• Home
  • Argomenti
    • Disabilità
    • Genere e orientamento sessuale
    • Immigrazione
    • Povertà ed emarginazione
    • Prostituzione e tratta
    • Religioni
    • Rom e sinti
    • Salute mentale
    • HIV/AIDS
    •  
  • Parole
  • Che cos'è Parlare Civile
  • Redazione
  • Contatti
a cura di Redattore Sociale

Parlare civile

Comunicare senza discriminare

 

Badante

  • Definizione
  • Uso del termine
  • Dati
  • Alternative consigliate
  • Esempi e casi giornalistici

Parola correlate

  • Carta di Roma
  • Clandestino
  • Colf
  • Decreto flussi
  • Migrante irregolare
  • Permesso di soggiorno
  • Sanatoria
  • Sanatoria truffa
  • Sicurezza

Immigrazione

Badante

Definizione

Parola di origine incerta e dialettale, è nata “per disperazione”, per rappresentare un mutamento sociale. La badante fa la sua comparsa nel 1989, quando su un importante quotidiano nazionale si trova la locuzione “badanti notturne”. C’è chi ne attribuisce la paternità a Umberto Bossi. Come Giuseppe Faso, che lo considera “un termine dispregiativo imposto da Bossi e seguaci a una stampa pigra e servile”.[1]

Faso inserisce questa parola nel lessico del razzismo democratico, perché la sua  ripetizione ossessiva, al pari di altri termini “generalizzanti e inferiorizzanti”, come clandestino e vu cumprà, ha l’effetto “di generare sospetto e disprezzo”[2].

La badante entra nel 2002 tra le parole nuove dell’Accademia della Crusca, che indaga sulla sua origine: “una volta era usato per chi accudiva gli animali: le greggi, le oche o bisognosi di lavoro continuativo come le vacche, i vitelli. Adesso il termine badante è entrato in un testo di legge e si riferisce inequivocabilmente a colei (o colui più raramente) che bada alla persona”.[3]

Decreti flussi e sanatorie per ‘colf e badanti’ sembrano avere definitivamente consacrato la parola. La regolarizzazione del 2009 riservata esclusivamente a questa tipologia di lavoro ha ricevuto 300mila richieste di emersione. Oggi che è  maggiorenne, badante è la parola più usata “per indicare persone, nella maggior parte dei casi immigrate, che si occupano di anziani o disabili soprattutto presso privati”. Comunemente la si immagina donna, giovane o di mezza età, proveniente dai paesi dell’Europa dell’Est, con scarsa conoscenza della lingua italiana all’arrivo.  La parola trae in inganno perchè ormai è ammantata di ufficialità e sembra neutrale. Ma per ricredersi basta dare uno sguardo più attento all’etimologia e all’uso che se ne fa.

Se la ‘badante’ deve la sua fortuna sui media alla spinta di alcune dichiarazioni di esponenti della Lega Nord, al Carroccio è tornata come un boomerang, usata (in modo sicuramente non lusinghiero) nelle cronache sullo scandalo giudiziario che ha travolto il Partito e la famiglia del leader delle camicie verdi. A questo si riferisce l' esempio dal titolo "Professione badante".  Le ‘badanti’ avrebbero preso il posto delle ‘veline’, come amiche,  accompagnatrici e ‘sorveglianti speciali’ dei leader politici. Donne come la vicepresidente del Senato Rosi Mauro o la moglie del senatur Manuela Marrone vengono chiamate “badanti padane”, un ossimoro. Gianpietro Mazzoleni, docente di Comunicazione politica, spiega che il “termine in politica è utilizzato con valenza fortemente negativa”. Se si fosse trattato di uomini sarebbe stata scelta una parola più neutra come ‘consigliere’ o ‘factotum’.

 “La badante resiste, forte della sua origine burocratica. Magari costretta a temporanee dimissioni, come Rosi Mauro, la badante di Umberto Bossi, ma ormai ben presente nella nostra lingua – scrive Aldo Grasso scegliendola come ‘parola della settimana’ in occasione delle notizie sullo scandalo Lega – Badante è un banale participio presente derivante da un verbo che si fa sostantivo, al pari di ‘governante’. Deriva dal verbo ‘badare’ che nel tardo latino significava ‘aprir bocca’, ‘guardare con stupore’ e quindi avere cura di qualcuno”. Per il critico del Corriere della Sera “non c’è badante senza badato”. Affermazione che riprende quanto già pubblicato sulla stessa testata dieci anni prima. “La nuova parola non piace, anche se è linguisticamente corretta- scriveva infatti il linguista Giorgio De Rienzo nella rubrica ‘Scioglilingua’- Perché non piace? Affidare a un badante una persona cara, porta con sé un che di abbandono, significa delegare un compito di assistenza, senza il giusto affetto o la dovuta ‘pietas’: quasi che il badato dal badante venga un po’ degradato della sua umanità”. 

 

 

 


[1] Faso G., Lessico del razzismo democratico. Le parole che escludono, DeriveApprodi, Roma 2010, 

[2] Faso G. in Sicurezza di chi? Come combattere il razzismo, Grazia Naletto (a cura di), Edizioni dell’Asino 2008

[3] Mantovani A., Badante, www.stimmatini.it

Uso del termine

In romeno si dice badantă, con la ‘a’ finale chiusa. L’adattamento internazionale non deve sorprendere. “È un termine nuovo, intraducibile perché quel lavoro non esiste in Romania, ma non è vissuto come negativo dalla comunità romena”ci dice in un’intervista la giornalista Anca Mihai, corrispondente da Roma dell’agenzia nazionale romena Agerpress. Nel frattempo, in Italia ha suscitato subito una reazione forte da parte dei giornalisti l’idea che badante possa essere una parola ‘vietata’ dalle linee guida della Carta di Roma.[1]

La Federazione nazionale della stampa e l’Ordine dei giornalisti raccomandano ai giornalisti di evitarne l’uso perché “stigmatizzante”, cioè offensiva.Quella contro badante è una partita persa, dicenella sua rubrica I Nuovi Italiani sul Messaggero.it Corrado Giustiniani, anche perché le alternative presuppongono l’uso di locuzioni come ‘assistente agli anziani’, che sarebbero improponibili per i titoli. La brevità prevale sul significato “sgradevole e sconsiderato (gli anziani equiparati a bestie da badare)”. Ma la lingua cambia di continuo. Soprattutto succede per i termini che designano situazioni di disagio o mansioni poco qualificanti, che con il tempo tendono a diventare dispregiativi e a essere sostituiti da altri. La serva è diventata prima domestica, poi colf, chenasce dall'unione delle parole Collaboratore (o Collaboratrice) Familiare e ormai da decenni indica tutti i lavoratori domestici. Furono le Acli che nel 1964 inziarono da definirle ‘collaboratrici domestiche’, sostituendo espressioni come ‘donna di servizio’. Ma se il primo contratto collettivo nazionale è del 1973, il lavoro domestico, importante ma invisibile, nella maggiorparte dei paesi del mondo è ancora considerato un “non lavoro”. Coinvolge secondo alcune stime 100 milioni di persone nel globo, in prevalenza donne migranti, cui si nega la dignità di lavoratori e di persone. “Dalle balie alle serve del passato, dalle colf alle ‘badanti’ di oggi, abbiamo contribuito a costruire questo Paese e ancora lo teniamo insieme con il nostro lavoro” ha affermato Raffaella Maioni, responsabile nazionale delle Acli Colf, l’associazione professionale che da oltre 60 anni si occupa della tutela delle lavoratrici domestiche. L’Associazione si è opposta al termine badante, perché “in lingua sarda viene utilizzata per chi guarda le pecore” e ha fatto una lotta sindacale “per creare un’identità più umana della figura lavorativa”.[2]. Secondo questa prospettiva, badante sarebbe una qualifica deumanizzante e degradante, tanto che la Regione Toscana ha rifiutato il termine per definire il lavoro di cura alla persona, preferendo quello di assistente familiare. 

Nel contratto nazionale di lavoro questa parola è sparita dal 2007. “Badanti addio. Arriva l’assistente familiare o l’addetta alla cura della persona” esordisce un importante quotidiano nazionale nel dare la notizia. “Ci auguriamo che la parola badante sparisca dalle carte d’identità, dai permessi di soggiorno e dalle dichiarazioni Inps” commentava il nuovo contratto Laudina Zonca (Federcolf). Il dibattito è ancora aperto, ma il  termine non andrebbe usato perché esiste una richiesta esplicita da parte delle associazioni di lavoratrici domestiche e assistenti di cura.

Come fu in passato per serva, oggi molti osservatori ravvisano in badante qualcosa di ‘brutto’ e ‘poco rispettoso’ soprattutto nei confronti delle donne immigrate che svolgono questo mestiere. Si tratta di un dibattito ancora aperto. Il sociologo Enrico Pugliese mostra una posizione ambivalente: da un lato vede “un’implicita connotazione denigratoria, perché riduce le qualificate funzioni di assistenza al ruolo di pura presenza o, tutt’al più, di controllo. D’altro canto però è interessante come questo nuovo termine sottolinei che non si tratta solo di personale destinato all’attività di collaborazione domestico-familiare”[3]. 

Le assistenti domiciliari svolgono un lavoro insostituibile con anziani e disabili. Un contributo prezioso, al chiuso delle mura domestiche, dove si subiscono spesso sfruttamento e abusi, con un mercato nero che copre oltre la metà del fenomeno. Secondo i dati dell’Inps, ci sono tra le 850 e le 900mila badanti con contratto in Italia (fonte Inps 2010), ma le stime del Censis parlano di almeno 1 milione 538mila lavoratori e lavoratrici domestici. 2 milioni 412 milafamiglie ricorrono ai servizi di colf e badanti (Italia – stima Censis, 2010). L’assistente familiare toglie ansie e preoccupazioni alle famiglie, i cui membri sono più liberi di lavorare e andare in vacanza, senza il vincolo della cura dell’ammalato. Al contrario, questa occupazione presenta grossi problemi proprio per le donne straniere che la svolgono. Le criticità sono  legate alla mancanza di un contratto, all’orario di  lavoro spesso non ben quantificato e molto lungo, alle mansioni svolte, all’assenza di ferie e malattie e alla precarietà. In caso di morte dell’anziano o quando viene portato in una casa di riposo, la badante perde il lavoro e se questo momento coincide con la scadenza del permesso di soggiorno, la situazione diventa drammatica per la donna straniera.  

Tuttavia, l’uso della parola badante sui media solitamente non rimanda a questo universo di significati. Al contrario le badanti sono viste nel ruolo di carpitrici della buona fede e dell’eredità di ignare persone anziane o, peggio, di assassine sotto mentite spoglie. Come in uno degli esempi riportati, risalente al luglio 2011, sul caso di un’anziana i cui i nipoti hanno fatto riesumare il cadavere perchè poco prima di morire ha incluso nel testamento la badante romena. Nell’articolo si dà ampio spazio ai sospetti dei familiari e ai dubbi “sulle cause della morte, soprattutto considerando che l’anziana sembrava godere di buona salute”. Passa in secondo piano l’esito degli esami sul cadavere: è morta per cause naturali.  Anche vicende di poco conto entrano nelle cronache locali quando protagonista è una badante. Dal testo dell’articolo intitolato Musica a tutto volume e chiasso in casa della nonnina: era la badante con gli amici si apprende che gli agenti, richiamati dai vicini, hanno trovato una festa di ucraini in salotto e l’anziana a letto che dormiva. “Narcotizzata? Neanche per sogno la nonnina è praticamente sorda e la sua badante ne approfittava quotidianamente per far festa. L’anziana, che non avrebbe figli né nipoti, non ha subito maltrattamenti”.  Un'altra “non notizia” finita sui giornali per l’effetto ‘badante’ riguarda due anziani di 76 e 89 anni. Il primo ha dato un paio di schiaffi al più anziano perché l’uomo aveva preso da poco a lavorare l’assistente domiciliare che in precedenza era impiegata a casa del 76enne.  Le badanti svolgono un lavoro poco appariscente. Ma sui media si sta affermando l’abitudine di associarle alla figura di una donna infida e truffatrice anche in assenza di prove. Le notizie che parlano delle badanti non sfuggono al cappello tematico della sicurezza, una sorta di ossessione per la criminalità degli immigrati che può includere qualunque cosa. Il rischio è quello di farne un’icona negativa.  In questo filone rientra anche l’espressione “badanti clandestine”. 

 


[1] presentate in occasione del seminario “Sgomberiamoli” di Redattore Sociale, organizzato a Milano, Roma e Napoli ad aprile 2012 in partnership con l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni.

[2] Cfr, le risposte di Obadno L. (Acli), in Badanti, colf, assistenti familiari: tante parole di cura, un solo lavoro, www.migranews.it/dossier2/badanti.php

[3] Pugliese E., in Sicurezza di chi? Come combattere il razzismo, Grazia Naletto (a cura di), Edizioni dell’Asino 2008

Dati

Non ci sono dati ufficiali attendibili sul numero esatto delle badanti e delle assistenti familiari in Italia, a causa di un mercato nero che copre oltre la metà del fenomeno. Secondo i dati dell’Inps, sulla base di quanti sono iscritti alla previdenza, ci sono tra le 850 e le 900mila badanti in Italia con contratto (fonte Inps 2010), ma le stime del Censis parlano di almeno 1 milione 538mila lavoratori e lavoratrici domestici, cifra che comprende chi ha il contratto e chi lavora in nero. 2 milioni 412 milafamiglie ricorrono ai servizi di colf e badanti (Italia – stima Censis, 2010).

Se sui giornali l’immagine della badante è spesso criminalizzata, in realtà si tratta del lavoro che in genere riesce maggiormente ad abbattere la diffidenza verso gli stranieri. Il fenomeno è stato in espansione nell’ultimo decennio, grazie a tre fattori.

  1. L’aumento continuo della popolazione anziana: 12,3 milioni sono gli ultra 65enni presenti in Italia (Istat, 2011) di cui 16 mila ultracentenari. Gli ultra 65enni diventeranno 20 milioni nel 2065 secondo una proiezione Istat del 2011. Oltre 2 milioni di anziani non sono autosufficienti (Italia - Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, 2011). Ma ci sono solo 429.220 posti letto nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari in Italia al 31 dicembre 2009 (Istat, 2012)
  2. I costi elevati delle strutture residenziali per l’assistenza agli anziani, di cui le famiglie non riescono a sostenere i costi .
  3. Il desiderio dei familiari di tenere in casa, vicino a sé, la persona non più autosufficiente. 

Da questo emerge che l’assistente familiare in realtà toglie ansie e preoccupazioni alle famiglie, i cui membri sono più liberi di lavorare e andare in vacanza, senza il vincolo della cura dell’ammalato. Al contrario, questa occupazione presenta grossi problemi proprio per le donne straniere che la svolgono. Le criticità sono  legate alla mancanza di un contratto, all’orario di  lavoro spesso non ben quantificato e molto lungo, alle mansioni svolte, all’assenza di ferie e malattie e alla precarietà. “In caso di morte dell’assistito o quando viene portato in una casa di riposo, la badante ha finito di lavorare […] Quando poi la perdita del lavoro coincide con il periodo di scadenza del permesso di soggiorno, la situazione diventa drammatica per la badante”[1].

A un certo punto l’Italia si accorse che i “famigerati clandestini” si nascondevano in casa delle famiglie benestanti. Altri non erano che le collaboratrici familiari. Accostamento che mostra come sia inadeguato indicare la persona senza documenti con questo termine, che nell’immaginario comune si riferisce a un infiltrato nascosto per commettere chissà quale crimine. Se n’è parlato molto alla vigilia delle sanatorie, cioè dei provvedimenti di regolarizzazione, in base ai quali, tutti coloro che si autodenunciano nei termini e nei modi previsti dalla sanatoria emergono dal sommerso e ottengono il permesso di soggiorno, cioè i documenti necessaria risiedere in Italia.  Sergio Pasquinelli su lavoce.info spiegava, cifre alla mano, come le badanti irregolari, alla vigilia della sanatoria  del 2009, fossero il 40%. Gli effetti delle regolarizzazioni si esauriscono in pochi anni. Il numero delle richieste supera i permessi di soggiorno consentiti per colf e badanti e quindi alle famiglie non resta che prendere in casa lavoratrici di cura irregolari che non potranno essere regolarizzate, nemmeno in termini contrattuali, fino alla sanatoria successiva. La sproporzione è quella che passa tra le 400mila richieste di assunzione e le quote del decreto flussi che prevedevano solo 65mila ingressi. È implicito che la possibilità di regolarizzarsi dipende molto poco dalla volontà delle collaboratrici familiari e dei loro datori di lavoro.

L’Istat ha calcolato che nel corso degli anni ’90 più del 60% dell’incremento della presenza straniera regolare in Italia era dovuta alle sanatorie, dunque all’ emersione di persone che già vivevano e lavoravano nel  Paese da irregolari, non a improvvise invasioni. Le sanatorie sono un fenomeno europeo. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta la Germania adottò una regolarizzazione istantanea degli italiani che erano immigrati irregolari in quel Paese. Si stima che un terzo degli immigrati regolari presenti oggi in Italia ha un passato da irregolare e sia stato ‘sanato’ da questo tipo di provvedimento. Dal 1986 è passato da questa trafila oltre un milione e mezzo di persone, di cui 700mila nel 2002 e 300mila nel 2009. Cifre che fanno comprendere come la distinzione fra regolare e clandestino (vedi) non può essere netta. Spesso si tratta della “doppia faccia della stessa medaglia”.

E’ impensabile che un datore di lavoro italiano possa assumere una persona che vive all’altro capo del mondo senza conoscerla, solo sulla base di una lista di nomi, come prevede la legge Bossi Fini che regola il sistema. Il decreto flussi è un meccanismo inceppato.  Dovrebbe stabilire quanti lavoratori stranieri possono entrare nel Paese ogni anno e per quali tipologie di lavoro. Ma, scrive il sociologo Asher Colombo “a differenza di quanto si pensa e si dichiara, i decreti flussi non sono rivolti a stranieri che devono ancora entrare, ma sempre più a stranieri che sono già entrati in Italia. I decreti flussi sono, da tempo, di fatto sanatorie mascherate..”.  Di fatto il sistema dei flussi incoraggia gli stranieri a entrare illegalmente oppure a entrare legalmente (ad esempio con visto turistico) e restare irregolari sul territorio in attesa di una sanatoria mascherata da decreto flussi, alla quale parteciperanno fingendo di essere all’estero, mentre in realtà lavorano da tempo in nero in Italia.  Un sistema kafkiano che favorisce la compravendita dei falsi contratti di lavoro. Al contrario di quanto si crede, la maggiorparte dei migranti irregolari non è arrivata dal mare, molti sono entrati regolarmente con i flussi ma poi non hanno completato la procedura perché il contratto di lavoro che avevano era in realtà falso, pagato migliaia di euro ai ‘mediatori’.  

 

 


[1] Analisi tratta da Claude Alimasi, Centro per l’Impiego di Riccione, www.riminimpiego.it 

Alternative consigliate

Collaboratrice familiare 

Come la colf (vedi), il termine più usato prima dell’ingresso di ‘badante’ nel vocabolario, sta per collaboratrice domestica, così il modo più corretto e lontano dagli stereotipi per definire la badante è collaboratrice familiare. Sono comunque da preferirsi le locuzioni che mettono in primo piano la persona e il lavoro di cura, come: assistente familiare, assistente agli anziani, lavoratrici di cura (migranti), assistenti domiciliari.

Esempi / Casi tratti da testate giornalistiche

Le badanti svolgono un lavoro poco appariscente. Sulle cronache dei giornali, al contrario, si sta affermando l’abitudine di associare la badante alla figura di una donna infida e truffatrice, a volte anche in assenza di prove. Le notizie che parlano delle badanti non sfuggono al cappello tematico della sicurezza, una sorta di ossessione per la criminalità degli immigrati che può includere qualunque cosa. Il rischio è quello di farne un’ icona negativa.[1] Ecco un esempio di questo tipo, in cui si dà ampio spazio al sospetto che le badanti, anche quando sono stimate e conosciute alla comunità, siano pronte a tutto, perfino a uccidere, pur di mettere le mani sui soldi. (Vedi anche nazionalità)



[1] Maneri M., I media nel razzismo consensuale, all’interno del Rapporto sul razzismo in Italia, Lunaria (a cura di), 2009 

 

Anziana muore e lascia soldi e terreni alla badante: la famiglia fa riesumare la salma

I sospetti sull’eredità si tingono di giallo: con il decesso della vedova 90enne è comparso un nuovo testamento

Titolano così diversi quotidiani locali e siti internet del Nordest il 22 luglio del 2011 riferendo il caso di un’anziana donna che poco prima di morire ha lasciato alcuni terreni e diverse migliaia di euro alla badante romena (sposata con un italiano), includendola nel testamento con i nipoti. Questi ultimi fanno riesumare la salma. Nell’articolo si dà ampio spazio ai sospetti dei familiari “timorosi che la romena possa avere circuito la donna per farsi includere nel testamento” e ai dubbi “sulle cause della morte, soprattutto considerando che l’anziana sembrava godere di buona salute”. Passa in secondo piano il fatto che la donna fosse stata ricoverata di recente in ospedale per degli acciacchi. Sulla badante si dice che “in paese, dove è conosciuta e stimata, nessuno l’ha più vista dopo la morte dell’anziana”. Infine il giornale riporta che “non ci sarebbe alcun iscritto nel registro degli indagati”. Il giorno seguente un'altra testata locale dà conto dell’esito degli esami sul cadavere: l’anziana è morta per cause naturali. Ma, recita il sottotitolo: Resta il dubbio sul testamento esibito dalla badante. Il nipote: «L'ha circuita»

Sono molti i casi in cui la badante viene associata a questioni di soldi ed eredità, raggiri e criminalità:

Vicenza. Milionario 86enne perde la testa per la badante di 31: i figli in tribunale.

Presentato un esposto per circonvenzione di incapace. Lui ha ripreso la patente per portare in giro la sua amante   

(sito di un quotidiano locale, 23 aprile 2010)

 

Centenaria raggirata: badante condannata a 4 anni
(agenzia di stampa nazionale, 24 aprile 2012) 

 

 

Badante abbandona vecchiette e le chiude a chiave, arrestata

(agenzia di stampa nazionale, 23 aprile 2012) 

 

Badante apre una piazza di spaccio a casa dell’anziana che la ospita. Arrestata

(quotidiano locale, 12 aprile 2012) 

 Oltre ai casi più gravi e giustamente notiziabili, anche vicende di poco conto entrano nelle cronache locali quando protagonista è una badante. 

Musica a tutto volume e chiasso in casa della nonnina: era la badante con gli amici

La donna, 44enne e clandestina, ha aperto la porta agli agenti completamente sbronza. L’anziana dormiva tranquillamente                     

(sito internet di un quotidiano locale, 12 aprile 2012)

 

Leggendo il testo dell’articolo si apprende che gli agenti, richiamati dai vicini, hanno trovato una festa di ucraini in salotto e l’anziana a letto che dormiva. “Narcotizzata? Neanche per sogno la nonnina è praticamente sorda e la sua badante ne approfittava quotidianamente per far festa. L’anziana, che non avrebbe figli né nipoti, non ha subito maltrattamenti”. Tuttavia, solo in base al fatto che la badante è irregolare, l’articolo si chiude con l’ipotesi che la donna “possa far parte di un gruppo che truffa sistematicamente le persone in là con gli anni”.

 

Un'altra notizia che non sarebbe mai finita sui giornali senza l’effetto ‘badante’ riguarda due anziani di 76 e 89 anni. Il primo ha dato un paio di schiaffi al più anziano perché l’uomo aveva preso da poco a lavorare l’assistente domiciliare che in precedenza era impiegata a casa del 76enne. Tutto qui. 

Mi rubi la badante? Vecchietti si picchiano

(riportata da siti e webtv locali siciliane anche con servizi video sulla vicenda)  

 Sui mass media, spesso le badanti sono associate anche alla clandestinità (sottolineando il fatto che in questo caso la migrante irregolare si trova in casa di famiglie italiane) oppure in qualche modo alla prostituzione.

L’esercito delle badanti clandestine “Una su 4 nelle mani del racket”

Un affare da 300 milioni all’anno: senza di loro il sistema andrebbe al collasso

E per gli infermieri dell’est ricatti e condizioni da schiavi 

(uno dei principali quotidiani nazionali, 16 ottobre 2006) 

 

Nel pezzo si parla di un ‘racket del welfare’ e si dice che il 30-40% delle 700mila badanti presente in Italia “ha fatto questa trafila”. “E nelle principali città italiane, specialmente al Nord – scrive l’autrice – a giorni fissi le donne, nel 40 per cento dei casi irregolari, vengono ‘messe all’incanto’in piazza da loro connazionali in grado di sistemarle al miglior offerente”. La conclusione dell’articolo smentisce però questo assunto iniziale, quando specifica che è meglio parlare di caporalato e non di tratta delle badanti, perché devono pagare una tangente ma non sono completamente private della libertà come succede alle prostitute.

In realtà, sulla questione della badante e clandestina, un articolo di Sergio Pasquinelli su lavoce.info del 2 giugno 2008 spiegava bene come le irregolari, alla vigilia dell’ultima sanatoria (2009), fossero il 40% e come il problema delle quote d’ingresso sia strutturale. Gli effetti delle regolarizzazioni si esauriscono in pochi anni. Il numero delle richieste supera i permessi di soggiorno consentiti per colf e badanti e quindi alle famiglie non resta che prendere in casa lavoratrici di cura irregolari che non potranno essere regolarizzate nemmeno in termini contrattuali fino alla sanatoria successiva. Nello specifico, nell’articolo si fa riferimento a 400mila richieste di assunzione di colf e badanti, ma le quote del decreto flussi prevedevano solo 65mila ingressi. È implicito che la possibilità di regolarizzarsi dipende molto poco dalla volontà delle collaboratrici familiari e dei loro datori di lavoro. 

 

Lucciole per badanti (la Lega ha quasi sempre ragione)

In attesa della sanatoria, un libro –inchiesta ci spiega perché Calderoli sul doppio lavoro ci aveva visto (quasi giusto)

(quotidiano nazionale, 9 luglio 2009) 

 L’articolo si concentra sulle “badanti dalla doppia vita”. Inizialmente fornisce stime sulle irregolari senza citare le fonti e in modo confuso. “Qualcuno dice mezzo milione, altri 250mila”. Viene inserita la seguente dichiarazione del ministro leghista Roberto Calderoli: “Io me lo ricordo bene quando abbiamo fatto le verifiche per valutare le domande di ingresso delle badanti nel nostro paese. È venuto fuori che i due terzi di queste richieste erano prostitute”, senza specificare se si intenda che le badanti sono anche prostitute o se si tratta di finte badanti. Per confermare questo assunto, viene usato un libro inchiesta  su “cinquecento meretrici, tutte clandestine, che a Milano si dedicano talvolta anche al doppio lavoro: badanti di giorno e prostitute di notte”. Salvo poi indicare in coda al pezzo che “non sono tante, sono circa il 5%”.  Tra le storie accennate, quella di una “rumena che si dedica con passione anche alla cura dei figli dei suoi clienti, nella totale beata ignoranza della padrona di casa”.

È evidente che un accostamento tout – court fra le badanti e le lucciole, non giustificato dai numeri, abbia un effetto fortemente stigmatizzante sulle collaboratrici familiari straniere, proprio a causa della generalizzazione infondata.

A questo punto, non stupisce che recentemente la parola badante sia stata esportata anche nel contesto delle cronache politiche sempre con un significato negativo, che si riferisce o all’incapacità del ‘badato’ o a una funzione ambigua di ‘accompagnatrice’ della badante nei confronti di uomini anziani e potenti.  

“I tecnici hanno bisogno di una badante?” è il commento del capogruppo dell’Italia dei Valori in Senato, Felice Belisario, ripreso da molti giornali, a proposito dell’arrivo di un tecnico esterno al governo Monti a maggio 2012. 

 

Professione badante Da Rossi a Mauro:il ruolo delle “favorite” del Cav e di Bossi

Titola così un sito internet che accosta le ‘badanti’ alle ‘veline’, di cui avrebbero preso il posto come amiche e accompagnatrici dei leader di partito. Vengono così chiamate ‘badanti’ alcune figure femminili in veste di ‘sorveglianti speciali’ dell’ex premier Silvio Berlusconi e dell’ex leader leghista Umberto Bossi. Donne come la vicepresidente del Senato Rosi Mauro o la moglie del senatur Manuela Marrone. Fino all’ossimoro di essere chiamate “badanti padane”.

Gianpietro Mazzoleni, docente di Comunicazione politica, spiega che il “termine in politica è utilizzato con valenza fortemente negativa”. L’articolo conclude sottolineando proprio questo aspetto: se si fosse trattato di uomini sarebbe stata scelta una parola più neutra come ‘consigliere’ o ‘factotum’. 

 

Setta
Gay
Matto
Depresso
Trans
Nomade
Lucciola
Barbone
Badante
Vu cumpra
Lavavetri
Psicolabile
Femminicidio
Clandestino
Gentil sesso
Delitto passionale
Diversamente Abile
Sfruttamento sessuale
Romeno
Coppia di fatto
Detenzione amministrativa
Migrante irregolare
Movimenti religiosi alternativi
Riassegnazione chirurgica del sesso
Buddismo
Setta
Gay
Matto
Depresso
Trans
Nomade
Lucciola
Barbone
Badante
Vu cumpra
Lavavetri
Psicolabile
Femminicidio
Clandestino
Gentil sesso
Delitto passionale
Diversamente Abile
Sfruttamento sessuale
Romeno
Coppia di fatto
Detenzione amministrativa
Migrante irregolare
Movimenti religiosi alternativi
Riassegnazione chirurgica del sesso
Buddismo
Setta
Gay
Matto
Depresso
Trans
Nomade
Lucciola
Barbone
Badante
Vu cumpra
Lavavetri
Psicolabile
Femminicidio
Clandestino
Gentil debole
Delitto passionale
Diversamente Abile
Sfruttamento sessuale
Romeno
Coppia di fatto
Detenzione amministrativa
Migrante irregolare
Movimenti religiosi alternativi
Riassegnazione chirurgica del sesso
Buddismo