Frocio
Frocio, finocchio, ricchione, checca, invertito, insieme ad altre molteplici varianti, vanno a comporre il lessico dispregiativo con cui sono nominate e interpellate nel linguaggio comune le persone omosessuali, in particolare gli uomini gay.
Le ipotesi sull’etimologia della parola frocio, termine proveniente dal dialetto romanesco, sono significative del modo in cui una cultura secolare ha interpretato e rappresentato l’omosessualità[1]. Un’ipotesi è infatti che derivi da français, francese, attraverso lo storpiamento romanesco fronscè, e che si sia diffuso come dispregiativo rivolto all’invasore straniero al tempo della discesa delle truppe napoleoniche a Roma all’inizio dell’Ottocento. Il significato di frocio comincia poi a slittare verso il significato negativo più generale di uomo spregevole, a prescindere dalla nazionalità, e attraverso questo a quello di omosessuale.
Altre ipotesi rimandano al tedesco frostch, ranocchio, usato come appellativo offensivo. Oppure alla parola feroce, riferito ad altre truppe straniere, quelle dei Lanzichenecchi di cui la popolazione subì le violenze efferate durante il sacco di Roma del 1527: la memoria degli stupri di massa compiuti su donne e su uomini avrebbe favorito lo scivolamento del significato dalla ferocia all’orientamento sessuale.
Simili derivazioni lessicali, unite a espressioni come "dell'altra sponda", "dell'altra parrocchia", segnalano come una parte del linguaggio utilizzato per nominare gli omosessuali maschi sia accomunato dal riferimento a una forma di estraneità, che da nazionale si fa sociale. Un’altra serie di termini rimanda invece all’anatomia, all’ano, supposto organo principale degli incontri sessuali tra uomini.
[1] Cfr. Giovanni Dall'Orto, Le parole per dirlo... Storia di undici termini relativi all'omosessualità, in "Sodoma", n. 3, 1986, pp. 81-96.
I termini menzionati si ritrovano nell’uso del linguaggio volgare in due modalità principali: come termini che rimandano alla mancanza di attributi tipici del modello dominante di mascolinità (es. mancanza di coraggio, aggressività, controllo, energia sessuale…), senza riferimento diretto all’orientamento sessuale della persona appellata; oppure come termini apertamente offensivi, usati a fini denigratori e di diminuzione sociale nei confronti degli individui omosessuali, specialmente uomini (sebbene abbia qualche diffusione anche il termine frocia, al femminile).
In ambito giornalistico, dove la deontologia impone di rispettare il diritto di tutte le persone alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso ecc., i casi di impiego di parole tratte dal parlato volgare, con effetti di denigrazione esplicita di gay e lesbiche, sono rari. Tuttavia, esiste anche un uso politicamente scorretto e provocatorio che non rifugge dall’oltraggio esplicito.
Diverso è il caso in cui questi termini sono usati all’interno delle comunità Lgbt, per ironia e autoironia. Talvolta i termini dispregiativi sono persino rovesciati in etichette identitarie da parte degli attivisti per i diritti degli omosessuali: si veda, in particolare, queer (strano, eccentrico), che dall’inglese è entrato anche nel linguaggio italiano del movimento Lgbt.
Gay, lesbica, omosessuale, Lgbt
Trattandosi di un insulto, è evidente che l'uso è assolutamente sconsigliato, anche con intenti provocatori o politicamente scorretti. La parola si può sostituire con tutti i termini che le comunità Lgbt ritiene non offensivi nei confronti delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali.
Pur non frequenti, come si è detto, esistono casi in cui frocio e altri sinonimi volgari sono impiegati dai giornalisti in articoli dal tono scanzonato o provocatorio. Riportiamo alcuni stralci di un caso eclatante, dalla rubrica di un quotidiano nazionale:
Noi ciclisti di destra siamo come i froci di destra. (Chi sono i froci di destra? I froci che froceggiano in privato senza pretendere applausi e riconoscimenti pubblici). Siamo minoranza della minoranza. […] Noi ciclisti di destra per gli automobilisti di qualsivoglia schieramento siamo peggio che ricchioni perché non invochiamo grandi diritti ideologici ma il piccolo diritto pratico di pedalare senza essere accarrati. Noi ciclisti di destra sappiamo bene che cosa significa essere emarginati e compatiti.
(quotidiano nazionale, 22 giugno 2012)
Oltre a frocio compare il termine ricchione, mentre si rinverdisce un luogo comune diffuso nel discorso pubblico: quello per cui "i gay sono degli esibizionisti", che sarebbero meglio tollerati e accettati se si limitassero a vivere in privato la loro sessualità, senza pretendere pubblici riconoscimenti e senza “invocare grandi diritti ideologici”.
Si veda anche un articolo provocatorio come il seguente, contro la decisione del governo francese e prima ancora, oltre Atlantico, di Obama di estendere il diritto a contrarre matrimonio alle coppie dello stesso sesso:
Oggi froci
Qual è la posta della marcia nuziale che avanza nel postmoderno
[...] Con la decisione della Corte suprema americana (cinque a quattro, signori, è l’aritmetica del progresso!) si timbra, con qualche riserva di metodo e timidezza giuridica, il movimento che abolisce la differenza presente di genere tra le creature umane. Oggi froci, per dirla con una caratura boccaccesca e un po’ volgare, ma comunicativa.
(quotidiano nazionale, 27 giugno 2013)
Volgare sì ma... comunicativa?