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a cura di Redattore Sociale

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Schedatura/Censimento

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Parola correlate

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Rom e sinti

Schedatura/Censimento

Definizione

Il censiménto, sostantivo maschile derivato dal verbo censire, è "un’operazione statistica di rilevazione diretta e totale intesa ad accertare lo stato di un fatto collettivo in un dato momento e caratterizzata dall’istantaneità, dalla generalità e dalla periodicità. Ad esempio il censimento della popolazione è la rilevazione per accertare lo stato della popolazione, e cioè la sua consistenza numerica, la sua distribuzione territoriale e la sua composizione intrinseca riguardo ai caratteri etnici, biologici e sociali degli individui di cui si compone" (Treccani).

La schedatura, sostantivo femminile che deriva dal verbo, schedare è solitamente riferita, per il vocabolario Treccani quando si parla di persone, alla schedatura delle persone sospette, dei pregiudicati, la trascrizione dei loro dati anagrafici e dei precedenti penali, negli uffici di polizia.

La schedatura su base etnica o "ethnic profiling" è l'identificazione di persone e la raccolta di dati sensibili ai fini di controlli di sicurezza sulla base di caratteristiche etniche, razziali o religiose che portano a sospettare delle persone solo sulla base della loro appartenenza a uno specifico gruppo etnico. [1] E' una pratica che a volte viene usata dalle forze di polizia ma costituisce una discriminazione ed è pertanto illegale secondo il diritto internazionale e le leggi americane ed europee. Il profiling razziale è inteso come il riferimento esplicito da parte della polizia alla “razza” come criterio di decisione per svolgere indagini su un sospetto, in base all’assunto che le persone di determinate “razze” o etnie abbiano maggiori possibilità di commettere reati. 

  

 

[1] http://www.opensocietyfoundations.org/explainers/ethnic-profiling-what-it-and-why-it-must-end 

Uso del termine

Usiamo qui la parola "schedatura" in riferimento al cosiddetto "censimento" degli insediamenti rom condotto dal giugno all'ottobre 2008 dal governo italiano nell'ambito della cosiddetta "emergenza nomadi" (successivamente sconfessata dai giudici del Consiglio di Stato nel 2011 e dalla Cassazione nel 2013 che l'hanno dichiarata illegittima per mancana di presupposti reali).

Nel maggio 2008, poco dopo aver vinto le elezioni, il governo Berlusconi ha dichiarato lo "Stato di emergenza in relazione alla presenza di campi abitati da nomadi" a Roma, Milano e Napoli, una misura prorogata fino al 2011 "Si tratta di una decisione inedita, poiché per la prima volta un fenomeno sociale come la presenza dei rom bviene trattato alla stregua di una catastrife naturale - scrive il ricercatore Ulderico Daniele - Questa scelta può essere compresa solo alla luce di una campagna elettorale in cui i rom in particolare erano stati raffigurati come i principali responsabili di un'invasione inarrestabile, fatta di miseria e degrado, ma anche, soprattutto dopo l'omicidio di Patrizia Reggiani a Roma nell'ottobre 2007, causa di minacce gravi per la sicurezza dei cittadini"[1]. La dichiarazione dello Stato di Emergenza prevede la nomina di Commissari speciali e la prima azione prevista nella dichiarazione consisteva nella realizzazione di un censimento delle presenze dei "nomadi", una misura che non ha precedenti nell'Italia repubblicana e ha sollevato critiche e preoccupazione a livello nazionale ed europeo. Daniele parla di un "regime di eccezionalità" per i rom, di "etnicizzazione del sociale" e di una "separazione etnicamente motivata" per i rom in cui vengono speriementate pratiche di controllo inedite.  

Rispondendo alle critiche internazionali piovute sull'Italia, il governo Berlusconi ha cercato di argomentare che le misure previste dall'“emergenza nomadi” non prendevano di mira particolari gruppi etnici. Nel luglio 2008, il ministero dell'Interno ha emanato linee guida sui poteri di emergenza, affermando che i loro principali obiettivi erano essenzialmente di:

• rimuovere la grave situazione di degrado igienico, sanitario e socio-ambientale che si registra negli insediamenti abusivi e anche in quelli autorizzati;

• promuovere lo stato di diritto e migliori condizioni di vita per le comunità interessate, consentendo l’accesso ai servizi di carattere sociale, assistenziale, sanitario e scolastico;

• salvaguardare la sicurezza pubblica e le stesse persone presenti in tali insediamenti. [2]

Le linee guida affermavano che l'applicazione delle ordinanze doveva aver luogo nel “pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona”, e che “operazioni demandate ai Commissari non devono riguardare specifici gruppi, soggetti o etnie, ma tutti coloro che risultano presenti negli insediamenti, autorizzati o abusivi che siano, qualunque sia la nazionalità o il credo religioso”.

È tuttavia chiaro che, nonostante quanto disposto dalle linee guida, le misure adottate nel contesto dell'“emergenza nomadi” sono indirizzate direttamente alle comunità rom.

"Benché il governo abbia impiegato la parola “nomade” nei decreti di emergenza, tale termine è stato storicamente – e continua a essere – impiegato dalle autorità italiane in riferimento alle comunità rom - scrive ad esempio Amnesty International - Anche diversi organismi internazionali hanno espresso grave preoccupazione riguardo al fatto che, nonostante quanto asserito dalle autorità, le misure sembrano prendere di mira le comunità rom."[3]

A Roma il censimento inizia a luglio 2008, dal campo di via Candoni, ma incontra diversi problemi: in un caso, addirittura, volontari e vigili urbani quasi vengono alle mani. Il prefetto della capitale Carlo Mosca si rifiuta di prendere le impronte digitali ai minori e così entra in rotta di collisione col ministro dell' Interno Roberto Maroni. Subito dopo viene rimosso dall'incarico e sostituito con un altro prefetto.

I decreti “emergenza nomadi” del governo Prodi e poi Berlusconi, il pogrom di Ponticelli nel maggio 2008 e la schedatura con raccolta dei dati biometrici dei residenti dei campi nomadi hanno poi provocato l’indignazione nell’opinione pubblica progressista europea e tensioni diplomatiche tra due stati membri dell’Ue (Romania e Italia).

"Gli episodi verificatisi in Italia hanno rivelato anche che la discriminazione sistematica e istituzionale dei rom e le manifestazioni violente di razzismo si producono non solo nei paesi dell’ex blocco sovietico ma anche in Europa occidentale (fatto volutamente sottovalutato dalla Commissione europea negli anni precedenti)" afferma Nando Sigona, ricercatore a Oxford. [4]

Secondo quanto scrive Amnesty International sul suo sito: "la raccolta di informazioni personali unicamente sulla base dell'etnia è discriminatoria, priva di necessità e ingiustificata ed è una evidente violazione di standard internazionali ed europei in materia di privacy e libertà dalla discriminazione".

A giugno 2013 è arrivata un'importante sentenza del tribunale di Roma che ha riconosciuto la discriminazione di un cittadino italiano di etnia rom, Eviz Salkanovic, che fu “censito” insieme ad altri migliaia di rom residenti a Roma, nonostante avesse in tasca una carta di identità valida. I giudici hanno stabilito che quello voluto da Maroni non fu un censimento bensì "schedatura etnica" e così hanno ordinato di cancellare le impronte digitali e i dati raccolti dalla polizia durante le operazioni nei campi rom. La sentenza del Tribunale Civile di Roma ha ordinato al Ministero dell’Interno di distruggere la sua scheda e di pagargli, insieme alla presidenza del Consiglio, 8 mila euro di risarcimento per i danni morali. Dunque la i giudici hanno affermato in modo inequivocabile che le impronte digitali prese ai rom durante l' emergenza nomadi” furono una schedatura su base etnica. E per questo illegittima. Lo Stato ha violato i diritti di chi l’ha subita. Il censimento era stato presentato come una condizione necessaria per accedere a nuovi alloggi. “Il trattamento a cui è stato sottoposto Salkanovic – si legge nella sentenza – ha provocato l’effetto sia di violare la sua dignità, sia di creare un clima ostile da parte dell’opinione pubblica”.

 Associazione 21 luglio, ASGI e Open Society Justice Initiative che hanno assistito Salkanovic durante il ricorso hanno chiesto alle autorità italiane di distruggere tutti i dati di quel censimento. Nel marzo 2012, il governo aveva dichiarato al Comitato per la Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite che i dati del censimento nomadi erano stati distrutti. Ora la sentenza impone l’obbligo di tale distruzione che, tuttavia, non risulta essere mai stata ordinata, nonostante lo stesso governo italiano abbia pubblicamente dichiarato di averlo fatto.

“Raccogliere le impronte digitali e le informazioni personali di migliaia di persone in un archivio, esclusivamente in base all’appartenenza a un particolare gruppo etnico o sociale, oltre che costituire una discriminazione dal punto di vista giuridico, rappresenta una violazione della dignità umana - affermano Associazione 21 luglio, ASGI e Open Society Justice Initiative -. Risulta particolarmente grave perché effettuata da autorità pubbliche preposte alla tutela dei diritti di chi vive sul territorio”.

 

[1] U.Daniele, Sono del campo e vengo dall'India. Etnografia di una collettività rom ridislocata.Meti Edizioni, Roma 2011

[2] Amnesty International, Tolleranza zero verso i Rom, 2011 

[3] Ibidem

[4] N. Sigona, I rom nell’Europa neoliberale. Antiziganismo, povertà e i limiti dell’etnopolitica, in S. Palidda (a cura di), Razzismo democratico. La persecuzione degli stranieri in Europa, XBooks Mimesis Edizioni 2009 

 

Dati

A Roma il cosiddetto "censimento" attraverso il fotosegnalamento delle persone di etnia rom arriva a concludere che in oltre 100 siti presenti nella capitale ci sono 7.177 rom, di cui 2.241 nei villaggi "autorizzati", 2736 nei "campi tollerati" e 2.200 stimati negli "insediamenti abusivi", per usare la terminologia adottata dal Piano Nomadi capitolino. Questi numeri sono meno della metà delle stime che avevano fatto parlare di un' invasione dei rom prima della dichiarazione dello stato di emergenza. Rispetto a questa cifra, il Campidoglio stabilisce comunque una sorta di numero chiuso, affermando che solo 6000 saranno collocate nei campi della città.  

Esempi / Casi tratti da testate giornalistiche

 

IL CASO
Maroni: impronte digitali ai minori rom

ROMA - Caso sicurezza: al Senato è iniziato ieri l' esame del disegno di legge. Il ministro dell' Interno, Roberto Maroni, annuncia che nei campi nomadi «saranno prese le impronte a tutti gli abitanti, minori compresi», ma precisa: «Lo faremo per evitare fenomeni come l' accattonaggio. Non si tratterà di una schedatura etnica». Dall' opposizione, va all' attacco Rosi Bindi, del Pd: «Si trattano i bambini rom come se fossero incalliti criminali»

(prima pagina di un quotidiano nazionale 26 giugno 2008)

 

Impronte ai minori rom, Maroni: è la strada giusta
Gad Lerner: comunità ebraica si mobiliti per il no

ll Garante: nella misura possibili problemi di discriminazione Unicef: no alla violazione dei diritti dei bambini, colpire chi abusa

(edizione online di un quotidiano nazionale,26 giugno 2008)

ROMA (26 giugno) - Sul rilevamento delle impronte digitali anche ai minori nomadi il governo andrà fino in fondo. Lo ha affermato il ministro dell'Interno Roberto Maroni: «Questa è la strada giusta per garantire i diritti ai minori» ha detto, aggiungendo che l'esecutivo non si farà intimidire da sterili polemiche politiche, e colpirà duramente chi utilizzerà i bambini per l'accattonaggio, togliendo la patria podestà. «Rifiuto l'idea che un paese civile possa accettare di vedere minori che vivono dividendo lo spazio con i topi - ha detto Maroni -, perché è questo che avviene nei campi nomadi. Voglio permettere che i bambini vivano una vita normale, in condizioni decenti, senza essere obbligati all'accattonaggio o a peggio ancora. Per ottenere questo, come disse il ministro Bindi nel luglio 2007, occorre identificare tutti i minori, anche prendendo le impronte».

Alemanno: la proposta di Maroni a protezone dei minori. In difesa dell'iniziativa di Maroni è intervenuto oggi il sindaco di Roma Gianni Alemanno: «La proposta di Maroni non è volta a schedare i minori nomadi, ma a proteggerli - ha detto -. Si è ravvisato che spesso i minori nomadi vengono utilizzati per l'accattonaggio, sfruttati passandoli da famiglia a famiglia ed evitando così le norme per la revoca della patria potestà».

Mantovano: critiche singolari. Favorevole all'iniziativa anche il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano: «È singolare l'enfasi che si adopera per criticare proposte di buon senso, prescindendo dal loro esatto contenuto - ha affermato - Avere certezza dell'identità di un minore è una misura in suo favore del minore. Una vera e propria necessità di dati personali certi si ha poi per i minori maggiormente soggetti a sfruttamento o ad accattonaggio: l'elenco dei minorenni scomparsi dovrebbe convincere».

Il Garante della Privacy: possibili problemi di discriminazione. Individua invece nella misura possibili problemi di discriminazione il Garante della Privacy: in particolare, secondo l'Autorità, il rilevamento delle impronte dei minori potrebbe causare problemi di discriminazione, che possono toccare anche la dignità delle persone e specialmente dei minori. Il Garante ha quindi deliberato di chiedere informazioni alle autorità competenti, in particolare ai Prefetti di Roma, Milano e Napoli.

Gad Lerner: la comunità ebraica di no. Il giornalista Gad Lerner invita l'Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) a scendere in campo per rifiutare qualsiasi provvedimento di natura discriminatoria come quello delle impronte per i bambini rom avanzato dal ministro Maroni. Già nel 2002 Lerner, durante il congresso dell'Ucei, avanzò insieme a Riccardo Pacifici (presidente della Comunità ebraica romana) una mozione, poi approvata dall'assise, che respingeva la proposta dell'allora governo e che impegnava tutti gli ebrei italiani, se la norma fosse passata, a recarsi nelle questure per dare anche le loro impronte digitali. Allora il presidente Amos Luzzatto, Riccardo Pacifici e lo stesso Lerner protestarono davanti al Viminale contro la proposta. Lerner ha definito «ipocrita e beffardo» il ragionamento di Maroni, ma anche del sindaco Moratti, che prendere le impronte per i bambini Rom sia assunto a loro protezione.

Unicef: non violare i diritti dei bambini. Sulla vicenda è intervenuto anche l'Unicef, ribadendo che considera inaccettabili le condizioni di vita attuali di molti dei bambini rom in Italia, ma di non condividere la misura proposta da Maroni. «Come il ministro Maroni credo sappia bene da tempo siamo impegnati in Italia e in altri paesi europei a fianco di progetti concreti di aiuto e sostegno sia ai bambini rom sia ai bambini di altre comunità vulnerabili - ha detto Vincenzo Spadafora, presidente Unicef Italia - . Ma ribadiamo con forza che non si può, per proteggere i bambini, violare i loro diritti fondamentali. Non dobbiamo criminalizzare le vittime. Dobbiamo invece, come lo stesso ministro ha sottolineato, colpire chi abusa e sfrutta i bambini».

Prc: interrogazione a Commissione Ue. Intanto, la delegazione del Prc al Parlamento Europeo ha presentato oggi un'interrogazione alla Commissione Europea, nella quale chiede se la schedatura delle impronte digitali dei residenti nei campi nomadi non sia una misura discriminatoria secondo il diritto comunitario, contraria alle norme del Trattato e della Carta dei diritti fondamentali.


 

L'Ue boccia le impronte rom

"Sospendete la raccolta!" Il parlamento europeo approva una risoluzione di condanna. Frattini: accuse infondate..

(edizione online di un quotidiano nazionale, 10 luglio 2008)

Il Parlamento Europeo ha approvato con 336 voti favorevoli, 220 contrari e 77 astenuti una risoluzione che stigmatizza e condanna il piano di emergenza per l'immigrazione e le regole per gestione dei campi nomadi italiani. Una richiesta di rinvio del voto presentata dal Ppe è stata bocciata dall'assemblea. Gli europarlamentari hanno tra l'altro approvato un emendamento al testo della risoluzione col quale si esortano le autorità italiane "ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte digitali dei rom, inclusi i minori e dall'utilizzare le impronte digitali già raccolte in attesa dell'imminente valutazione delle misure previste annunciata dalla Commissione, in quanto questo costituirebbe chiaramente un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e l'origine etnica".

Il governo risponde con il suo più chiaro europeista, il ministro degli esteri Franco Frattini: "L'accusa di razzismo al governo italiano é totalmente infondata" e "basata su motivazioni politiche e non sostanziali. L'Europarlamento ha adottato questa risoluzione senza attendere che fosse iniziato il confronto con la Commissione europea il che vuol dire che non c'é stato alcun interesse sostanziale ad ascoltare dalla Commissione le valutazioni sul punto di compatibilità con l'ordinamento comunitario. Ecco perché non sono affatto in imbarazzo a difendere questa norma e se mi sarà possibile spiegherò anche perché va difesa"

 

 

 

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