Un luogo comune da evitare è “costretto su una sedia a rotelle”, o ancora peggio, “inchiodato su una sedia a rotelle”. Sono pessime frasi fatte, utilizzate per connotare la situazione disgraziata di una persona che non può più camminare, o in seguito a un incidente, o per malattia. "Credo che chi usa queste espressioni non si renda neppure conto del danno che produce a una corretta comunicazione sulla disabilità" scrive Franco Bomprezzi, giornalista in carrozzina che di se stesso dice: “vivo e lavoro in sedia a rotelle”. “Siamo costretti a usare la sedia a rotelle, ma solo come simbolo. Per il resto, ben venga la libertà di muoversi a ruote” continua il giornalista, riferendosi al fatto che la sedia a ruote negli ultimi decenni è impropriamente diventata l’emblema di tutte le tipologie di disabilità a partire dall’elaborazione del simbolo internazionale dell’accesso, l’immagine stilizzata della persona in carrozzina su sfondo blu, inventata da Susanne Koefoed nel 1968. “Lo stereotipo parte dalla convinzione che l’handicap sia colpa della sedia a rotelle – continua Bomprezzi - e cioè sposta la disabilità, la mancanza di mobilità fisica, proprio su quel mezzo, la carrozzina, che al contrario consente, a chi ne fa uso, di muoversi liberamente o spinto da qualcuno. Io vivo e lavoro in sedia a rotelle. Ringrazio chi l’ha inventata e perfezionata. Perché quando ero ragazzo non esistevano sedie a rotelle superleggere o elettroniche, è evidente che nessuno mi costringe a usare la sedia a rotelle, anzi se non l’avessi non mi muoverei”. Quindi lo stigma si è trasferito sulla carrozzina, oggetto che si è caricato di vergogna. Un’espressione di questo tipo si mostra conservatrice.
Al contrario la carrozzina, secondo Bomprezzi, va associata all'idea di libertà, anche per uscire dallo stereotipo che il logo della persona in sedia a rotelle ha diffuso nel mondo. A quell'immagine è ormai connaturata l’idea di handicap, così la sedia a rotelle è diventata la parte per il tutto, fino a simboleggiare non solo la disabilità motoria, ma addirittura l’intero campo dei deficit, compresi quelli sensoriali e intellettivi. "Il che, sinceramente, è quanto meno singolare e, onestamente, irriguardoso - scrive il giornalista sul suo blog sul Corriere.it - Il mio elogio della carrozzina, sincero e convinto, è anche un modo per invitare tutti a ripensare a questo mezzo di locomozione che sta conoscendo una rapida e doverosa evoluzione". La cosiddetta “carrozzina standard”non esiste. Oggi i modelli sono vari e all'avanguardia: dalla handbyke da corsa, che è più veloce di una bicicletta, alla carrozzina elettronica da strada, dalla sedia a rotelle in titanio al verticalizzatore che consente la posizione eretta anche per chi non cammina. Le sedie a rotelle possono essere a crociera, pieghevoli, oppure a telaio rigido. Una gamma di ausili, anche tecnologici e domotici, sta rendendo migliore la qualità della vita delle persone con disabilità.
"E pensare che quando si scrive costretto su una sedia a rotelle si uccide il desiderio di migliaia di persone anziane di mantenere una relativa autonomia di movimento anche quando le gambe cominciano a cedere per l’età e per gli acciacchi - scrive ancora Bomprezzi - Provate a chiedere ai vostri nonni se non si sentirebbero menomati, qualora gli venisse proposto di usare una carrozzina, almeno per gli spostamenti fuori casa. La risposta è persino scontata. La carrozzina è una roba per malati, per paralitici. Guai persino a pensarci. E invece nel nostro futuro dovremmo poter immaginare anche una diffusione normale, serena e positiva, di un mezzo che è sinonimo di libertà e di sicurezza".[1]
“Fin dalle civiltà antiche emerge la questione dell’uso della tecnologia come strumento per superare alcune limitazioni imposte dalle menomazioni- scrive Matteo Schianchi - Le protesi sembrano essere da sempre l’emblema delle persone con una disabilità fisico-motoria: bastoni, grucce, gambe di legno, fino alla sedia a ruote”.[1] Già il re di Spagna Filippo II la utilizzava nel Cinquecento, spinto da una persona. Sedie a rotelle esistevano anche alla corte di Versailles. Alla fine del Settecento, in Inghilterra, viene messa in commercio la prima sedia a tre ruote, con poggiapiedi e schienale regolabili. Questo supporto si diffonde nel corso dell’Ottocento, soprattutto fra i feriti reduci dalla guerra di Secessione americana (1861-1865). L’uso della carrozzina cresce ancora di più dopo la Prima guerra mondiale. In Inghilterra sono fornite gratuitamente agli invalidi di guerra. Negli anni Trenta fa la sua comparsa la prima sedia a ruote pieghevole e in metallo leggero.
[1] Bomprezzi F., Elogio della carrozzina, blog Invisibili, Corriere.it, 24 maggio 2012
[2] Schianchi M., Storia della disabilità. Dal Castigo degli dei alla crisi del welfare, Carocci editore, Roma 2012
Costretto sulla sedia a rotelle si uccide sparandosi in testa
Cesano Maderno, l'uomo aveva 39 anni, da tre era paraplegico dopo un incidente durante un pellegrinaggio da Padre Pio
(quotidiano nazionale, 9 giugno 2000)
CESANO MADERNO (Milano) - Trentanove anni, una vita dinamica fino a tre anni fa quando è finito su una sedia a rotelle. Ieri A.R. si è sparato un colpo di pistola alla testa. [...]
Un titolo come quello riportato in alto rafforza lo stigma sulla sedia a rotelle perchè suggerisce l'idea che tale è il peso dell'esservi costretti da arrivare a uccidersi. Come dice Bomprezzi, lo stigma viene qui spostato dalla disabilità alla carrozzina, come se il non camminare fosse colpa della sedia a rotelle.
Per quanto riguarda il secondo articolo che riportiamo, ci sembra un altro esempio di quanto afferma lo storico Matteo Schianchi. “Proviamo a soffermarci sul titolo di un articolo di un giornale a distribuzione gratuita a proposito di una persona con disabilità di cui anche la rete ha parlato: è disabile ma scala il Kilimangiaro – scrive- Forse avrebbe fatto un effetto diverso un titolo sottilmente diverso: è disabile e scala il Kilimangiaro. Non è questione di lana caprina. Tra quel ma e la e che propongo c’è una grande differenza. Quel ma prefigura il sensazionalismo dell’impresa, proponendo uno scenario del disabile normalmente infermo, che non è una categoria del movimento umano, ma dello spirito e per cui si considera chi ha una disabilità come incapace e inetto. La congiunzione e invece avrebbe aperto uno scenario diverso: una persona disabile aperta sul mondo che, in una dimensione eccezionale per tutti (quanti normali sono stati sul Kilimagiaro?), decide di lanciarsi in un’impresa”.
LA STORIA
Al timone in sedia a rotelle
La barca a vela anche per disabili
Andrea Stella, in carrozzina dal 2000, ha fatto costruire un catamarano senza barriere. In tutta Italia corsi di vela per chi ha disabilità motorie
(edizione online di un quotidiano nazionale, 23 maggio 2014)
Navigare nonostante la sedia a rotelle. Si può. Lo ha dimostrato Andrea Stella che, costretto dal 2000 sulla sedie a rotelle a causa di una tragica sparatoria a Miami, non ha abbandonato il sogno di viaggiare in barca e ha fatto costruire un catamarano privo di barriere architettoniche: Lo spirito di Stella, con cui più volte ha attraversato l’Oceano, anche per diffondere la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. [...]
Qui di seguito un articolo che pur avendo un intento sicuramente positivo, come si legge dal titolo, usa diverse espressioni scorrette, da 'costretto su una sedia a rotelle' fino a 'diversamente abili', rientrando quindi nell'immagine stereotipata della disabilità
Insieme per una città senza barriere
(webradio locale, 29 maggio 2014)
Tutti gli scranni della sala del Consiglio Comunale di Alessandria erano occupati questo mercoledì mattina, in occasione della Commissione congiunta per le Politiche Sociali e Sviluppo del Territorio per un confronto tra Comune di Alessandria, associazioni di volontariato e professionali. La skarrozzata di tre settimane fa ha posto l’accento sulle tante insidie che i diversamente abili sono costretti ad affrontare ogni giorno. Impietosi i numeri elencati da Paolo Berta, consigliere comunale con delega alla disabilità: solo in corso Roma sono 43 i locali inaccessibili per chi è costretto su una sedia a rotelle. L’ingresso è “sbarrato” da gradini alti dai 5 ai 10 centimetri. In altri 22 esercizi, invece, una carrozzina può entrare a spinta, col rischio di ribaltarsi. Solo 12 negozi sono provvisti di rampa.[...]