di schiava/schiave del sesso nel linguaggio giornalistico è di per sé indice della forte emozione e dell’elevato allarme che suscitano fenomeni connessi alla tratta e allo sfruttamento sessuale. Emozione ed allarme che questa terminologia alimenta a sua volta.
Tecnicamente di schiave, persone ridotte in schiavitù, si dovrebbe parlare solo per i casi in cui si tratta del reato specifico. Il termine è invece usato normalmente con significato più ampio, comprendendo tutte le donne che sono sottoposte a varie forme di sfruttamento. Il rischio è di trasformarle in oggetti passivi, privi di identità e volontà.
Vittima di tratta, vittima di sfruttamento sessuale
Consigliamo un uso avveduto di questa espressione, che sappia bilanciare l’esigenza di enfatizzare i tratti più drammatici del fenomeno, per richiamare l’attenzione pubblica, con il dovere del pieno riconoscimento della soggettività degli attori in gioco, anche nel ruolo di vittime.